Il messaggio è democratico
[Questo testo è apparso in una versione un po’ differente sul n° 4 del 2017 della rivista “Trivio” (Oèdipus editore). L’intero numero, intitolato Polesìa, è stato curato da Ferdinando Tricarico, che partendo da questa crasi di Polis e Poiesis ha invitato un ampio numero di poeti (51) a scrivere sulla nozione di “democrazia”, lasciando massima libertà nelle forme e nella lunghezza. Il numero contiene anche interventi del curatore, del direttore Antonio Pietropaoli e due saggi (Per una poesia democratica, di Francesco Muzzioli e Dopo la democrazia. La parole dei corpi ribelli di Giso Amendola).]
di Andrea Inglese
In ogni suo punto il messaggio è complesso, stratificato, rilevante a perdita d’occhio, ma nel suo insieme è liscio, flessibile, omogeneo.
Altisonante, il messaggio risuona nella macchina simbolica dell’uomo, della donna, è irrilevante, per tutti ed ognuno, lascia spazio dentro, lascia il vuoto.
Quando è al suo culmine, trasparente e leggero, il messaggio raggiunge il popolo, è DEMOCRATICO.
Il messaggio quando è democratico non spaventa e non rintrona, il messaggio segue le sue conseguenze morbide, non contraria né oppone resistenza, viene divorato.
Il messaggio anche se uguale, anche se vuoto e democratico, è materiale, d’onda, d’inchiostro, di qualcosa, di una mano che si agita.
Il messaggio è per tutti, interamente informato e fatto di tutte le informazioni, è capito al volo, entra, si deposita, esce, non scalfisce, è vellutato, liquido, non lascia traccia.
Chi si occupa del messaggio, il GRUPPO BUONO, lo prepara con seriosa artificiosità, attingendo da ogni tecnica e ogni paradigma, ma perché sia, alla fine, casuale, caduto, terrestre, chiaro, come fogliame o ruscello.
Il messaggio dev’essere ETICO, il messaggio è sempre DEMOCRATICO, non contiene ombre, non provoca interferenze, giunge COMPIUTO, è sempre un messaggio saldo in sé, di CRESCITA, non disturba, non esclude, è interamente pensato per durare istantaneamente.
Il GRUPPO BUONO lo costruisce con grandi investimenti, con grande spazio di caduta, con macchine giganti intrecciate nel globo, con bersagli sottili, misurati dalla scienza balistica e neuronale, il costo della costruzione è immenso, la circolazione del messaggio è totalmente gratuita, accede ovunque.
La simmetria, nel messaggio, lo salva dagli echi e dai ritardi. Nella mente, esso cade senza sforzo come la neve, come i fiocchi di neve, silenziosamente.
Il messaggio buono pietrifica per bene i lati del mondo, spunta come un fiore, scorre come un torrente, è una roccia sul sentiero, ma è continuamente malandato, l’uomo, la donna, nelle loro piccole vite, lo mettono in moto male, lo scassano.
Il popolo argina il messaggio, il popolo si parla senza capirsi, l’uomo e la donna parlano in dormiveglia, con messaggi guasti, con la rete aggrovigliata di simboli fermi sulle bocche, che non parlano a nessuno, messaggi senza democrazia, perché il popolo non si sente, non si sente dire.
Il messaggio nel suo farsi è indecifrabile e sordo, viene ogni volta scomposto e parcellizzato, è trattato come una polvere incontrollabile, ma quando giunge è presente, la sua modalità è chiara, la sua forma sana, entra nel sistema senza scosse e commozioni. Ma non succede mai.
Il GRUPPO BUONO diventa matto sulla ricezione, sull’emissione è un gruppo compatto, risoluto, tecnico, sulla ricezione democratica è incerto, difettivo, ma si riorganizza, ma ripete e aumenta, ripete, accelera, aumenta, la catena di simboli scatenata.
Il messaggio è NUOVO, in continuazione, oltre la fase intrusiva, oltre l’assorbimento morale, connesso anticipatamente al futuro.
Il messaggio non tollera discredito e ritardo: l’emissione è veloce, penetrante, senza possibile revoca.
Tutti i simboli su tutto il globo, alla velocità delle onde, della luce, fermi dentro quattro o cinque frasi, dentro una sola frase, di un uomo simbolicamente morto, di una donna senza parole.
Purtroppo, alle volte, c’è la difficoltà nel messaggio democratico. Ci sono tutte le vite intorno al messaggio, c’è il peso sfasciante delle vite.
Il messaggio dice di sé e del mondo tutto quanto va detto, e tace quanto va taciuto, e attende con modestia che altri messaggi colmino quanto rimane da colmane, e che nuovi silenzi facciano il vuoto intorno, ma al suo interno il messaggio non indietreggia e non flette, non si ritrae o dispera, avanza con tutto il suo senno, la sua potenza di linguaggio e di cosa, e introduce il senso della morte e della vita, introduce questo senso ultimo e primo, affinché non ci sia ansia e attesa, almeno di fronte al cielo, di fronte al trascolorare delle nubi, viste nello schermo del salotto, nubi di Aleppo, forse, o di Washington.
Il messaggio basta a se stesso, gira e rigira come animale sgozzato, salta sul posto, si accascia appena viene destinato.
Il messaggio democratico non, pur essendo democratico, il messaggio non capisce.
Il messaggio anche, sfugge dal popolo, sfugge dal GRUPPO BUONO, diventa rumoroso, cade nelle piccole vite, si organizza lì dentro, alla lentezza giusta, nei malintesi tra mano e bocca, tra piedi e occhi, disfa le catene di senso con i suoi simboli rotti, e respira, chi parla parla respirando, perfettamente in penombra, perfettamente incerto, a scatti, a soffi.
Anche se miliardario e perfezionato, pensato per tutti e nessuno, non avendo niente da dire, né all’uomo né alla donna, ma semplicemente essendo novità da ricevere, bolla d’aria da respirare, il messaggio anche volutamente democratico non sa quello che fa, non sa quello che fanno, l’uomo, la donna, che lo coprono alla fine, lo ricevono e lo oscurano, lo caricano di tutti gli antichi, atavici, strangolamenti e disordini, di tutte le chimere, i gesti lasciati a se stessi, agitano imprevedibili le braccia, corrono, scalciano.
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[Immagine: collage dell’autore.]