Chi balla sul tetto con le infermiere?
di Roberta Salardi
( pubblico questo brano tratto dal romanzo di Roberta Salardi Ventriloquio della crisi, Milano, Effigie, 2017, g.m.)
“Ragazzi, volete sapere l’ultima?”
“Be’… ragazzi… adesso non esageriamo….”
“La notizia merita un sussulto di entusiasmo e di ringiovanimento. Ragazzi, udite udite: le infermiere sono salite sul tetto! Stanno protestando contro le minacce di licenziamento!”
“Stai scherzando? Qualcuno ha parlato di licenziamenti?”
“Sì. Girava voce di prossimi tagli del personale.”
“Non si sapeva quando però… Era un’ipotesi…”
“Recentemente è diventata più chiara, è stata formalmente espressa dall’azienda.”
“Aspetta aspetta… Sono salite sul tetto con gli zoccoli e tutto, proprio con la divisa e le scarpe da infermiere?”
“Ma perché t’interessa?”
“Così… mi sembra piuttosto scomodo…”
“Sono salite con giacca a vento, sciarpe, cappelli per il freddo e addirittura delle piccole tende da campeggio perché hanno intenzione di dormire lì…”
“Che forza!”
“Una di loro è Graziella, la conosco. E’ sola con due figli da mantenere. Ancora adolescenti. L’unico stipendio è il suo; sarebbe un grosso problema per lei restare improvvisamente senza lavoro…”
“Un’altra è Margherita, la conoscete? Ha quattro figli e un marito in cassintegrazione.”
“Il coraggio ti viene per forza in certi casi.”
“Sapete che vi dico? Dobbiamo aiutarle!”
“Dobbiamo armarci di forza e coraggio e andare anche noi sul tetto a portare la nostra solidarietà!”
“Forse è la volta buona che si torna giovani…”
“Mi sento già scorrere altro sangue nelle vene…”
“Saliamo, saliamo!”
“Andiamo a vedere!”
“Uniamoci alla lotta!”
“Andiamo a vedere chi c’è!”
Le donne salivano sui tetti, i quasi-pensionati e i cassintegrati restavano sospesi a mezz’aria, in spaccata, da una situazione all’altra… Tutta quell’aria fresca aveva schiarito le idee. Le idee erano molto più chiare adesso, e anche i progetti.
“Ma che dici? Questo è solo un chiacchiericcio, cicaleccio, ventriloquio collettivo, scilinguagnolo, scioglilingua… blablabla… parole vuote… tutto fumo e niente arrosto… Qua non si combina niente…”
“Ma che vuoi combinare?”
“Questo lo dici tu, che non si combina niente… Ragazzi, andiamo!”
“Andiamo a portare la nostra solidarietà!”
“Il nostro aiuto!”
“Siamo qui! Ci siamo anche noi!”
Qualcuno si era portato anche la bandiera, ma quella coi pesci, con tanti pesci piccoli che mangiano il pesce grosso.
Un discreto gruppetto di pensionati era riuscito a raggiungere le nostre eroine e si era fatto spiegare il perché e il percome.
Volevano lasciarne a casa un bel po’, circa la metà. Qualcuno parlava addirittura di chiudere prima o poi la struttura perché rendeva poco, dava molte spese che non si sapeva per quanto tempo ancora si potevano sostenere. I posti letto comunque dovevano essere ridotti. Per un certo numero di degenti era previsto il trasferimento in una struttura più grande (un posto dove nessuno voleva andare perché troppo grande, una specie di casermone grigio e malfamato con dentro troppi pazienti tutti trascurati, si diceva, forse legati e picchiati…).
“Andiamo a dar manforte!”
“Ne va anche di noi!”
Mia figlia era accorsa e seguiva da vicino la situazione. Un po’ si teneva in contatto col telefonino un po’ ci veniva a trovare.
Alla fine anche i più coraggiosi dei vecchietti salirono a far tremare le tegole (perfino le tegole tremavano per paura di un’imprevedibile caduta!). Io no perché ero in carrozzella, ma li sostenevo dabbasso con un bel po’ di fiato quando si trattava di parlare nell’altoparlante. La voce certo non mi manca.
Tutte le antenne erano puntate sul gruppetto dei coraggiosi facinorosi.
Ciononostante, qualche maligno malignava: “Macché occupazione e occupazione… Quelli sono saliti all’ultimo piano a ballare con le infermiere! Li sento io che cantano e ballano tutto il giorno…”
Non era vero. Tutte le antenne, i giornali e i telegiornali erano puntati sui ribelli, non più ribelli al voto ma ribelli ai tagli e ai licenziamenti.
Nei momenti di massima adesione della folla io impugnavo il megafono e facevo il mio discorso molto incoraggiante.
Non bisognava perdere il coraggio e le energie.
Si organizzarono turni per sostituire temporaneamente le nostre eroine. Salì pure qualche mamma con i bambini al collo (mogli di alcuni infermieri). Così ci fu un momento che donne, vecchi e bambini erano gli eroi della situazione.
Qualcuno continuava a non crederci e diceva che erano favole, discorsi di una vecchia arterioscheletrica…
Macché arterioscheletrica e arterioscheletrica! Pensate pure quello che vi pare, ma c’erano le tivù a documentare il tutto e anche di più: l’osabile e il non osabile, il facile e il difficile, il pensabile e il fattibile.
Una volta il ritornello era Silviocè; adesso era diventato lacrisicè. Si lasciava andare il disco tutto il giorno.
Una cosa molto seria, da prendere sul serio ma anche un po’ allegramente.
Tant’è vero che si faceva festa. Ci arrivavano torte e manicaretti fatti dalle madri di famiglia per tenerci su. Le amiche delle infermiere e le figlie dei vecchietti saliti agli onori della cronaca ci mandavano ogni giorno nuove prelibatezze fatte in casa con amore e con risparmio.
E se qualcuno diceva: sul tetto ci sono i pensionati che ballano con le infermiere, poteva anche essere vero, tale era l’entusiasmo che ci aveva preso…
Voi non ci crederete ma io mi divertivo un mondo.
Si raccontava che nelle tende del presidio, in quei piccoli iglù piantati da settimane al freddo e al gelo di notte non c’era certo da star bene; ed era vero; ma di giorno in compenso c’erano sempre tante cose da pensare e da organizzare e le malinconie ce le scordavamo tutte.
Eravamo noi le antenne, puntate con tutti i nostri sensi verso il futuro. Ero io la disc-giocchei della situazione. Non ridete, la cosa era massimamente seria, un divertimento serio e pure allegro.
Ero in onda su tutti i canali, su tutti gli schermi, reali e immaginari.
“Be’, ora non esageriamo!”
Ero l’antenna più sensitiva, più intuitiva di dove si stava dirigendo il mondo come un dirigibile o mongolfiera… Stava salendo il suo quoziente di gradimento e anche il suo quoziente d’intelligenza secondo me. Stava prendendo quota un mondo bellissimo mai visto prima.
Ballare sul tetto come i gatti era diventata l’ultima specialità. Ma non pensate a una passeggiatina di quelle che fate abitualmente in cortile o ai giardinetti… Gioco di equilibrio e di squilibrio insieme, vertigine e massima concentrazione… Non bisognava perdere una sola battuta degli altoparlanti e dei protagonisti tutti, che erano tantissimi. Non bisognava lasciarsi sfuggire un qualunque nullissimo nonnulla.
Bastava poco per perdere di vista il quadro generale. E il quadro d’insieme era importante per dirigere il nostro dirigibile…
Un partito prima delle elezioni ci aveva fatto parlare su un palco in una grande piazza. Era il partito dei grilli parlanti e saltanti. Capitò di vedere salti molto alti e acrobatici. Nessuno poteva immaginare il punto di arrivo…
Era un piacere finalmente che la storia si era messa a correre, aveva le ali ai piedi… Girava pure la testa per tutto quel vuoto, quello spazio nuovo che si aveva attorno al dirigibile o alla mongolfiera.
D’ora in poi potevamo votare con il compiuter e trovarci tutti nell’internèt.
Ma, ripeto, non pensate a cose che scorrono lisce lisce o a qualcosa del genere, a uno scivolare morbido da una cosa all’altra o di una cosa nell’altra…
La vertiginosa altezza che ci stava intorno ci spaventava pure qualche volta. La spericolatezza ci sbilanciava.
Non si guardava né su né giù.
Nei momenti della massima incertezza una sola immagine chiara ci veniva in mente: i nostri uomini politici, aggrovigliati e ammatassati insieme, che se ne andavano in un unico grosso nodo indistricabilmente annodato spazzato via da una scopa forsennata…
Eravamo molto sbilanciati, spericolati, un po’ teste matte, un po’ agitatori dell’Anno zero, un po’ agitati ed esagitati, un po’ infervorati ed entusiasmati… Volevamo le cinque stelle e molte di più…