Anatomia del fantastico
di Alfredo Zucchi
Facciamo una cosa diversa, cominciamo dalla fine. Dichiariamo solennemente:
Il fantastico non è un genere letterario ma un modello trascendentale, la cui funzione specifica è porre senza sosta la domanda: cos’è il reale?
In un mondo ordinato quest’affermazione sarebbe arrivata in chiusa, in seguito a una lunga e serrata argomentazione; inoltre sarebbe stata pronunciata (al netto della nota cacofonia lessicale del discorso filosofico) dal vecchio cieco Borges (già vecchio e cieco, voglio dire, al momento di enunciarla). Non è così invece – il motivo è semplice. Il vecchio cieco Borges avrebbe pensato questa frase a partire da un’opposizione fondamentale: realismo letterario vs. finzione speculativa (o non-empirica); questa opposizione nasconde un’altra coppia dualistica: natura vs. cultura.
Il realismo letterario, per il vecchio cieco, è natura disordinata; il suo paradigma: il flusso di coscienza. Dall’altro lato dello spettro si trova la finzione speculativa, che opera invece sulle forze fittizie (le idee, i concetti, la letteratura stessa, i manufatti artistici, le opere di pensiero). Questo dualismo rimanda all’opposizione fondamentale natura/cultura, ma per chi, come noi, vive ancora oggi dell’appello nicciano a guardare il mondo unicamente attraverso la lente della fisiologia dell’estetica, questa sedicente opposizione fondamentale è mero equivoco, è oscurantismo deteriore.
Resta tuttavia la domanda: cos’è il reale? Domanda che, per uno scrittore, si traduce in un altro quesito, decisamente più pragmatico: com’è possibile, in un testo, fare in modo che accada l’impossibile?
Qui ci fermiamo e per un volta, come un’eccezione, ci disponiamo a mettere ordine. In modo programmatico torneremo al vecchio cieco, due volte, prima di abbandonarlo al suo destino.
Chiediamo di nuovo: come è possibile, in un racconto, far accadere l’impossibile? Come si fa, in altri termini, a produrre un effetto fantastico? Per mezzo di un artificio molto semplice e diretto, dice Borges.
Prendiamo ad esempio il racconto La memoria di Shakespeare. Come può un uomo del ventesimo secolo essere abitato dalla memoria di Shakespeare? Un uomo formula la proposta rituale, l’altro accetta: è così, è semplice.
Daniel Thorpe incontra il protagonista del racconto La memoria di Shakespeare, Hermann Soergel, in un congresso accademico. Invita Soergel nella sua camera d’albergo e dichiara:
“[Thorpe:]«Le offro l’anello del re. È chiaro che si tratta di una metafora, tuttavia ciò che questa metafora ricopre non è meno prodigioso dell’anello. Le offro la memoria di Shakespeare, dai giorni più antichi e puerili fino a quelli d’inizio aprile 1616». […]
[Soergel:]«Accetto la memoria di Shakespeare».
(“La memoria de Shakespeare”, in Cuentos completos, Debolsillo, 2011, pp. 539-40)
La storia recente del genere fantastico è riassumibile in un passaggio di consegne. Dice Borges: la forma moderna del fantastico è l’erudizione; risponde e aggiorna Danilo Kiš: la forma moderna del fantastico è l’archivio.
In entrambi i casi la chiave risiede nell’interferenza tra le forze fittizie (opere, libri, documenti…)
e la realtà. (Rimando a questo testo per evitare la ripetizione come la peste.) Ma cos’è la realtà?
Per analogia con le forme brevi (letteratura del microscopico), lasceremo che la scienza del microscopico ci indichi chi è chi, cosa è cosa, come è come (perché? è una domanda orrenda, oltre che stupida).
Essa indica innanzitutto una differenza fondamentale tra macroscopico e microscopico (anche qui: rimando a questo reportage per non essere costretto a ripetere male ciò una volta sono riuscito a dire con chiarezza sufficiente). Le forze che operano nel microscopico scardinano il principio di ragione: la granularità del mondo, l’indeterminismo, la non-linearità, la relazionalità assoluta. L’impossibile ordina il microscopico e fonda il macroscopico; il possibile stesso diventa probabile. Tuttavia gli effetti di queste forze, nel macroscopico – oltre i 100 nanometri della scala di Planck – non si apprezzano, diventano – attenzione – invisibili. Proviamo ora a chiedere di nuovo: cos’è il reale? Apprezziamo, nei minuti di silenzio che seguono l’interrogazione, il flusso di informazioni contraddittorie che ci assale.
Chiediamo dunque: cosa indica la scienza del microscopico alla letteratura?
Ci sono almeno due elementi. Il primo, in maniera programmatica, ci permette di aggiornare la storia del fantastico. Ci permette di dire, con la tracotanza e l’ingenuità dei principianti: la forma moderna del fantastico è l’insieme delle leggi che ordinano il mondo microscopico.
Il secondo è un auspicio, un desiderio segreto, dice: vorremmo un giorno avere la forza di scrivere la letteratura dell’invisibile.