A doppia mandata ( bagatella delle porte)
di Giorgio Mascitelli
Nella casa dove talvolta Guido della Veloira si trova a soggiornare egli deve fare grande attenzione alle porte. Il primo problema è innanzi tutto l’assenza di un ordine generale relativo a tutte le porte, di porta in porta la situazione muta. Vi è una muta gerarchia tra le porte che nel suo silenzio spicca ancor più fragorosamente: la porta del bagno è quella che occupa la posizione principale come dimostra la dovizia di avvertimenti che la concernono; essa deve restare chiusa durante il giorno, salvo il momento in cui la si apre per accedere ai servizi, e di notte deve restare aperta per far circolare l’aria nell’appartamento dalla finestrella del bagno, che è sempre aperta, ma questo ordine notturno non è valido nelle notti di vento, che non sono rare nel posto dove si trova la casa, qualora sia aperta la finestra della cucina perché si creerebbe una corrente d’aria fastidiosa, con l’eccezione delle notti estive di calura, non frequentissime ma comunque presenti nel luogo dove si trova la casa, nelle quali detta corrente è al contrario auspicabilissima. Occorre quindi nella penombra della notte, nel cuore della quale magari ci si è destati per espletare il più ovvio dei bisogni, procedere a una veloce analisi metereologica della situazione per decidere se chiudere o meno la porta all’uscita del bagno. Un paio di volte Guido della Veloira assonnato in preda all’incertezza ha optato per una soluzione compromissoria lasciandola accostata, della quale al risveglio al mattino si è tacitamente redarguito per primo. La centralità della porta del bagno è dimostrata dalla natura sussidiaria della porta delle stanza nella quale Guido della Veloira dorme, le cui apertura e chiusura notturne sono direttamente correlate sia pure in forma inversa alla posizione della sovraordinata. E’ comunque un destino migliore di quella della porta della dispensa, chiusa per definizione senza bisogno di giri di parole o di preamboli, così come quella della cucina è sempre aperta con la medesima assenza di spiegazioni, mentre la porta dell’altra stanza da letto della casa, ora aperta ora chiusa, sembra partecipare della stessa natura di quella dove dorme Guido della Veloira sebbene a lui non sia stato comunicato alcun tipo di regola che riguardi questa seconda stanza. La porta del salottino, invece, sembra godere dello stesso privilegio che fu accordato a Dioneo perché è aperta o chiusa a orari intermittenti senza nessun criterio, al massimo a seguito di una richiesta specifica e occasionale, ma soprattutto questa anarchia non è oggetto né di rimproveri né di rimostranze. L’unica porta che possa competere per rilievo con quella del bagno è peraltro quella d’entrata nell’appartamento, dove però non è questione di apertura o chiusura, ma di modalità della chiusura. Se la porta è da chiudere a chiave solo nelle ore che sarebbero del coprifuoco se vigesse la legge marziale oppure nelle giornate di vento, cosa di per sé chiara e naturale, di statuto più complesso si rivela l’operazione in sé della chiusura che deve essere precisa e rapida per evitare d’inverno l’entrata del gelo e d’estate quella delle mosche e delle zanzare nell’ora in cui le prime cedono alle seconde.
Come si sa, uno dei topos delle fiabe paurose e dei film dell’orrore è l’intimazione ‘non aprite quella porta’, ma qui Guido della Veloira si trova a vivere una condizione ben più complessa perché il suo problema è sì talvolta non aprire, ma talvolta è aprire oppure chiudere o anche non chiudere e poi chiudere in un certo modo. Le intimazioni non sono affatto chiare e sono molteplici e nascoste e spesso si presentano in forme amichevoli o contraddittorie, ben diversa è insomma la situazione rispetto ai tempi delle favole, quando i re erano re e gli impiccati erano impiccati, allorché il protagonista spinto dalla curiosità infrangeva il divieto emesso da una precisa personalità e apriva quella porta e magari finiva pure all’inferno, ma poi sapeva di uscirne o addirittura ne traeva dei vantaggi, facendosi perdonare per l’infrazione o incontrando qualcuno di risolutivo per la sua vita. Qui, in tutto questo aprire e chiudere senza ordini espliciti, ma solo con richiami a regolamenti e scelte obbligatorie tra due possibilità imposte, Guido della Veloira perde la testa senza la possibilità di ritrovarla come nelle fiabe. Una notte addirittura rientrando dal bagno ha battuto il naso nella porta di camera sua a tal punto era impegnato a riflettere se la porta del bagno quella notte andasse lasciata aperta o chiusa. Le cose stanno così: viviamo del resto in un purgatorio artificiale, sebbene con tutti i comfort.
Guido della Veloira è convinto che il fine di questa intensa attività regolativa, nonostante i disagi che gli provoca, sia una salubre circolazione dell’aria e la sicurezza dell’appartamento. Fa sua insomma la spiegazione ufficiale, ma non sa che un’altra finalità sottaciuta è quella di lasciare un’impronta indelebile nel suo spirito; essa non è un effetto collaterale, ma va considerata più precisamente come un’ulteriore finalità e non certo l’ultima per importanza. Quanto alla sicurezza: forse che le cure del giorno e i timori per la nostra salute non troveranno modo di incunearsi in questo sistema di porte chiuse, di trovare scanalature, piccoli fori, di incamminarsi sotto microscopici spazi negli stipiti come una lunga fila di formiche nere?
Se bastasse non aprire quella porta o al limite aprirla come ai tempi delle fiabe, dei re e degli impiccati, tutto sarebbe più facile e anche la scelta di Guido della Veloria sarebbe più semplice: ubbidire o non ubbidire all’unica grande paura. Qui invece c’è tutta una complessa architettura che afferma che se Guido apre o non apre quella porta, poi dovrà chiudere o non chiudere un’altra con conseguenze imponderabili, che però Guido deve scegliere liberamente, che soprattutto non deve aver paura, che non c’è bisogno di aver paura perché la paura è un retaggio del passato e quindi come tale non ha ragion d’essere oggi, al massimo esistono delle conseguenze imponderabili se lui sceglie di aprire e di chiudere ciò che andava rispettivamente chiuso e aperto o anche di chiuderlo o di aprirlo con una tempistica e una modalità sbagliate. Forse la soluzione sarebbe quella di affidare l’apertura e la chiusura delle porte a un supertelecomando o a un robottino domotico che sappia quali, come e quando porte aprire. Certo così sarebbe impossibile evacuare o riposare alle ore volute, ma a questo forse il supertelecomando o il robottino domotico saprebbero ovviare con un surplus di procedure. Le procedure hanno questo di vantaggioso che per essere eseguite richiedono concentrazione e impegno. Così il tempo scivola via più velocemente e Guido della Veloira con esso.
molto ben scritto, mi riporta ai racconti di cortazar della serie “istruzioni per …” ma con in più molti non detti che rendono il tutto surreale
Perbacco! Grazie
La verità della prosa mascitelliana dice che viviamo tutti
prigionieri d’una apotropaica e maniacale costellazione di gesti.
Ma la complessità relazionale delle porte è anche simbolica:
quali (si) aprono, quali (si) chiudono… Aggiungi le soglie
rilkiane & celaniane.
Forse non Cortazar ma uno dei più bei Palomar, solo un po’
più inquietante. Perfectus.