Qualcosa, là fuori
di Gianni Biondillo
Bruno Arpaia, Qualcosa, là fuori, Guanda, 2016, 217 pagine
Quando Livio era giovane ha vissuto il mondo che stiamo vivendo noi oggi. Era uno scienziato di ottima vaglia, impegnato contro una politica ambientale dissennata, ma era anche persona fra le persone, che doveva vivere la sua vita, fatta di piccole soddisfazioni private, oltre che d’inquietudini pubbliche: un lavoro, una moglie, un figlio. La società dove viveva, la nostra, opulenta e indifferente alla gestione dell’ambiente, non si rendeva conto di aver ormai innescato un irreversibile cambiamento climatico dai tragici e inesorabili effetti.
Ma tutto questo ci verrà raccontato strada facendo. Perché è un “on the road” Qualcosa, la fuori. È la storia di un viaggio della speranza di una colonna di clandestini che, da un’Italia ormai ridotta a landa arida, abbandonata, governata da bande criminali, passando per un’Europa disfatta da un clima crudele, dove i fiumi sono alvei vuoti e i laghi pozze di fango, cercherà di trovare rifugio in Scandinavia, Eden mediterraneo circondato da uno sbarramento militare anti rifugiati.
Il problema dei romanzi apocalittici sta, spesso, nelle spiegazioni puerili dello scenario dove muovere i personaggi. Nel romanzo di Bruno Arpaia, invece, le ragioni scientifiche dello scenario sono la storia stessa. La credibilità del mondo descritto è davvero inquietante. Arpaia sa di cosa parla, ce lo spiega con dovizia senza mai essere didascalico. La lingua usata è chiara, non ha bisogno di metafore ardite, perché anche solo la descrizione del futuro mondo catastrofico è, di suo, un’immensa allegoria.
In questo caso non ha senso parlare di fantascienza apocalittica, ma di un autentico romanzo scientifico. E perciò etico. Il futuro ferino verso dove stiamo andando lo stiamo scrivendo noi, con la nostra indifferenza. Resta l’umanità ferita che resiste però, quella di Livio.
(precedentemente pubblicato su Cooperazione numero 24 del 14 giugno 2016)
La copertina è da brivido. Richiama alla mente l’uragano Harvey e la sua devastazione. I coccodrilli che vagano inebetiti per le strade cittadine. Appena più in là, i grassi sobborghi americani sofferenti per l’aumento del prezzo della benzina.Tutto questo è cronaca dei nostri giorni. Poco conta dunque che la vicenda del romanzo sia ambientata in Italia e non negli Stati Uniti. Resta la speranza, così come nelle cittadine sommerse dall’uragano, di un riscatto, del ritorno a una pacata normalità. Forse l’energia di questo romanzo sta innanzitutto nella capacità evocativa,attualissima, dell’ immagine di presentazione.Lungimiranza della casa editrice.