Per Mario Lunetta
di Francesco Muzzioli
Mario Lunetta ci ha lasciati il 6 luglio. Amico generoso, intellettuale lucido e impegnato, scrittore inventivo e prolificissimo in tutti i generi letterari, oltre che organizzatore infaticabile sul territorio romano, ora sta a noi rileggerlo e commentarlo come figura centrale nella letteratura di questi anni. Occorrerà ripartire dalle prime opere: così, per ricordarlo, ho scelto la poesia introduttiva della raccolta La presa di Palermo, uscita nel 1979; qui Mario è alla sua terza pubblicazione poetica ed è già tutto lui nel proporre in apertura una sorta di autoritratto contrassegnato da spirito polemico (e da spirito politico, senza nascondersi dietro un dito) e insieme da ironia e autoironia, non senza un avvertimento al narcisismo poetico che sta rialzando la testa («la propria biografia / vale un soldo bucato»). Si notino le inventive inversioni (la «corsa di galli» e la «zuffa di levrieri») e l’ossimoro del titolo, Ouverture chiusa: ecco come si presentata la poesia della contraddizione, per usare il titolo di una sua antologia, in quegli anni ancora a venire.
OUVERTURE CHIUSA
questa che segue o precede
è un’allegra corsa di galli, una zuffa
di levrieri, vista con vista miope
da dentro il cubo di plastica, masticando
chewingum.
Nella febbre, nell’ozio, nei
ghirigori del capelvenere, tortuosi: urlando
a squarciagola, sussurrando patetici:
nel rictus.
Volano le macerie, s’inabissa
qualsiasi storia personale: la propria biografia
vale un soldo bucato. Col golf e lo stiffelius
bagnato di pipì, qualche blatta fuggitiva. E la saliva
secca nella gola squarciata, su e giù:
ringraziando
chi scrive (sul chi vive) tutti senza esclusione
coloro che dai giorni della Comune
hanno dato parlando, scrivendo, vivendo politicamente,
un contributo per cacciare di casa la vecchia zia:
la Borghesia.
E se l’imbuto ci risucchia, via,
non saremo noi gli ultimi.
1974