Prove d’ascolto #2 – Alessandra Cava
super
1.
just a little word
(una sorta di prologo per una serie di incontri)
i miss you guys muchly / bonjour les amis
nice walk at the park / mesdames et messieurs / je ne pense pas
c’est avec joie et fébrilité / c’est avec grand plaisir que
et c’est avec grand plaisir que / une erreur s’est glissée dans l’objet
stare dietro a tutto / gentile cliente / diciamo
hello
è molto difficile / cela dépend
et c’est avec grand plaisir que / une erreur s’est glissée dans l’objet
per una volta / anzi tre / le ultime opportunità di lavoro
envie de changer
inoltre / volevamo renderla partecipe di / dernier mais dernier
une erreur s’est glissée dans l’objet
rinnovati baci / en retard comme toujours mais là / super !
ci rifacciamo vivi dopo l’estate / eh
2.
volevo dire, dunque, che c’era una volta, dunque, un punto in movimento, e allora, il punto si spostava lungo la linea, se non lo sai, la linea è quella della costa e il punto è quello in cui comincia, sebbene il punto sia senza dubbio anche quello in cui finisce.
possiamo dire, infine, che il punto è anche tutta la linea, e che la costa, ovviamente, è solo un punto. ora, da quel punto, guarda.
le colline sono, da tutt’altra parte, sullo sfondo, da tutt’altra parte, ci immaginiamo, da tutt’altra parte, sempre con le spalle rivolte, da tutt’altra parte, verso di loro, da tutt’altra parte, come schienali e davanti, da tutt’altra parte, il mare. ora sei di fronte, spettatore.
i manifesti pubblicitari ti invitano ovunque a fuggire la città. da casa a lavoro ci sono sei minuti a piedi. da casa a lavoro ci sono: le scale di legno, un grande viale, file di alberi squadrati. tra te e il lavoro ci sono i turisti: in gruppi, a coppie, qualcuno da solo.
ognuno di loro è a un punto diverso del percorso turistico, ognuno col proprio andamento turistico, ognuno col proprio equipaggiamento turistico, per la pioggia o il caldo improvviso, ognuno con il proprio sguardo vagamente o esattamente turistico.
i manifesti pubblicitari ti invitano ovunque a fuggire la città. da casa a lavoro ogni volta un percorso, intorno agli zaini, contro le mappe, prima e dopo le fotografie.
i corridoi sovrapposti, vedi subito le frecce, i nomi dei capolinea, vedi subito l’angolo, subito, le macchie scure sul pavimento, vedi le scale. memorizza adesso il disegno della rete, fatti guidare. poi, quando è il momento, in un punto della città, alza gli occhi al rettangolo, ecco il colore:
3.
se si prende a un certo punto la luce
che c’è e poi si fa come quella che sta di là
nell’altra città se il marciapiede del grande viale
è come la bassa marea e il ritaglio dei tetti fa uguale rilievo
a passarci lo sguardo allora si svolta nel vicolo si sta
adesso dove prima figurava
il fondalino è azzurro molto brillante
il sale qualche varietà di vento tutto si sposta
a seconda del tempo ad esempio i villeggianti
con le stagioni le sedie a sdraio se è notte
il treno quando è l’ora ma adesso si sta fermi
si rilasciano le corde si prende il sole è uno
il momento nella punta delle V affilate
le cabine di legno in fila sul mare
il ripiano dove si mettono gli oggettini le
bomboniere gli angeli trasparenti tutto è
soprammobile (dovrebbe muoversi e invece proprio
non fa neanche un suono) tutto è così evidente è
rilevato col giallo fluorescente
quello è come questo dicono e anche esattamente
e adesso nei gesti seriali se si guardano
le mani nel mentre che dispongono e incartano e
chinando un poco la schiena dietro al vetro del bancone
l’esposizione della merce soffre del riflesso del viale
nei gesti del commesso ecco un paesaggio la dominante
di colore la posizione del corpo sopra al tavolo
vedere una finestra nello strato di confettura
mettere una bocca e il suo movimento
dentro al cesto tra le fragole le arance
sopra l’occhio mappare il prato
*
Una lettura per Super di Alessandra Cava
di Alessandra Greco
“Perché il mondo di cui sto parlando ha questo di diverso da altri possibili mondi, che uno sa sempre dove sono il levante e il ponente in tutte le ore di giorno e di notte, e allora comincio col dire che è verso mezzogiorno che io sto guardando, il che equivale a dire che sto con la faccia in direzione del mare, il che equivale a dire che volto al monte le spalle, perché è questa la posizione in cui io di solito sorprendo il me stesso che se ne sta all’interno di me stesso, anche quando il me stesso all’esterno è orientato in tutt’altro modo o non è affatto orientato come spesso succede, in quanto ogni orientamento comincia per me da quell’orientamento iniziale, che implica sempre l’avere sulla sinistra il levante e sulla destra il ponente, e solo a partire di lì posso situarmi in rapporto allo spazio, e verificare le proprietà dello spazio e delle sue dimensioni.”
Italo Calvino, Dall’opaco
“Of course you are the mechanism of meaning.”
Arakawa e Madeline Gins (1971)
La definizione etimologica di spettro (visibile), un passaggio da Dall’opaco di Italo Calvino [1], e una frase di Arakawa e Madeline Gins, i riferimenti per affrontare Super di Alessandra Cava come una “passeggiata cinematografica”, un transito in/tra livelli, oltre il modello ottico-geometrico di cinema (“the eyes alone would not supply the knowledge of space”, Reversible Destiny, Arakawa/Gins), in un paesaggio-passaggio (successione di sequenze in e attraverso le immagini) indessicale, tattile.
L’autrice indica Super come termine inerente “la parte superiore, esterna, e ancora, l’eccedere, l’andare oltre, rendere la dimensione tattile dello sguardo, la capacità delle cose stesse di diventare immagini e quindi zone delimitate di passaggio, mezzi per vedere”. A questo proposito l’immagine fotografica in apertura, “utile per ritrovare il punto di partenza, punto di passaggio da un luogo all’altro, da un testo all’altro” [2], presenta nell’inquadratura il telaio di un cartello pubblicitario, una cornice nella cornice, un vuoto aperto, un varco.
Il problema del passaggio, dalla presenza al superamento di una cornice (che la stessa autrice definisce come fastidiosa), è a mio avviso risolvibile in rapporto alla presenza dello spazio bianco.
La scrittura si svolge, in maniera molto pulita, dice in maniera delicata e netta. Quanto descritto potrebbe apparire come una carrellata scenografica, tuttavia si muove su differenti livelli grazie anche a questo bianco, ignoto spazio della mente, operando tagli e riemersioni, vuoti in texture (marea uguale rilievo), RISOLVEndo LA CORNICE, aprendola in un continuum tra scrittura e paesaggio.
Corrispondente al colore della mente, il bianco in Super si avvicina (anche se in modo diverso) al concetto di blank nel lavoro pittorico di Shūsaku Arakawa [3], come gradazione invisibile, capace di accogliere tutto lo spettro, e di popolarsi continuamente di immagini, sequenze, suoni, paesaggi, com’è il modo di procedere nella versione audio di Super (http://writing.upenn.edu/pennsound/x/Italiana.php).
In questo contesto la figura del flâneur (da Baudelaire a Benjamin) seguendo il corso delle vedute panoramiche (un vedutismo qui mai statico), diviene viaggiatore. Secondo quest’ottica del transito possono essere viste le figure dei turisti; gli stessi luoghi (ambienti urbani, spiaggia), le stesse consuetudini, non ultima la stessa flânerie nel tessuto urbano.
Lo sguardo tattile e cinetico, in articolazione spettatoriale con le architetture in movimento, prende a modello la geometria ottica e al tempo stesso si rende conto che tale modello non è sufficiente perché noi e ambiente, siamo entrambi ricettori e portatori di un’interfaccia comunicativa, una bidirezionalità nello scambio di informazioni – e nel corpo del testo (è interessante pertanto l’uso frequente dei connettivi testuali (congiunzioni, locuzioni) come ponti per unire in modo logico i diversi contenuti).
Il mondo osserva il mondo, attraverso l’occhio e la mente. Atto cognitivo, di comprensione mentale, e insieme atto di costruzione del mentale (consapevolezza della direzione, determinazione della posizione e rappresentazione) in una stretta relazione, nel lavoro di Alessandra Cava della scrittura con il reale: cartografia, mappatura di spazi, scrittura come origine, mappa cognitiva, geocritica come analisi interdisciplinare che privilegia lo spazio rispetto al tempo. Geografia in transito, dove l’ambiente (interno ed esterno) tratta l’informazione sensibile che perviene agli organi di senso, costruendosi nelle sue articolazioni e interazioni attraverso un certo ordine di rapporti mentali e di momenti di spazio testuali.
Per ripetizioni e attraversamenti, viene individuato un errore che si insinua nell’oggetto di questa osservazione (– une erreur s’est glissée dans l’object –); prima di tutto si dice che si tratta di … una sorta di prologo per una serie di incontri… per una volta / anzi tre … (ripetizioni), qualcosa si annuncia prima di farsi ambiente, glissa e infine torna per riportare in attività una diversa costruzione del vedere … sopra l’occhio mappare il prato … una superficie uniforme (verde come bianco), fatta di tutte le cose dell’umano.
Penso alla gerarchia intricata di Douglas Hofstadter, un sistema gerarchico di coscienza, in cui compare uno strano loop. Una gerarchia di livelli dove non vi è ben definito un più alto o un più basso gradino, e ciascuno dei quali è legato ad almeno un altro da qualche tipo di relazione. Una gerarchia “aggrovigliata” in cui l’osservatore muovendosi attraverso i livelli, torna infine al punto di partenza, cioè il livello originale (lo sguardo riprende a mappare). In Anelli nell’io, Hofstadter (2007) definisce un loop anomalo come: “ “strano anello” (…) non è un circuito fisico ma un loop astratto, in cui, nella serie di fasi c’è uno spostamento da un livello di astrazione (o struttura) ad un altro, avvertito come un movimento verso l’alto in una gerarchia, ma che in qualche modo nei successivi spostamenti risulta dar luogo ad un ciclo chiuso. Nonostante la sensazione di allontanarsi sempre più dalla propria origine, (…) si torna esattamente dove si era iniziato. In breve, uno strano loop è un ciclo di feedback paradossale di passaggio di livello.” (pp. 101-102) [4]. Forse, tuttavia, questa la cornice fastidiosa che si vuole superare, il limite del ciclo che si richiude in se stesso.
In Super (2.), … volevo dire, dunque … (al principio), il … punto in movimento … se non lo sai, … è … senza dubbio anche quello in cui (questo movimento) finisce. (un punto di passaggio da un luogo all’altro, da un testo all’altro, da una sequenza a un’altra) … possiamo dire, infine, che il punto è anche tutta la linea … la costa … è solo un punto.
Il punto è quello in cui comincia, il movimento dell’occhio (la linea d’azione in una ripresa cinematografica ad es.), un territorio.
… le colline sono, da tutt’altra parte … sullo sfondo … con le spalle rivolte … verso di loro … come schienali e davanti … il mare. ora sei di fronte, spettatore.
Infallibilmente il blank ritorna. Osservatore e osservato stanno in questa visione fatta di attraversamenti, passaggi-immagini, come momenti, istantanee in movimento. il punto, impossibile fuga.
… alza gli occhi al rettangolo … (e, prima nota di colore, o restituzione dello spettro): questo vuoto levità (blank) capace di toccare, di entrare incontatto, spazio visivo messo in mobilità che ha relazioni forti con il tatto (nel movimento, l’uno nasce nel campo dell’altro).
… i corridoi sovrapposti, vedi subito le frecce, i nomi dei capolinea. Nella velocità la resistenza al deterioramento dinamico delle lettere ha a che fare con la loro stessa intima geometria, col numero di tagli, interruzioni, densità delle appendici, aree chiuse (La trottola di Prometeo, Ruggero Pierantoni, p. 155) questa dimensione tattile, ancora una volta, dei caratteri, tagli anatomie, dello sguardo, nello sguardo … il momento nella punta delle V affilate …
(3.) …è come la bassa marea e il ritaglio dei tetti fa uguale rilievo … si sta / adesso dove prima figurava. tutto si sposta, è uno il momento e ancora, in uniformità il colore della mente riaffiora. Nell’attesa si dispone in fila …quello è come questo dicono … stare nel momento di un riflesso, nel momento di uno strano loop, il tempo ora tutto rallenta, la visione si guarda in filare, finire in … mani che dispongono e incartano … nell’unico momento in cui un corpo è paesaggio, un oggetto riflette … una dominante di colore … una posizione sua dentro, nella disposizione anche dei versi obliqua. Protetto, dal virare superiore dell’occhio, un corpo-sguardo che prevede lo spazio, riterritorializza entro gesti che si guardano, colori che possono essere netti. Una levità meno pesante la possibilità di entrare in momento, farsi simultaneamente passaggio e paesaggio, e testimoniare un cerchio di congiunture che desidera aprirsi, disposto in reale, per l’impossibilità di chiudersi ed esaurirsi semplicemente in se stesso.
Mi piacerebbe infine accostare, sconfinando un po’, l’intreccio di immagini in Super alla tecnica del décollage e campionamento visivo dello street artist parigino Thomas Schmitt [5], che lavora intervenendo sui manifesti pubblicitari.
Precise forme appaiono sotto i tagli del cutter.
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1 Calvino, Italo, Dall’opaco, in La strada di San Giovanni, Mondadori, Milano, 1995.
2 Da una conversazione con Alessandra Cava.
3 Arakawa, Shūsaku: pittore e architetto giapponese (Nagoya 1936-New York, USA, 2010). Trasferitosi presto a New York, l’artista ha assimilato, delle tendenze dell’avanguardia occidentale, idee e tecniche che ha saputo innestare, con visione personalissima, nel filone della tradizione figurativa del suo Paese. Della realtà quotidiana egli coglie soltanto l’aspetto “verbale”, le parole scritte, riportandone i caratteri, nella stesura sia calligrafica sia tipografica, nello spazio uniforme di superfici dipinte in grigio o in bianco. Ha partecipato a manifestazioni artistiche di grande importanza nel suo Paese, negli Stati Uniti e in Europa.
4 Hofstadter, Douglas, https://en.wikipedia.org/wiki/Strange_loop
5 Schmitt, Thomas, http://undergroundparis.org/paris-street-art-ambassador-thom-thom-exhibition-galerie-mathgoth
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5 panorami da super di Alessandra Cava
di Giulio Marzaioli
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Prove d’ascolto è un progetto di Simona Menicocci e Fabio Teti
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