Tre poesie sul non esserci
di Marina Massenz
Con un pennello di martora
Con un pennello di martora
molto delicato passare
la biacca sul viso come farsi muro
incidere i ricordi come graffitaro
la notte sfregia portoni e vagoni
insieme a pensieri di sogno
non temere il parlarti né vedere
come vivo il tuo volto che sorride
e piuttosto soddisfatto se ne va.
Davvero ti ringrazio di queste recenti
apparizioni come fai a trovarmi mentre
dormo tra tutto il sonno del mondo?
Ieri c’era il sole sul tuo terrazzo
avremmo guardato i tetti oltre
i fili e i pali verso le rondini
cerco nel loro volo teso il tuo
Che bello e questo e quello e così via.
Sventolarsi
Il tempo corre annusando
i sentieri del senso nasi fini
divenire zigzagando né rettilinei
né odorosi di gelsomino né lucenti
i percorsi in faggete umide ombrose
si prosegue tastando con mani appigli
cercando aderenze superfici sia lisce
che rugose basta che tengano mentre
si inciampa con zampe in buchefossi
o si scalciano sassi all’aria piedi duri
solo a tratti il cielo ci sospende
in alta bellezza pari a radioso
arcobaleno incontrarti poi di nuovo
separa e unisce la morte come un’ombra
che è mia che è tua nel sentiero
mio è l’ansioso reggere pesi
occhieggiando verso un largo aprirsi
oltre la curva scoprire il tracciato
delle pozzanghere qui la monella
corre salta ride può “sventolarsi”
eri tu che dicevi di me
“… proprio le piace sventolarsi”
tenendo tutti i finestrini abbassati
nel buio del ritorno dal lago quando
è tardi la domenica sera quando
non cantiamo più “Bella ciao”
sfegatati sfiniti fratelli addormentati.
La confortevole noia
La confortevole noia
del partecipare nel gruppo
degli umani qui a festa
raccolti variopinti e indiani.
L’essenza del vento sta
nella consapevolezza dell’aria
se vieni dal bosco l’avverti
e tutto trema tra le foglie simili
le interne e esterne sfrangiature.
Corro a sentire la banda
gli ottoni luccicanti suoni
ma tu perché non avanzi
tra gli altri uomini dritti
dignitosi vecchi forse
stravecchi, però ancora
con viso sguardo gambe
e piedi, tutto? O perché
non stai qui al mio fianco
osservando compiaciuto
questa raccolta di umani
belli con le piume d’alpino
acconciati simili al nonno
tuo padre della prima guerra
CarsoAsiagoOrtigara?
Gorgoglia sottotraccia
fino a sbollentarsi
e all’apertura delle chiuse
torna alla vita degli occhi
la massa d’acqua segreta
esonda dal mio corpo nota
e imprevista forma del tuo
non esserci, anche se io
ti vedo come se fosse questa
la tua sede naturale.
[…] su Nazione Indiana pubblicano Tre poesie sul non esserci, io cerco di non farmi irretire, come il povero Cartesio, dallo sguardo meduseo del verbo essere […]