Formiamo le poesie digitali – parte prima
[L’autore di Poesie Elettroniche propone un primo articolo tecnico-divulgativo sui formati digitali per leggere poesia. Una riflessione su cosa voglia dire oggi fare e leggere un ebook di poesia elettronica dal punto di vista delle specifiche. JR]
di Fabrizio Venerandi
Nello scrivere una poesia tradizionale conosciamo il media con cui verrà fruita, sia nella sua versione scritta, sia in quella orale. Possiamo pensare che verrà stampata e letta su un foglio, all’interno di una silloge, in una rivista. Oppure ascoltata durante un reading o in uno slam poetry.
I contenitori in cui una poesia tradizionale viene sviluppata e creata sono – appunto – tradizionali e sommariamente conosciuti da tutti coloro che leggono o scrivono versi.
Il discorso si fa più complicato quando iniziamo a parlare di electronic poetry, non solo perché l’electronic poetry in realtà ingloba al suo interno cose molto diverse in quanto a progettazione e fruizione, ma anche perché la poesia elettronica si appoggia a media elettronici i cui formati e le cui specifiche non hanno raggiunto uno stato dell’arte, come nel caso del libro. Anzi, proprio per sua la natura elettronica, è possibile che questa instabilità di forma sia una caratteristica naturale di questo tipo di scrittura.
Essendo – voglio dire – legata a una serie di strumenti tecnologici in continuo divenire, essa stessa deve avere con questi strumenti un dialogo costante nel tempo.
È quindi importante, ancora prima di parlare della natura della poesia elettronica, capire quali sono le forme con cui essa si è sviluppata e si potrà sviluppare in futuro.
Guardando le interessanti collezioni dell’ELO si può notare che esista una grande varietà di strumenti utilizzati per fare poesia elettronica.
In questo post non voglio entrare nello specifico di ogni singolo lavoro, ma possiamo trovare alcune ricorrenze che ci permettono di mappare tendenze di utilizzo e buone pratiche.
La prima è quella del video. Molte poesie elettroniche appaiono come video. Questo per diversi motivi:
- il video viene scelto come strumento per la animazione dei versi nello spazio (come avviene ad esempio per la poesia cinetica). Un esempio è Code Movie 1;
- il video testimonia una poesia elettronica nata con strumentazioni informatiche che non sono più accessibili (computer obsoleti, performance con elettroniche non più utilizzabili). Un esempio è Endemic Battle Collage, programmata su un Apple II del 1985 e fruibile oggi come video.
Quello che caratterizza questo tipo di lavori è una bassa interattività con il lettore/utente, che guarda/legge l’opera nella sua evoluzione temporale o spaziale.
Aumentando l’interazione si entra nel campo del codice. La seconda tendenza è quella di offire dei lavori eseguibili. Applicazioni, script, programmi che vengono interpretati sul momento dal computer. Si tratta di un passaggio molto importante. Codice significa programmare il computer perché faccia cose quando il poeta non c’è. Non si tratta solo di animare una poesia, o di aumentarla con elementi multimediali o sonori, ma di progettare algoritmi che scrivano, manipolino, modifichino la poesie al nostro posto. Ovvero, nella sua visione più estrema, il poeta non scrive più i versi, ma scrive le parti di codice che generano i suoi versi. Tra i linguaggi più utilizzati all’interno delle collezioni ELC:
- Flash. Molti lavori di poesia elettronica, specie se connotate da elementi visuali, sonori e di animazione, usano in maniera massiccia Adobe Flash. Un esempio è Thoughts Go;
- html & javascript & css, ovvero i sistemi di marcatura e scripting con cui sono costruite buona parte delle pagine Web. Un esempio è il semplice Sample automatic poem;
- Ipertesto, ovvero l’utilizzo dei link per spostarsi all’interno di più atomi testuali, grafici o sonori. Un esempio è High Muck a Muck: Playing Chinese;
- altri linguaggi, videogiochi, server online, applicazioni vere e proprie.
Il confine tra gli strumenti utilizzati per queste poesie elettroniche è molto permeabile: la scelta è legata non solo a esigenze espressive, ma anche alla conoscenza del programmatore di questo o quel linguaggio, alla possibile distribuzione on-line dell’opera, al pubblico di riferimento, al periodo storico in cui le opere sono state scritte.
Oggi alcuni linguaggi sono obsoleti (Applesoft Basic) e alcuni sistemi anche molto utilizzati come Flash stanno lasciando sempre più spazio a specifiche aperte come HTML5, Javascript e CSS.
Da notare che nessuna delle poesie che ho citato e di quelle che trovate collezionate nel sito dell’ELO è un libro elettronico. Tra le keywords di catalogazione delle opere del terzo volume dell’ELC non appare né “ebook”, né “ePub”.
Paradossalmente il libro digitale non è stato fino ad oggi uno strumento reputato adatto per la creazione e la raccolta di electronic poetry.
Per capire il perché è necessario avvicinarsi e scoprire quali siano i formati utilizzati oggi per fare libri elettronici, quali le loro caratteristiche tecniche e quali le loro possibilità espressive.
Questo sarà il tema del prossimo post.