Poesie elettroniche
di Fabrizio Venerandi
Poesie elettroniche è un ebook che raccoglie e riunisce una serie di ragionamenti fatti negli ultimi tre anni su quello che può voler dire fare poesia digitale oggi. Non si tratta di un saggio, ma di una silloge di poesie scritte quasi esclusivamente nel 2016. Nell’organizzare questi contenuti avevo in mente alcuni obiettivi.
- Il primo era porre un paletto di carattere tecnologico: l’ebook non è soltanto una copia digitale di un libro di carta e nemmeno un “aumento” forzatamente multimediale di un contenuto testuale. Una narrazione o una lirica digitale sono prodotti culturali che utilizzano il codice per trovare nuove retoriche che non erano possibili con la parola stampata su carta. Mi interessava catturare il momento in cui la parola stampata prende coscienza del codice e inizia a fare cose con se stessa, con l’ambiente che la circonda, con il tempo, con il lettore.
- Il secondo era quello di spostare la poesia elettronica: dai siti d’avanguardia agli store di vendita ebook. Presentare al pubblico dei lettori (e non solo a quello degli specialisti) la poesia elettronica come prodotto letterario e culturale, autonomo, con una propria storia e con caratteristiche di linguaggio del tutto contemporanee.
- Il terzo era quello di scrivere delle poesie usando il codice, quando le cose che volevo dire ne avessero avuto bisogno. Evitare l’effetto speciale, ma capire invece in che modo il codice mi avrebbe permesso di aumentare l’espressività, di individuarne la retorica, di renderla seriale e riproducibile per me e per altri poeti. Pensare ad azioni di codice che integrassero la loro tecnologia con la lirica poetica. Anche la rima, anche l’assonanza, anche tutti gli altri strumenti retorici sono tecnologia, sono codice.
Il risultato è un ebook in formato aperto EPUB3, leggibile con qualsiasi programma ne supporti il formato, da Adobe Digital Edition a iBooks di Apple. Il testo è diviso in quattro sezioni, più una iniziale, una glossa finale e una copertina.
La prefazione, che ripercorre alcuno tappe della poesia visiva e elettronica, da Simmia di Rodi a Nanni Balestrini, è di Gino Roncaglia.
Come è costruito il testo?
La copertina presenta il titolo, che è instabile. Tutto l’ebook è tenuto insieme dalla sua instabilità. L’idea che sottende tutte le sezioni (tranne la glossa finale) è che il poeta doveva scrivere delle cose sgradevoli. È una fotografia di un momento di crisi personale. Non volevo leggere le cose che stavo scrivendo, ma le dovevo scrivere. Il codice mi ha aiutato.
Il codice-indice che sta dietro al testo è 0101010101.
Il primo zero è la prima poesia, “Poesia che ho scritto ma poi si è cancellata”. È una poesia effimera, appena si apre la pagina la poesia inizia a scomparire e dopo pochi secondi non c’è più.
Il successivo 10 sono le dieci poesie delle “Poesie occluse”. Si tratta di poesie dove le parole e le frasi sono in parte cancellate, come da un evidenziatore nero. Emergono solo alcune parole che formano, a loro modo, un significato. Il lettore può però toccare le parti cancellate e scoprire la parte rimossa. Toccando una nuova parte la precedente viene nuovamente cancellata. Non è mai possibile leggere la poesia nella sua interezza.
Altre 10 poesie formano le “Poesie temporali” o “gelsomini notturni”. Queste mostrano al lettore una quartina, statica. Ma di notte, in alcune ore della notte, le poesie si aprono, mostrando altri versi che si richiuderanno all’apparire del giorno.
Le “poesie cangianti”, di nuovo 10, sono poesie che presentano versi con varianti in perenne mutazione. Si tratta della sezione più complessa perché presenta tre diversi metodi di permutazione: binaria temporale infinita, binaria temporale finita (ma rigenerabile dal lettore), multipla a diversi livelli di profondità (da quattro a nove). Leggendo, il lettore si accorgerà che di tanto in tanto la poesia cambia. Cambiano alcune forme retoriche, alcune immagini, alcuni significati.
La penultima sezione, ancora di 10 poesie, è quella delle “poesie toccanti”. In questo caso abbiamo un esempio di poesia visiva interattiva. Le parole del primo verso ruotano attorno ad un nucleo, formato dal titolo. Se il lettore tocca una delle parole, si produce un “figlio” con un nuovo lemma proveniente dal verso successivo. Continuando a toccare le parole, il lettore spinge la poesia a generare nuove filiazioni: ogni filiazione è legata logicamente alla filiazione precedente e quella successiva, ma graficamente è invece orbitante attorno al padre toccato dal lettore. In breve tempo si genera un microcosmo di parole in movimento con relazioni sia logiche, sia spaziali.
L’ultima poesia è la glossa, una poesia tematicamente sganciata dal resto dell’ebook. È l’1 finale del codice-indice ed è una poesia ipertestuale, si naviga di verso in verso attraverso i numeri di nota legati tra di loro. È una sorta di chiusa in cui il poeta dichiara alcuni elementi della sua poetica.
Il codice con cui sono scritte le quattro sezioni centrali è stato pensato per rendere le poesie facilmente modificabili. L’idea è che l’ebook sia anche un laboratorio per altri poeti che vogliano aprirlo, cancellare i miei versi, metterci i loro.
Il come farlo sarà oggetto di una serie di post ospitati da Nazione Indiana nei prossimi mesi.
[Nazione Indiana aveva già ospitato nel 2013 alcune poesie interattive di Fabrizio Venerandi ed ha seguito nel corso del 2016 il lavoro di composizione di questo ebook. Quello tra NI e la casa editrice Quintadicopertina non è poi un incontro casuale: già in ebook erano usciti i ragionamenti degli indiani Andrea Inglese (“La confusione è ancella della menzogna”) e i quattro romanzi inediti e in fasi di scrittura di Francesco Forlani (per l’iniziativa dell’abbonamento all’autore). L’intesa continua ancora con questa co-edizione tra NI e Quintadicopertina per le poesie elettroniche di Fabrizio Venerandi.]
Il testo è in vendita nei migliori ⇨ negozi di ebook, come quello di quintadicopertina:
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Solo con l’introduzione del concetto di ipertestualità applicato alla poesia si potrebbe cominciare a pensare a una vera rivoluzione del testo poetico. O sarebbe meglio parlare di stravolgimento. Quella che definirei “poesia tridimensionale” è qualcosa che forse appartiene alla fantascienza, o meglio, alla fantapoetica. L’ipertesto poetico non implicherebbe solo un passaggio da una pagina web all’altra come già avviene nei testi in prosa tramite collegamenti ipertestuali inseriti in singole parole o in frasi, passando però da un argomento finito all’altro: leggere una poesia tridimensionale significherebbe indurre il lettore a ricombinare continuamente le tessere costituenti la struttura della poesia, ripensandola su più piani, pur restando unica. La lettura e quindi il significato della poesia cambierebbero a seconda del numero di piani coinvolti nel “gioco ipertestuale” (e quindi in base alla “profondità” della poesia) e dal tipo di inizio scelto dal lettore. Con le poesie “normali” è possibile assistere a una differente interpretazione da parte di un singolo lettore a seconda del momento scelto per la lettura: un verso letto durante una fase della nostra vita assume un significato che sarà completamente ribaltato nel corso di un periodo caratterizzato da condizioni interne ed esterne variate. Forse non siamo pronti mentalmente per una simile rivoluzione o più semplicemente non siamo interessati a sperimentarla perché la riteniamo inutile: l’attuale bidimensionalità della poesia rappresenta già in un certo senso un’esperienza tridimensionale perché anche se la struttura – come forse affermerebbe l’emerito Professor Prichard – segue uno schema risultante dalla combinazione tra il numero dei versi e la loro “larghezza”, esistono profondità, non misurabili perché prive di dimensioni reali, che solo l’animo umano è in grado di esplorare senza mai avvertire l’esigenza ridicola di quantificarle.
Il concetto di tridimensionalità della poesia è affascinante anche se, da digitale, mi viene più naturale pensare alla poesia digitale come qualcosa di autonomo rispetto alla geometria: vedo l’ipertestualità (che è solo una delle maniere con cui si può concepire e realizzare una poesia digitale) come una possibilità di accumulo, specie se è attuata tramite una marcatura. Prendo delle parole e non solo le unisco fra di loro per organizzare un verso, ma ipotizzo un numero finito di varianti nelle quali navigherà il lettore per trovare una propria forma; il lettore rimane lettore della poesia, non credo nella poesia che fa diventare protagonista della scrittura il lettore, non più di quanto non creda nel karaoke, ma piuttosto penso ad una elevazione a potenza della potenza appunto del verso. Nello stesso tempo anche una sua perdita di potere: non ci sono versi memorabili in questa poesia, ma anche perché non possiamo ricordarci qualcosa che – nella memoria – è diverso per me e per te, in quanto nella stessa poesia abbiamo letto versi diversi.