“Dentro gli attimi del possibile” di Pina Paone
di Francesco Sielo
Lessi una volta, su una di quelle riviste di divulgazione scientifica che spesso poco hanno di scientifico ma tanto di immaginativo, che i passanti, intesi come quelle persone che incontriamo solo per pochi istanti, per strada, nelle stazioni, nei bar, risultano mediamente più belli rispetto alle stesse persone osservate però con calma, in stasi e non in moto, magari in condizioni in cui non ci possono, a loro volta, osservare.
L’effetto si deve, spiegava il dimenticato articolista, ad un preciso meccanismo evolutivo: il cervello umano, dovendo elaborare in fretta le informazioni relative a un possibile partner, sceglie di sopravvalutare le attrattive fisiche del lui o della lei che stiamo osservando. Meglio sbagliare sopravvalutando e ritrovarsi magari con un/a partner inferiore rispetto alle aspettative piuttosto che sottovalutare e non accoppiarsi affatto.
Lo stesso meccanismo coinvolge i passanti letterari, indagati nel libro di Pina Paone Dentro gli attimi del possibile. Passanti letterari dall’Ottocento a oggi.
Significativamente infatti, quasi tutti i passanti analizzati o solo menzionati in questo libro di ampio respiro appartengono al sesso opposto rispetto all’io narrante, configurando quindi la tematica del passante come essenzialmente erotica.
In realtà sarebbe possibile e anzi auspicabile estendere il discorso anche a quei passanti che non risvegliano nell’osservatore alcun desiderio sessuale, appartenendo (ovviamente nel caso di osservatori eterosessuali) allo stesso sesso dell’io narrante. Si attiverebbero in quel caso dinamiche legate all’invidia o all’immedesimazione ma sarebbe interessante analizzarle con gli stessi parametri adottati da Paone per i passanti, per così dire, eterosessuali ed eroticamente coinvolti.
Il “tipo” di passante analizzato nel volume è in realtà solo uno, ovvero la donna osservata, inseguita e talvolta raggiunta da un osservatore e narratore maschio. Solo raramente assistiamo a un temporaneo rovesciamento di ruoli, anche se la campionatura testuale a cui il volume si affida è davvero notevole, spaziando dalla lirica provenzale ai giorni nostri.
La fenomenologia del passante letterario viene allora indagata minuziosamente, secondo la cronologia, dai precursori (Marcabru e Cervantes ma anche Gogol’, Hoffman e Poe) all’iniziatore del vero e proprio archetipo, ovvero Baudelaire, fino alle interpretazioni moderniste di autori come Joyce e Virginia Woolf. Infine ci si occupa del tema alle soglie del postmodernismo con Calvino e al postmodernismo trionfante di Murakami e Stefano Benni, dando anche un’occhiata al cantautorato con Guccini e De André. Impossibile dare conto di tutti gli autori analizzati e di tutte le opere citate, in un volume che grazie alla gradevolezza della scrittura riesce a mantenersi fresco e godibile fino all’ultima pagina.
Come nota anche l’autrice, un simile tema è potenzialmente inesauribile ed è soltanto per ragioni di spazio che ci si costringe a una selezione: purtroppo, malgrado l’apprezzabile numero di campionature, il volume è costretto a una certa rapidità e non sempre l’interpretazione riesce a trarre tutte le conseguenze dai dati testuali.
Paone dimostra come alcune forme si mantengano intatte dall’archetipo in poi: la passante, quasi sempre una donna come abbiamo detto, è spesso fiera e altera, distante anche se vicina. Nell’Ottocento capita ancora che ci sia tra osservatore e passante un éclair, un lampo, un colpo di fulmine, un incrocio di sguardi che incide profondamente nel destino di entrambi i personaggi.
L’incontro, direbbe Luperini, è ancora significativo e anche se casuale, avvenuto solo grazie agli innumerevoli incroci possibili in una città affollata, può ancora essere evento profondo e sconvolgente, farsi storia, diventare narrazione.
Alle soglie del modernismo questo sistema entra in crisi, l’incontro non è più necessariamente significativo: nella società di massa, nelle sterminate metropoli, si possono avere incontri fulminanti ogni giorno ma la luce che adesso gettano questi casuali incroci di sguardi tra passanti diventa troppo breve. Istanti luminosi che si consumano senza lasciare traccia.
Nel modernismo pieno i personaggi non sono più nemmeno sicuri del loro effettivo incontro e si limitano a sfiorarsi, chiusi nei loro inconsci diventati troppo complessi e consapevoli. L’abitudine all’autoanalisi mina l’effettiva possibilità di contatto con l’altro e nel tentativo di portare alla luce quanto più possibile del proprio inconscio i personaggi si scoprono inetti a toccare concretamente l’altra persona.
Queste interpretazioni sono già state date da diversi critici e Paone non manca di citare il fondamentale L’incontro e il caso di Luperini ma ancora molto ci sarebbe da fare nel comprendere i dettagli e le sfumature. Si potrebbe ad esempio analizzare i passanti non coinvolti in un interessamento erotico ma impegnati a misurarsi o empatizzare con gli altri. Oppure si potrebbe tentare di spiegare questa proporzionalità inversa tra il crescere dell’autoanalisi e il diminuire delle capacità di effettivo contatto verso gli altri. Il tema è ancora ricco di domande da affrontare.
Il tema del passante nasce assieme ai temi della città, della velocità, dello spazio-tempo compresso che ci permette in pochi istanti di parlare con persone lontane, di proiettarci verso luoghi distanti e raggiungerli talvolta con velocità impressionante. Ma questi temi non possono essere compresi se non si analizza a fondo l’illusione, propria della modernità, di avere infinite possibilità, innumerevoli occasioni realizzate o vanificate soltanto in base al talento dell’individuo.
E il postmodernismo è precisamente l’amara scoperta dell’inettitudine o meglio dell’effettiva impossibilità per un individuo normale di cogliere tutte le occasioni, di vivere tutti gli incontri, di conoscere (ed eventualmente amare) tutti i passanti che incontra per strada.
Paone affronta quest’argomento parlando della poesia Les passantes di Antoine Pol, musicata da George Brassens e poi tradotta e tradita da De André. Chiama quel tema nostalgia ma è invece forse rimpianto, la nostalgia essendo il dolore per qualcosa che sia aveva e poi si è perso, il rimpianto essendo invece amarezza per qualcosa che si poteva avere e non si è mai avuto il coraggio di afferrare.
Il passante postmoderno è allora probabilmente da ricollegare proprio a questo sentimento delle possibilità sprecate, all’angoscia che deriva da questo continuo mostrarsi di occasioni forse illusorie forse reali ma che effettivamente non è possibile attuare.
Sembra infine che il tema si rifletta nella stessa opera critica e leggere Dentro gli attimi del possibile è come passeggiare in un elegante corso cittadino, dove si incontrano gli esemplari più vari e preziosi, si riconoscono volti familiari, si incrociano conoscenze recenti. Marcabru, Poe, il Baudelaire di Benjamin, i modernisti e i postmodernisti a noi contemporanei: tutto si inserisce in un carosello multicolore che è una gioia per gli occhi.
(Pina Paone Dentro gli attimi del possibile. Passanti letterari dall’Ottocento a oggi, Ledizioni , pagg. 398., 22 euro).
[Una registrazione della presentazione del libro, presenti con l’Autrice, Stefania Sini e il sottoscritto,presso la Libreria popolare di via Tadino, è ascoltabile qui B.C.]