La donna che non sapeva vivere col cuore difettoso
di Margaret Atwood
[La poesia che segue è tratta da Selected Poems II (1976-1986), Houghton Mifflin, 1987.
Traduzione mia. ot]
–
Non dico il simbolo
d’amore, quello di zucchero
per decorare torte,
il cuore fatto per
spezzarsi o appartenere;
dico il pezzo di muscolo
che si contrae come un bicipite scuoiato,
blu violaceo, unto,
cartilaginoso, questo isolato
eremita rintanato, nuda
tartaruga, questa boccata di sangue,
per niente invitante.
I cuori fluttuano nei loro
densi oceani di non luce,
umidoneri e baluginanti,
le quattro bocche palpitanti come pesci.
Il cuore batte, dicono:
è naturale, la lotta abituale
del cuore per non affogare.
Ma molti cuori dicono, voglio,
voglio, voglio. Il cuore mio
è più ambiguo, seppur
non doppio come pensai un tempo.
Lui dice, voglio, no, non voglio,
voglio, poi una pausa.
Mi forza ad ascoltarlo,
e poi di notte il terzo occhio
a infrarossi resta aperto
mentre gli altri due dormono
ma si rifiuta di dire cos’ha visto.
È un disturbo persistente
nelle orecchie, una falena in gabbia, un tamburo floscio,
un pugno di bambino contro
una rete a molle:
Voglio, no, non voglio.
Come si vive con un cuore tale?
Da tempo ho smesso di cantare
per lui, non sarà mai quieto o soddisfatto.
Una notte gli dirò:
Fermati, cuore,
e lo farà.
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“una notte gli dirò:fermati, cuore, e lo farà”.Bum
Lettura interessante.
Buona traduzione.
Grazie.
Cara, che bellezza!