mater (# 12)
di Giacomo Sartori
Volevo dirti
volevo dirti che
il libro su dio
vendicchia benino
anche se certo
la critica latita
(i clerici delle lettere
son così ligi
ai riti prestabiliti
così disattenti
così asserviti!)
i cattoliconi svicolano
e gli esteti atei
sogguardano da sopra
volevo dirti che
le beghe ereditarie
non sono poi serie
archiviati i conticini
si squaglieranno certo
come avanzi di neve
in aprile
volevo dirti che
sono un po’ giù
questa sera
la pioggiolina
è tanto lagnosa
(lo zelo si dilava
nel buio umido)
ma certo passerà
certo verrà mattina
verrà il sole sfacciato
non devi preoccuparti
volevo dirti che
la figlia di Silvia
è ancora incinta
sono così contenti
volevo dirti
ch’a Natale
andiamo a Tokyo
(grazie a te
a ben vedere)
sebbene il mese
non sia ottimale
(i ciliegi nudi
paiono defunti)
volevo dirti che
c’è stato un terremoto
con crolli e morti
(e le solite liti)
ma tu non temere
(t’atterrivano
le rabbie e i rutti
della crosta terrestre)
l’urna ben fatta
l’hanno sigillata
(per norma scritta)
in un sarcofago
di polipropilene
indegradabile
(la caparbietà criptica
delle matrioske)
e tutt’attorno
c’è terra leggera
(a smorzare
qualsiasi attrito)
volevo dirti che
ho una terapeuta
(ricorda la Fausta
tanto per capirci)
sfoggia scarpette
scarlatte e lustre
(non sempre
se dio vuole)
con borchiette
e tacconi
mica da scherzo
a dir la verità
m’aspettavo
maggiore gravità
ma pare capace
s’è presa a cuore
(quasi più di me)
le mie nevrosi
e gli istinti suicidi
volevo dirti che
il piccolo olivo
ha fatto un cestino
d’olive nere nere
amare amare
(ogni litro
cento grammi
di sale grosso
per la salamoia)
volevo dirti che
tuo figlio (l’altro)
pianterà le tende
nel tuo regno (antiquario)
lui che tuonava
mai e poi mai
e poi mai
(ma forse a te
t’aveva avvisata)
volevo dirti
ch’ho incontrato
la tua amica Bonatto
(mica l’ho riconosciuta
tant’è avvizzita)
m’ha detto che
senza di te
si sono perse di vista
eri tu la besciamella
(ha detto così)
e l’istigatrice
volevo dirti
che un mattino
una nebbia di uccelli
palpitante grazia
s’è pappata la tua dimora
(smisuratezza di fiaba)
ma poi l’ha risputata
danzando più in alto
sinuosità eleganti
in liquida evoluzione
(micrometrica sincronia)
con fracasso d’aria
frustata da ali
frenetiche
volevo dirti
che il nuovo presidente USA
è un pazzo fatto e finito
ce l’ha coi neri
e incantona le bianche
(non per niente
c’è impeachment
commenteresti tu
sempre ottimista)
volevo dirti
che non ci trovo
più senso di prima
ma tiro diritto
sempre diritto
tra cricchi e schianti
di rompighiaccio
sono di acciaio
lo sai
(certo fingevi
non vederlo)
volevo dirti
che il portone
mica l’hanno toccato
è ancora scrostato
altrettanto lercio
(sempre lo sarà
si direbbe)
solo tu potevi chiedere
dell’alveare d’immigrati
nell’altezzosa capitale
volevo dirti che
mi sono comprato
un cappotto per l’inverno
pieno di tasche
come piace a me
forse il marrone
è un po’ pedissequo
(dubito ti garberebbe)
ma in saldo
c’era quello
(cento euro
non è il prezzo vero
non è robaccia)
volevo dirti che
secondo la sensitiva
non te la passi bene
a volte capita
dice lei
ma forse già va meglio
è passato del tempo
(bisogna che ci torni)
volevo dirti che
ho diversi progetti
e certi istanti
sto proprio bene
nella fattispecie
quando il sole
sorgendo sotto le nuvole
galleggia orizzontale
con saturazioni da film
su ai piani alti
e nel bigio delle vie
le persone affaticate
interrogano i telefoni
(sedute come a scuola)
ormai accomodanti
(la mia giornata
prende invece l’anda)
non darti pensiero
per me
Molto bello. Ma si scrive “impeachment” ;)
ops! grazie
Di nulla ^ ^
volevo dirti che il rammemorare ora ha preso un’impennata…non é piú solo un rammemorare…delinea anche o sopratutto un personale loquor o colloquio (del figlio) con la mater (bello, un poco intristito, avvincente nelle sue premesse….)