Io in te cerco la vita, Anna Kuliscioff
a cura di Elena Vozzi
(In libreria dal 10 novembre, Io in te cerco la vita. Lettere di una donna innamorata della libertà, raccolta epistolare di Anna Kuliscioff, a cura di Elena Vozzi per L’orma editore, nella collana I Pacchetti.
Di seguito, un estratto.)
AD ANDREA COSTA
Napoli, 4 dicembre 1884
Mio carissimo,
la tua lettera buona e affettuosa m’ha fatto del bene, ma… c’è sempre quei ma e se maledetti, che inciampano e che avvelenano ogni gioia, ogni speranza. Io non dubito e sento che mi vuoi bene come me l’hai voluto, come forse me lo vorrai sempre, il guaio è solamente che questo bene se avesse potuto rendere felicissima un’altra donna, a me, infelice disiquilibrata, mi lascia tanto e tanto a desiderare che mi fa perfino cattiva ed ingiusta, incapace d’apprezzare quel poco di bene che posso ricevere, e che tu, presa la tua natura, le tue occupazioni ed il resto, puoi darmi. Ti ricordi una tua frase significante prima della tua partenza nel mese di ottobre, quando ti scongiuravo istericamente piangendo di lasciarmi per la tua e mia tranquillità? Tu mi dicesti «siamo infelici ambedue» e qui è la sintesi delle nostre relazioni. Tu cerchi in me il riposo, io in te la vita. Io sono per te poco donna, tu per me sei un’astrazione. Io non ho la maternità. Tu non mi dai l’umano del contatto fra i sessi diversi. Tu non vuoi o non puoi capire che l’abbandono e la pienezza non sono che la conseguenza d’una vita reciproca piena di comprensione dei pensieri, dei sentimenti, delle aspirazioni. Questo concetto è una vera mosca bianca, che non si è trovata nemmeno nella nostra relazione. L’uomo non sente questo bisogno; tu pieno di vita, d’attività, d’ingegno e di ricchezza morale proprio è naturale che non puoi sentire il bisogno d’un salice piangente, i cui rami sono già piegati a toccare presto la terra, che cosa puoi tu trovare in questa decrepitezza fisica e morale? Lo riconosco, purtroppo, lo sento fino a piangere nel momento in cui ti scrivo, ma non voglio illudermi, non voglio illuderti. Ho portato la mia critica fino a sviscerarmi completamente, e qui è la ragione d’essermi trovata come perduta. Sì, ho perduta l’illusione di me stessa, ho perduto l’illusione che possiamo mai esser soddisfatti. Tanto più che tu sai quanto in una donna un poco non volgare è forte il lato morale nell’amore; Gretehen perfino s’informa al Faust se crede alla religione, e perciò capirai che svanita questa armonia morale, questo legame non esistendo più, quanto doloroso è di conservare il convivere per semplice abitudine, per semplice memoria del passato. Adesso sento per te maggiore tenerezza, sento per te un affetto profondo, ma sento più tranquilla la mia coscienza, quando non pretendo più d’essere la tua amante, e non esigo da te le attenzioni d’un amante… Dimmi sinceramente non consideri anche tu l’amore, come lo sento io? Tu sei per me sempre quello che fosti prima: dire che sei il padre della mia salvezza, della Ninuccia, è dir tutto. Tu sai quanto poco entra la sensualità nelle mie relazioni con te, non voglio che rimanga essa sola l’ultima cosa nell’amore quando non v’hanno tutti gli altri attributi che costituiscono l’essenza dell’amore. Non sono romantica, ma desidero la realtà umana, questo è impossibile; perché dobbiamo dunque battere la strada tradizionale dei mariti e delle mogli? So che sono forse crudele verso di noi ambedue, ma la critica inesorabile di due mesi ha maturato questo frutto, è amaro per noi ambedue ed io piango. Ti bacio di cuore anche per la nostra adorabile Ninuccia.
Sempre tua Nina
commovente. Grazie.
Questa è la vera Russia! Molti di loro, quelli che sono riusciti a scappare appena in tempo, si sono stabiliti nel mio borgo,ad Ascona nella svizzera italiana. Dalle stelle alle stalle. Gli antichi popolani asconesi li hanno aiutati alla grande e loro li hanno ricompensati in opere di bene e cultura, erano quasi tutti esuli della Russia bianca e non solo, molto colti. Mia nonna li ha conosciuti tutti, Bakunin stesso è venuto ad Ascona parecchie volte, assieme ad altri grandi nomi. Durante la terribile influenza spagnola del 1918 uno di loro, soprannominato “Il Barone degli zoccoli” perché li portava a piedi nudi tutto l’anno, si è offerto volontario per la rimozione ed il trasporto dei cadaveri infetti, dalle case al deposito. Era estremamente pericoloso. Masticando spicchi d’aglio come noccioline li ha rimossi tutti usando un carretto di legno. Era vera riconoscenza per il cibo che gli asconesi gli avevano dato per sopravvivere. Parlava correntemente una decina di lingue. Per questo motivo ripeto: “Questa si che è la Russia”! Ringrazio per la proposta di lettura, Michel.
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Ma anche il grande sogno iniziale (Riv, d’ottobre) era vera Russia (vedi le stupende pagine autobiografiche de ‘Il salvacondotto’ di Pasternak. E che le classi subalterne nel mondo (USA compresi) siano andate avanti anche questo ‘é vera Russia’. No? Ad ogni modo la figura stupendamente rievocata da Michel tocca tutti noi nevvero? E grazie dunque a Bolt!