La condizione estiva ( una bagatella per le vacanze)
di Giorgio Mascitelli
Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso accendono l’aria condizionata. Un intero anno trascorso trastullandosi nella nostalgia del tepore e un’intera primavera per avvezzarsi poco a poco al suo arrivo e subito bisogna armarsi di golfino e di sciarpina e di calze con i trenta gradi centigradi fuori dall’abitacolo o dal negozio o dall’ufficio. Se vi fosse almeno tolleranza, si potrebbe a ragion veduta affermare ‘almeno c’è tolleranza’, ma di essa non c’è traccia in questo mondo estivo globale. Per esempio quando in ufficio scoprirono che Guido della Veloira portava la maglietta della salute in pieno luglio scattò subito la convocazione dal direttore del personale che voleva scoprire cosa ci fosse sotto ( ma sotto c’erano solo le fragili membra infreddolite di un uomo, Guido della Veloira per l’appunto). Guido della Veloira, invece di dirgli, come sarebbe stato giusto, di non essere disponibile a prendersi i torcicolli, le febbricole, i mal di schiena e i cagotti perché l’azienda nella sua disperata caccia di profitti possa continuare a fingere che le stagioni non ci sono più ( d’altronde se tutti dicessimo ciò che è giusto al momento giusto, tutti saremmo o morti o disoccupati o finiti come il povero Ursino), si limitò a ricordare che il modo più naturale e al contempo più nobile per difendersi dagli eccessi di calura è passare la giornata sotto i portici ombrosi di un patio che racchiude un verde cortile al cui centro zampilla una fontanella d’acqua bevendo bibite fresche alla menta o al limone. Il direttore del personale lo osservò in modo insolito come sotto una luce nuova. Il direttore del personale è un tipo anfetaminico e si sa che i tipi anfetaminici sono collerici e si sa che i tipi collerici sono impulsivi e si sa che i tipi impulsivi sono ridondanti nell’espressione e si sa che i tipi ridondanti sono sgrammaticati sicché è possibile non capirci nulla. In ogni caso non fu mai pronunciato un tassativo divieto di portare la maglietta della salute, ma piuttosto c’era l’interesse di scoprire se sotto questo atteggiamento passatista e sconveniente covassero le braci della rivolta, ma sotto, come si è visto, non covava nessuna brace quanto un gelo improvviso fuori stagione come l’annuncio di un messo infernale che tornava nel mondo.
Se Guido della Veloira era sfuggito ai rigori di una sanzione diretta, non poteva d’altra parte non aspettarsi che l’ombra del sospetto, ossia di essere annoverabile tra i nemici del progresso, aleggiasse su di lui. ‘L’aria condizionata è uno standard della vita moderna’ gli venne ricordato. Essere contro gli standard significa oggettivamente essere nemici del progresso. Un collega gli batté una mano sulla spalla dicendo che in fondo si trattava solo di abituarsi, visto che erano pochi anni che c’è l’aria condizionata, neanche un battito di ciglia nella prospettiva dell’evoluzione, e forse se le avessero cambiato nome, che so ‘moderatore climatico’ o ancora meglio qualcosa in inglese, anche Guido della Veloira l’avrebbe accolta più serenamente.
Uscito dall’ufficio e scampato al gelo del metro, Guido della Veloira ebbe la dabbenaggine di pensare di trovare solidarietà nella sua maglieria di fiducia, dove faceva incetta di magliette della salute, sperando che l’elogio dell’uso parsimonioso dell’aria condizionata in quell’esercizio e il principio della ragione del cliente gli avrebbero guadagnato il sostegno del titolare. Tali aspettative furono frustrate: il titolare alla cassa abbassò lo sguardo senza spalleggiarlo, mentre i numerosi clienti accorsi ad acquistare freschi completini estivi lo guardavano muti e interrogativi.
La principale tendenza morale del nostro tempo è quello di una gran massa di servi, persuasi non solo di essere liberi, ma, nei casi più disperati, di essere dei padroni. Basti pensare a un’intera generazione fermamente convinta che essere liberi significhi fare il cameriere a Londra. Di fronte a questo sfacelo l’unica reazione possibile è quella dell’ironia, che, incomprensibile ai più, è una reazione estetica, mentre ce ne vorrebbe una politica, ma non si può costruire un discorso politico sull’ironia. Che le cose stiano così è perfettamente dimostrato dal fatto che oggi è un gran casino usare parole tipo ‘libertà’ o ‘libero’ e io stesso, quando devo prenotare al ristorante, preferisco chiedere se c’è un tavolo disponibile per non generare malintesi ( d’altronde non vado quasi mai fuori a cena). Comunque di queste cose è meglio non parlare troppo a lungo pena il rischio di finire come il povero Ursino.
Il momento più grave restava però quello della spesa a causa delle temperature polari che si raggiungevano nel supermercato e della necessità della sua visita per procurarsi del cibo. Non diversamente si saranno sentiti i soldati di Annibale alle prese con la traversata delle Alpi in cerca di preda; non diversamente si sarà sentito il povero Ursino di fronte al suo fato. Oggettivamente il supermercato anteponeva il mantenimento dello stato solido di una tavoletta di cioccolato alla salute dell’uomo, anche se Guido della Veloira per fortuna non si rendeva pienamente conto del significato di questo dato di fatto.
Così per caso, esternando la sua amarezza ad Amadeo Boni, un vecchio conoscente, questi gli suggerì di sfruttare i vantaggi dell’ipermodernità e, visto che davanti al supermercato stazionavano sbandati di vari continenti, avrebbe pur sempre potuto incaricarne uno in cambio di una congrua mancia di fare la spesa al suo posto aspettando tranquillamente fuori, finché il suo uomo non fosse arrivato alle casse, dove gli sarebbe subentrato per pagare con il bancomat.
L’organizzazione del mondo è però ideata in tal modo che è impossibile che in un supermercato con un certo tipo di climatizzazione all’avanguardia come quello facessero fare la spesa con tanto di carrello a uno sbandato di qualsiasi continente, giacché lì non si era razzisti, e veramente Guido della Veloira rischiò di finire come il povero Ursino. Quando gli addetti ebbero attorniato il suo incaricato e gli ebbero chiesto conto della sua presenza e lui ebbe spiattellato questa storia incredibile di uno che non sopportava l’aria condizionata e gli aveva chiesto di far la spesa al sui posto e già essi cominciavano a dargli sulla voce chiedendogli se pensava che erano scemi, l’uomo di uno dei continenti indicò la figura di Guido della Veloira ferma oltre le porte a vetro scorrevoli.
Le autorità supermercatorie sospettarono Guido di ricettazione e quelle submercatorie di essere un cinico trafficante di essere umani che voleva riempire di delinquenti il quartiere. A nulla valsero le sue spiegazioni: esse accusavano. Capì allora che la sua strada si faceva stretta, che tante porte si chiudevano, che diventava pericoloso e complesso volere ciò che fino a una generazione prima sarebbe stato ovvio avere. E si sentì esattamente come mi sento io che anelo e sogno sempre un’estate al mare, neanche troppo eccitante, con qualcosa di rinfrescante senza esagerare però, come viene viene, ma di stile balneare.
Apprezzo assai, come sempre i tuoi raccontini. Ma dicendo Ursino tu alludi all’antipapa (si fa per dire) del 366-367?
No,è un generico cognome. Ti confesserò che sugli antipapi non sono molto preparato: anche se come antipapa mi sembra un po’ sfigato, con la capitale dell’Impero a Milano, non è che i vescovi di Roma, accettati o contestati, contassero così tanto a quell’epoca.
Bravo Masci! Anch’io ho apprezzato. Semper Magister! (Non mi correggere pero’!)
Ma Ursino, assai apprezzato, è un macguffin alla Vila-Matas, cioè un elemento distrattore che alimenta l’interesse di chi legge senza c’entrare in nulla con la storia. Per il resto sogno anch’io d’estate un hortus deliciarum e forse un giorno corromperò una vivaista…