Bracciate #4 – Gianluca Garrapa

Il quarto racconto della rubrica  Bracciate è «Questo è il mondo», testo ingannevole e ipnotico di Gianluca Garrapa, nato nel 1975, in provincia di Lecce; conduttore radiofonico; comico; counselor all’ascolto ad orientamento psicoanalitico; collabora per Satisfiction e rivista Verde; sue cose su Gammm, Compostx, Nazione Indiana, Critica Impura, Il fatto quotidiano, Il sole24ore.

 

Questo è il mondo

di Gianluca Garrapa

Schillaci

 

  1. I tralicci segnano partiture elettriche, un organismo informe in via di definizione e di putrefazione. L’organismo informe è nella testa d’un uomo che pedala lungo l’argine destro del fiume. La pista ciclabile è la base minore d’un terrapieno idealmente trapezoidale, la strada provinciale a est, le campagne e i casolari, lappate dal fiume, a ovest.

Quanto all’uomo, la percezione d’essere organismo informe lo sfiora in questo momento: fermo, studia l’ansa del fiume persa a destra, nell’interiorità della campagna post-industriale: contempla il monocromatico prato, vasti orizzonti interrotti di gomiti, riallineati da una svolta opposta su un altro amplio orizzonte di strade. L’uomo spinge il pedale…

 

*hanno sistemato i cadaveri fuori. rifiuti di uomini morti. sillabe colorate, un tempo sguainanti sfumature, ora perse in una confusa regressione cromatica. materassi. matematica verticale del cencio. frasi rotte attorno a vestiti. erano vestiti. stracciati buchi ora. sono buchi. l’umano che non c’è. c’era. ci stava dentro. ora solo colori. colori, ma sempre buchi. mancanze. rifiuti cancerogeni travestiti di terra e fiori.*

 

  1. Il bottone nero del gilet, sembra vestito alla francese, secondo un gusto, però, che è più quello d’un francese che si figuri d’essere italiano. Non si può dire, per questo, che scimmiotti i francesi e, d’altra parte, il viso tradisce discendenze inglesi ma ciò non basta a farne un inglese e l’osservatore scrupoloso non tarderebbe a scoprire che razza di sempliciotto provinciale celi il suo sembrare raffinato straniero, e nemmeno questo renderebbe giustizia all’indefinibilità del suo modo d’apparire, eppure, tanto vistosa alla fine d’un’accurata indagine, quanto inosservabile a un’occhiata superficiale, da quest’uomo trapela un’intelligenza vivace, un lampeggiamento di spirito sovente equivocabile per pazzia, una pazzia piacevole però, che sembrerebbe pura follia se ci si fermasse a considerare la semplicità del portamento sgraziato, fuggevole, evanescente, incomunicabile. Il peggio di costui, a un più attento vaglio interiore, si trasforma nel meglio e il meglio, procedendo oltre, diventa il peggio del peggio, e il peggio del peggio, non si sa come, lascia il posto ad altro ed eccoti il meglio del meglio, cosicché, a voler scandagliare la psiche demiurgica di deliri&fobie, il profondo interiore inguainato nelle difese razionali della normalità, non si caverebbe un ragno dal buco se non cortocircuitando: dapprima un ragno che poi diventa un buco che poi diviene a sua volta un ragno. Un Hitler col cuore di Gandhi nel cui fondo di cuore c’è un Al Capone il cui recondito angolo cardiaco ospita una Madre Teresa di Calcutta che a sua volta è un Hitler e insomma non comprendi se le sue azioni si producano in seno a un’idea di bene o di male, non adegua la sua bontà o la sua cattiveria secondo l’interlocutore che ha di fronte: non è buono con i buoni, malvagio coi malvagi, né buono coi malvagi o malvagio coi buoni: costui agisce come gli pare, non per comodità, capriccio, utilità, o cosa, agisce e basta.

Il ragazzo lo ascolta seduto per terra, rannicchiate le gambe al petto per potervi poggiare il capo sulle ginocchia, le parole dell’uomo insonorizzano l’ambiente attorno all’anima del giovane: ora è natura. Il fuoco borbotta una viva partecipazione, sfaccetta ombre intorno, lingue di fotoni, barbagli stroboscopici farfuglianti, trasformisti, peduncoli brillanti, glitter di clorofilla, luna, fiume, schiocchi di carta stagnola a opera di ben nutriti ratti, il tronco, osserva il tronco e…

 

  1. Il ragazzo si sorprende a percepire, suo malgrado, un’immagine interiore del suo vissuto sovrapporsi al racconto dell’uomo…

Il volto dell’uomo, l’intero aspetto psicofisico, pure il mondo intorno, è cangiante, sembiante prima l’albero, poi il tronco, la corteccia, la forma, il colore, un ovale, un volto, un mare minimo di segni, un simbolo, un colore puro, poi nero, poi il marrone, poi il rosso, poi sangue, la morte, poi un’altra cosa, poi rosa, poi carne e uomo e poi la pelle d’un serpente, il seno della donna, poi la mamma, poi si confonde al cielo, poi terra, poi tutto, poi nulla e l’uomo, in giri di frasi più lunghi, in tempi più torniti, in sospensioni di luce verbale più dilatata, guida, visibilmente sciamanico, nel trauma del reale, dietro l’irreale, nell’infrareale: il ragazzo non s’accorge che l’albero è fermo, poi sinuoso, poi deciso, poi marezzato, poi sciolto in scaglie d’oro&sangue globulare, è il suo stesso esserci a divenire altro e a non ostacolare il guizzo folle dentro la persuasione.

L’uomo persuade.

Dissuade le forme, il contesto muta, muta pure il ragazzo nella deformazione del mondo, non s’accorge che l’albero è lì, muto, immobile, incurante a ogni presa di posizione onirica dell’uomo e l’uomo, eccolo lì, a scoppiettare informe: il nome dell’oggetto è tolto e rimesso: il ragazzo si figura casa e l’uomo parla magicamente e l’albero è una casa, la casa fa dell’uomo un padre e del ragazzo un figlio, poi il ragazzo è un ribelle.

Fuggire e disobbedire, e allora l’albero è una nave di primizie su un’isola lontana e l’uomo un allettante gran Lucignolo senza preveggenza asinina, senza colpa, né vendetta, né peccato, poi il ragazzo si pente in cuor suo e allora l’uomo diventa bonario e il ragazzo un prodigo figliol_ritornante e l’albero qualcos’altro per assecondare il ragazzo, lusingare, accompagnare, finire gli atti mentali e realizzarli, adeguarlo al…

Ecco, per farla breve: l’uomo e il tutto_intorno diventano ciò che il ragazzo desidera o teme suo malgrado; e come riesce l’uomo a trasformare il mondo adeguandolo alla mente del ragazzo? E come non si capacita il ragazzo che dietro le cose c’è uno specchio moltiplicato a esplodere le dimensioni? A confondere? L’uomo vede, è lo sguardo stesso del ragazzo, ecco: è un capacissimo medium, un parto continuo di visioni, indifferenti porzioni immaginarie di reale…

 

  1. Poi il momento giusto: il ragazzo scivola con naturalezza tra verità e falsità saltando da un luogo comune all’altro, il suo corpo prima coccolato, poi strappato.

I suoi amici hanno visto lo stesso uomo in altre miliardi di forme: era un padre, poi una madre, poi un fratello, poi un nonno, una donna.

Ecco il mondo: il buon padre è un criminale pedofilo ma pure un angelo custode, poi una cattivissima madre picchia_brucia_mordicchia le braccia minuscolo del cucciolo umano,

ma è una dolcissima madonna pietosa, certo sarebbe morta, infatti morì, per mano del figlio ormai d’ossa rotte e unghie tolte vie di netto, ecco: l’uomo ha trasformato tutto, non c’è nulla di vero e di falso, nulla di nulla.

Impossibile definire quello che sembra non accadere e avviene.

Il ragazzo scopre l’inganno.

L’albero è un albero indipendente dalla mente dell’uomo, perché le cose dementi e sprovviste d’anima e sogni non puoi manipolarle, l’albero sta lì, immobile, zitto, e il nodo della corda cricchia, corsoio lieve, e ondeggia.

Sì, l’albero non mente, l’impostore galleggia, però.

Gli altri ragazzi s’oppongono, vogliono farsi abbindolare, staccare l’uomo dal pendolo ipnotico del nodo scorsoio, piangerlo, pregarlo, aspettare un altro_costui che di nuovo trasformi per loro il posto che desiderano,

omologare alberi e pianeti: il ragazzo che sa, è un bailamme d’organi gettato in pasto ai cani.

 

  1. Non c’è significante e il significato indispone dispotico.

Chi ha ragione? L’uomo impostore? Il ragazzo era o non era impostore?

Non so se i ragazzi_assassini e tumulanti l’uomo, non sappiamo se quei ragazzi, adesso: stanno ingannando, deviando il significato del termine impostore e ora impostore significhi l’opposto di ciò che volevo dire poco fa… fatto sta che qualcuno usa i vostri occhi: potreste ammazzare allegramente vostra madre senza saperlo, tagliare i testicoli a vostro fratello senza volerlo, c’è il nulla in voi e nessuna via d’entrata: siete fuori e il corpo va, agisce e voi… aspettate semplicemente la morte vostra o altrui.

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