Sciami
di Mario De Santis
…ci sono cose che restano per anni sotto il peso
di un crollo senza data. Sono un cumulo di forza
perché la casa ha vinto lasciando che la distruzione
compisse il nuovo mondo di macerie, un equilibrio
da sortilegio. Vince chi fa più vuoto alla violenza
la casa crolla e il muro non separa più dal cielo
e questo deposito di stelle
spente, ora è gloria
dimenticata che abita la terra
ma non è inganno, è solo cosa.
***
(la notte dentro)
È nel muro di calce viva la telecamera che sgrana
volti e luci in cui rifletto e vivo, in cui sconfino:
è un panorama bianco di feste all’improvviso, di bar, di frenesia
con la città d’estate che si circonda di incendi periferici.
Le conseguenze mai capite di una vita che si allontana,
come una fuga senza inseguitori, sta nella pace dei ritratti
conservati negli archivi di controllo: i visi sconosciuti,
malcerti nello sguardo, pallidi e senza febbre
lì durano per essere scordati, lì solo siamo noi.
Ed è su questo muro illuminato che mi fermo,
stretto dal suo calore postumo, la sera.
Divento anch’io di fumo e d’ombra moltiplicata,
un taglio di fotogrammi. Tutte queste vene scollegate,
come un museo di elenchi telefonici, la folla unita
in una mappa casuale che non trattiene un solo nome:
i sogni pure sono lasciati al vago ormai
e se ascolto il mio, so che è l’assurdo mormorìo
che viene dal fondo della via, dalla porta appena schiusa
dell’uscita d’emergenza.
(Christian Boltanski, “Les abonnés du téléphone”, 2000, installazione)
***
1.
per Adriano Sofri
12 (?) ottobre 1992 -2012
Per oggi aloni di ammazzati, rimasti ognuno
con la distanza scritta dentro gli occhi
disegnano misero l’oriente delle foreste nude
e i solchi ovunque in aria, a terra tra le fosse, terra
ormai superflua vista in cielo, solo sfondo tra le mani
dei colonnelli d’aeronautica; oggi soltanto piove fuoco
per oggi l’urto di pressione provocherà maltempo,
mentre la terra si ritrae
costretta nel mirino. Di là c’è la fontana
ma il pericolo sarà la grandine di piombo, il fumo delle case.
C’è un uomo con la tanica e solo la sua corsa.
Il bollettino è incerto, povero Bernacca,
ecco le tue correnti dei Balcani, nel gelo che si nega
sull’Europa, mio caro colonnello.
Domani che sarà? La febbre che si scioglie via dal corpo,
scossa di piuma soffiata, sciame di gocce immobili, domani
che sarà domani, occhio di belva, che sarà,
questa mia vita che sarà? Nella provvista d’acqua
si annuncia solo un passo, mille formiche pazze
e solo una promessa di bersaglio, che sarà.
2.
Come nulla si vede guardando nei tombini
aperti, così cade la vista verso il vuoto,
fuori-campo; sulla cartina Sarajevo è già l’oriente
muto, ma l’emergenza ha invece un suono,
del mondo-shock e inciso obliquo ha tutto
il farfallìo di piccoli bracieri, la fede in nulla
che sia lontano dalla strada e a questo brivido
si arrende; e nella piazza vuota al cielo
lo sguardo asciutto, lontano dai suoi liquidi, dal corpo,
dalle geminazioni e già-marcite
provviste quotidiane, il tempo è solo orario
e va da un’alba all’altra, uguale.
Guardo luci a intervalli e penso al viaggio
quello migliore, quello di sola andata
ma dalla fontana stavolta si ritorna.
***
( Milano piazza Gramsci )
La distanza tra me e una coppia di cinesi
è la minima innocenza che adesso chiede il mondo.
Loro che hanno fame di abitare
io invece mi perdo nella sosta, la pausa della noia.
Loro chiudono in corpo un amore senza accordi
ma con passi di precisione studiano le mappe
invece io sono immondo e illusionista
dimentico dell’afasia, dei giorni che mi aspetto;
loro al telefono cercando un posto dove stare;
ed io, che sarò quello che perdo il mio, sto via dalla mia vista.
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Poesie tratte da Sciami (Landolfi, 2015)