Amori e disamori di Nathaniel P.
di Gianni Biondillo
Adelle Waldman, Amori e disamori di Nathaniel P. , Einaudi, 2015 , 271 pag., traduzione di Vincenzo Latronico
Dopo la laurea ad Harvard, figlio della piccola borghesia di provincia, e una carriera da giovane scrittore che vive in un appartamentino scarrupato a Brooklin e si mantiene grazie agli articoli e alle recensioni che pubblica sulle riviste culturali (beato lui!), Nate ha finalmente raggiunto il punto del non ritorno che ogni intellettuale radical chic desidera nel profondo: ricevere un sostanzioso anticipo da un editore (beato lui, di nuovo!) per la pubblicazione del suo primo romanzo.
L’adolescente nerd oggi è un uomo sensibile, femminista, impegnato. Passa serate a discutere di politica e cultura con amici colti quanto lui, in locali cool, dove incontra coetanee belle e intelligenti che leggono Svevo o Bernhard.
Quello che scopriremo leggendo Amori e disamori di Nathaniel P. è che dietro tutta questa apparente umanità e sensibilità si cela un ragazzo senza nerbo, vacuo, narciso. Le origini giudee o l’esperienza dei genitori in fuga dall’Europa dell’Est sembra non abbiano lasciato nulla nello spessore umano di Nate, che pensa solo a sé o a come portarsi a letto le ragazze che conosce, evitando però di sembrare maschilista. Adelle Waldman ci racconta l’incontro di Nate con Hannah. Il loro amore nascente e lo sfiorire, nel volgere di pochi mesi, del rapporto nell’abitudine, nell’insofferenza, nell’incapacità di creare un progetto che non sia basato solo sull’apparenza o sul sesso.
Il romanzo in sé non ha un vero centro e Nate stesso, alla fine del percorso narrativo, non è cambiato di un millimetro. Sembra, in questo senso, un romanzo irrisolto. La triste verità sta nel mondo descritto, nel paesaggio umano raccontato: che noia mortale dev’essere fare l’intellettuale trendy a NYC!
(pubblicato su Cooperazione numero 14 del 30 marzo 2015)
a me piacerebbe fare l’intellettuale trendy a NYC! (ma non si diceva sgarrupato?)
o sgarruppato?
e qua mi fermerei