Auto-antologie-3. Viola Amarelli
di Viola Amarelli
campagna d’inverno
La luce di gennaio che ora è febbraio filtra le foglie
dei sempreverdi
i tronchi con i rami pazienti di vento
questa immane stanchezza di
nuvole in corsa, riepilogo di temporali,
spossa il midollo e la pelle a toccarla si secca
restano, eroi, i cani randagi e le code di uccelli
ci vorrebbe un riposo incessante
un letargo che plachi la crosta e protegga le ossa,
il latte che è inacidito l’hanno
buttato nel pozzo, gli sciocchi.
com’è
Persone con cui più nulla a vedere, liberi loro i cieli, com’è
avviene. Lasciar andare, ai lazzi sfiorando lazzari
perduti tra trippe e foie, analità di sogni come banale è
un sospiro trattenuto e poi di slancio espunto dal petto che la tisi ora risparmia
risparmierà il coltello l’uomo incappucciato, il macellaio che attento alle dita sega e
ritaglia ad arte cappelli a prete, pezzi di cannella e rosoni barocchi per le panze
laddove l’acqua manca e gli occhi appannano i deserti, così è
fresca la risata nella risaia allagata, verdi piantine, chicchi da sgranare
mala e rosari per contare tempo e mielina calma, piatta
alle navi fameliche corsari ricomparsi dai libri, pescecani, occorrerà pure mangiare
sputo e scorbuto, ostaggi e soldi per tirare avanti alla campata di ponti sbertucciati
c’erano scimmie sì snodate e buffe, vecchie cugine, zie dai peli torti,
torcia le bocche degli amanti nell’amplesso per i bambini
con i pastelli rotti lacrimando fino a sorridere alle bolle colorate
di un clown dal naso rosso raffreddato.
Collassava di torrido e stupore quel pinguino dirottato su spiagge tropicali
asino in mezzo ai suoni di ghiacci liquefatti tra vortici e turbine così è
azione atto indizio traccia, scalfisce sabbie e piogge,
enorme dirupo alla montagna, l’erosione,
daccapo, nuovamente, l’incessante, forma su forma
riposa, mia madre chiuse gli occhi dicendo ora di andare
così è come, non trattenere, sparse, macchie
di ossa ormai cristallo sfaccettato,
il tempo, una bolla ora di andare, così come il blu di prussia
avvolge nel velluto tutti i regnanti, mia imperatrice
guerriera abbandonata, così è, chiudendo gli occhi la gioia
della bambina, la bocca estenuata nei silenzi,
lontano strilla la neonata tra i leoni, spaventati.
Giacomo a Fontanelle
L’acqua e il tufo alle cave
nell’ombra delle Vergini, quelle che tutto accolgono
lumini per le offerte, preghiere di promesse,
sonde degli operai in gruppo come oranti
su nove metri d’ossa, nette di
teschi e tibie
l’anime pezzentelle scorrono senza affanno.
L’acqua sulle pareti scandisce respirando
calcare d’algoritmo, gioco sacro d’istante
quello che disperavi, tocco di solo affetto,
stretto ora insieme agli altri
corpo vivo silenzio
anonimo finalmente.
* il “Cimitero delle Fontanelle” nelle cave di tufo delle “Vergini” a Napoli, fu luogo di
sepoltura di massa sin dal 1500 e sede del culto devozionale alle “anime pezzentelle”.
Secondo un’ipotesi plausibile qui sarebbe stato in realta interrato, anonimamente, anche
il corpo di Giacomo Leopardi .
prendi un coltello
Prendi un coltello-bambina.
Attenta ai mostri. Ai lupi. Ad amici e parenti.
E sconosciuti.
Prendi le forbici – gioia.
C’è il male e c’è la pazzia.
Attenta a non incontrarli, per ora, ora che è
troppo presta.
Diventa tu folle, affonda le lame,
dentro più dentro coi denti.
C’è la paura e c’è l’orrore. Umano.
Carezza le bestie.
Tua madre ti ama.
fluxus
Il fascio in flusso sforma pensieri come papere
celiando, in gran silenzio, sembra, un segreto inesistente:
l’urlo affocato e ruvido del male
tramente giù gloglotta limpido l’accade
che ripassa, vecchio scherzo, il tempo
lascia la presa e nuota, più veloce,
come la tartaruga quando ad Achille
brontola il fiato.
(da Le nudecrude cose e altre faccende, L’arcolaio, 2011)
pater
Questo vecchio che sta per morire
dietro il vetro del tubo catodico
grigio cenere nel blu del tracciato
lontanato il pensiero e il dolore
è stato suo padre, stupito e a disagio.
Può durare a lungo, avverte il dottore
di turno, non credo – ribatte la figlia,
probabile l’unica che l’abbia mai amato –
ha sempre cercato di non dare fastidio.
e saettante
strido rime petrose
sillabe atonali degne di un’orfana sibilla
a mille a mille i giri della
mente, pure endorfine
ah, fossi buio
rifugio numinoso e saettante.
(da L’ambasciatrice , autoprodotto con Sartoria Utopia, ora in e-book, 2015)
naviga
naviga, nevica,
sul mare? aurora boreale
l’illusionismo il magico, la voglia di
da fuori molto,
tutto, normale
démoni
Nessuno mai si impadronì di me
salvo i miei demoni
oscuri e privatissimi,
le lunghe sigarette
prima, prima
prima che scoprissero
la rima.
(su “viomarelli.it”, 2015)
I – Vocazione della Pizia
L’unica volta ch’era stata al mare
bambina, il padre con l’asino,
frogi nella brina,
vento di sale e turchese a chiazze lo stupore
immenso, pari al cuore senza linea,
il sole di rincorsa nuvole e spuma
ballerina,
nel balzo il muso e pinna cresta all’onda
Febo delfinio, all’unisono apertura
d’istinto scelta, l’aria nitore cristallino.
Un pesce e una bambina
scesa da collina
dove il salmastro s’addolciva a olivo,
gaudiosi l’uno all’altro fuori dal tempio
era – è – mattina.
(da Notizie dalla Pizia Lietocolle, 2009)
la candida, l’intatta
Cuore bambino dove
la briciola diventa meraviglia
e l’orco resta ucciso grasso
e sciocco
la candida, l’intatta
noncuranza.
terragna
Movendo, metamorfosi di muta,
serpe terragna fra pietre e polvere
la cerca di
gradienti verde.
Tutto dovrebbe essere
alberi ed erbe.
(da L’ambasciatrice, cit.)
glosse
Lunghissimo e prolissimo quel metro d’indicibile
dubbioso d’ineffabile non trova mai
l’a capo.
Breve. Bene, elimina il superfluo:
l’io e il verso.
—
Sono tre gatti, nessuno li ascolta
pure si azzuffano come dannati.
Non fate caso, nulla di grave,
solo poeti, ovviamente italiani.
—
Recensioni:
-“dio quanto sei bravo”
-“grazie, sapessi tu”
(da Le nudecrude cose, cit)
notarelle
Chiedono che ne pensi di uno, come tanti,
uno che già è famoso, gentile, diaristico.
Uno che va a capo.
—
L’alfabetizzazione – di massa – comporta
che tutti i logorroici ora siano grafomani.
—
Spacciano; altro aduso adatto setaccio: noi si tu no
appoltigliano in mixer. mode d’emploi.
feticcio la ricetta.
—
Sfortuna. Non sono andata a letto con Verlaine.
melassa per formicole*
queste
scialbe
pallide
arrese
respirazioni artificiose
*verso di Jolanda Insana
# poeti
tutti questi esseri luminosi, puntiformi, umbratili, lievi, sfioranti,
carezzevoli costantemente volti ai propri affari
io scrivo te
io scrivo te che prefazi me che pubblico il tuo amico che plaude i miei
interventi critici che insieme organizziamo algidi evenenziali ostensioni
di tosti testi nostri diffondendo asemantiche endovene, sintassi
scarrupate, lacerti necrofori. Amen.
(da L’ambasciatrice, cit.)
fermo posta
poi,
poi non arrivò mai a nessuna parte:
un piccolo codazzo di
discepoli, qualche lettura, un libro,
inferno-fermo posta
(su viomarelli.it, cit)
metafisiche
metafisicizzando
la trascendenza un blu scuro luminoso
l’immanenza un grigio perla chiaro
senza più un granello di polvere,
comunque.
tre cose
tre cose mai capite:
me, la matematica e gli umani
(da L’ambasciatrice, cit.)
sull’orlo della fine
Sull’orlo della fine la pioggia fitta sottile, le tre del pomeriggio la
domenica nell’aria grigia e umida, l’acqua
che scorre
silenziosa su cianfrusaglie stese su stracci di un
mercatino d’usato, improvvisato, scolora plastica
e scarpe e maglioni già
fossili ora petrolio. In un silenzio clamoroso scivolano
ragazzi neri, vecchie badanti dai capelli tinti masticano
panini, chi
baderà loro, i ragazzi neri scivolano tra buche e
cedimenti, l’acqua che stinge, infreddoliti in cappotti,
giacche a vento
sciarpe nere e grigie e bianche, nessuno di loro con un
ombrello. Una luce purissima traslucida scandisce ogni
dettaglio,
lo dilata sull’orlo della fine la piazza enorme, cantiere
eterno già caduto a pezzi, cammini su basalto, passi
sull’asfalto roso
da ruote e acqua, freddo d’umido. Tra un po’ – quando –
non ci saremo più, noi, la pioggia, la piazza enfia e
ansimante, gli
esseri umani tutti, tra un po’, non tanto. Sta attento a non
bagnarsi le scarpe, slalom e rally, attento alle auto, ai
vecchi
travestiti da nipoti, alle vecchie spedite a morire affianco
ad altri vecchi, sta attento ai ragazzi ninja spaesati senza
sole, qui, che ci sarebbe, ma devi pensarci, il mare, tra
un poco scoppia, lo sente, tutto e giustamente. Non più
occhi né
gambe, né idee né pozze né fiati. Niente di niente, per
noi, tutti, ovviamente. Meglio così, ci sarà qualcosa
d’altro e chi
dice che non sia meglio. Arriva quasi alla fermata, di
fronte alla stazione, non c’è mare non c’è sole solo acqua
incolore,
sta per salire sul pullman, quando inciampa inzuppa
infradicia le scarpe, gomma e pelle, il piede la sua pelle,
come accade,
frequente, quando pensi che sia finito e tu, almeno, in
salvo e allenti la tensione e sei finito. Un pezzo di strada
e di
giornata. Una vita di viaggi. Sull’orlo della fine, degli
umani. Peccato, resta sospesa l’aria, non che non possa,
non deve
farci niente.
(da Le nudecrude cose, cit)
orifiamma
Ora che il giglio più non segna i giorni
e l’ombra dello sguardo nella notte
è come quel portone chiuso alle spalle,
ora frantuma la linea del crinale,
la piazza vuota, la notte di cristallo
( da La deriva del continente, Transeuropa, 2014)
innominata
sordida morte, re
pellente, ti ho amato
(da viomarelli.it, cit)
recherche
Io ho questa lingua, ereditata. La torco, la smonto la brucio. Rimbalza,
reingoia, la lingua già amara. La spezzo, si spezza, paterna, conata. il
mondo è parole, a cambiarle, il mondo si cambia. Una rosa è una rosa è
una rosa. roseggia. L’ortica orticheggia. e risana.
(da L’ambasciatrice, cit.)
polvere
le parole sono pietre.
tu scheggiale
fino a che non diventano sabbia, polvere.
fine.
(da viomarelli.it, cit)
“ Non si sviluppa tempo nel tempo della poesia. La poesia resta ferma” (Corrado Costa)
La poesia può essere uno strumento del/sul linguaggio estremamente preciso e affilato, il che le consente di arrivare veloce come freccia al nucleo di un logos. Brodskij la riteneva, giustamente, un “corto circuito” cerebrale, che la rende, quindi, un potente mezzo euristico per indagare, e, come ogni espressione artistica, una forma di conoscenza. Noi lavoriamo con una lingua ereditata, su un palcoscenico già allestito da millenni: proviamo a piegare le parole ma molto probabilmente sono loro che piegano noi in un flusso bidirezionale.. Ci illudiamo di dar voce – o sguardo – a un picciolo, a un incubo, a un progetto, in realtà i versi sono immersi in un processo che si schiarisce, o complica, nel formarli e le forme si rivelano innumeri. Da questo punto di vista sono polifonica, la monodia di ascendenza petrarchesca non mi ha mai molto interessato e indubbiamente l’imprinting infantile di filastrocche si è coniugato alle letture di Marco Valerio Marziale e al futurismo russo e poi a Caproni e Porta. La scrittura è una spugna: quello che hai, ridai, per questo ogni poesia è sempre dannatamente, anche nolente, politica. (Viola Amarelli)
Nota
I testi che precedono sono tratti da varie pubblicazioni e seguono un disordine che vorrebbe dar conto delle varie forme che provano e scoloriscono, sono mere esemplificazioni di lavoro e non rientrano in una qualsivoglia tassonomia di maggiore efficacia o qualità. (V.A.)
Viola Amarelli, campana, ha esordito con la raccolta di poesie Fuorigioco (Joker, 2007), seguita dal monologo Morgana, (e-book, 2008 ), dal poemetto Notizie dalla Pizia (Lietocolle, 2009), Le nudecrude cose e altre faccende (L’arcolaio, 2011), dai racconti di Cartografie (Zona, 2013), L’ambasciatrice (autoprodotto con Sartoria Utopia, ora in e-book. 2015) e, in veste di co-autrice, La deriva del continente (Transeuropa, 2014) e La disarmata (CFR, 2014). E’ presente in numerose antologie, riviste cartacee e on line, è stata tradotta in Germania.
[ Auto-antologie prosegue con Viola Amarelli e il suo percorso poetico. Appartengono alla stessa rubrica gli spazi dedicati a Francesco Tomada , a Vincenzo Frungillo e a Francesco Filìa . Sul lavoro di Viola Amarelli è possibile leggere un mio intervento qui.
L’idea di curare delle micro-auto-antologie risponde al desiderio di tratteggiare una direzione, un possibile senso -anche solo accennato-del percorso di autori che hanno raggiunto, a mio avviso, una prima maturità letteraria. L’autore è invitato a guardarsi indietro e a ricostruire emblematicamente le fasi del suo lavoro, proponendo a tal fine anche una pagina di auto-presentazione e una scheda bio-bibliografica. Nel flusso incessante spesso vitale ma anche caotico della rete credo che siano utili dei momenti come questo di coagulo, di rallentamento.
Continuo in altra forma il lavoro iniziato con la rivista on line Poesia da fare (2005-2007) insistendo ancora sul rallentamento e sulla sedimentazione. Gli autori che invito ad auto-antologizzarsi sono poeti che, per il mio gusto, illuminano , da particolarissime prospettive, il nostro tempo, individuando, spesso con spietatezza, i rapporti di potere nei quali siamo invischiati o quelle semplici evidenze esistenziali che si tendono a rimuovere.
Qui il lavoro sul linguaggio poetico non è fine a se stesso ma è teso a rendere più efficace la configurazione intensa di un’esperienza umana ed estetica radicata in realtà per lo più condivise, comuni. Questo è anche ciò che intendo, almeno ora e provvisoriamente, per “poesia di ricerca”.
In un’epoca in cui sembra che le soggettività reali perdano sempre più la possibilità (e anche il sogno) di decidere del proprio destino, in una generalizzata precarietà e ricattabilità, l’espressione poetica pare moltiplicarsi, anche grazie alla rete, e offrirsi come un luogo speciale di pensiero, di creazione e di relativa socializzazione.
Moltissimi scrivono ciò che ritengono in buona fede “poesia” e la “postano” anche per questo, cercando e spesso trovando il consenso e la reazione dei propri “amici” di rete.
La valutazione dei risultati estetici poi dipende ovviamente dal gusto, dalle esperienze e dagli orientamenti culturali del lettore. B.C.]
a me piace tanto dove spezza tutto – o rimane sospesa
a me piace tanto e punto :)
a me Le nudecrude cose ha detto tante verità che intuivo senza riuscire a dare loro ordine. In un certo senso quel libro copertinaverdeacqua mi ha fatto trovare una chiave di lettura, non alla letteratura, ma al dolore, alla gioia, alla vita.
Condivido l’apprezzamento di chi mi precede nei commenti, gran bella poesia quella di Viola!
V.A. è una fortuna non solo che ci sia e ti parli e ti sorrida, è una fortuna anche che scriva poesia. che non solo è molteplice nei registri e polifonica ed disfonica q.b.: è poesia di voce che fuoriesce da bocca che sbrana i cretini.
sull’orlo della fine fuoriuscite, siate gentili (amelia-amelia).