Pauli e la psiche #2
Come ricordavo qui, fin dalla fondazione nel 1948 del C.G. Jung Institut a Zurigo, il grande fisico Wolfgang Pauli, per espresso volere di Jung, ne fu il garante scientifico, la persona cioè che doveva assicurarsi e assicurare nel tempo che la prassi seguita nell’Istituto avesse caratteristiche conformi a quella che veniva comunemente considerata la prassi scientifica; naturalmente, diremmo noi col senno di poi, con tutta l’incertezza legata a questa solo apparentemente rigorosa espressione.
Come s’è detto, negli anni successivi lo scontento di Pauli crebbe fino a quando, il 22 luglio del 1956, non riuscì più a star zitto e scrisse a Carl Alfred Meier, direttore dell’Institut (nella foto) dalla fondazione al 1957 quando si dimise. Ecco a voi il seguito della lettera che ho pubblicato il 28 novembre scorso.
«Un secondo problema più particolare è legato a questo. C.G. Jung ha nei suoi scritti ripetutamente posto l’esigenza che il medico stesso debba sottoporsi all’analisi. Dunque chiedo un ulteriore chiarimento su quali misure l’Istituto C.G. Jung intenda prendere per garantire il soddisfacimento di questa richiesta per tutti i suoi membri (presidente compreso), dato che il prof. Jung, che gode nella sua vecchiaia di un meritato riposo, non può egli stesso assolvere questa funzione.
A questo proposito vorrei suggerire che la risposta diventata ormai stereotipo degli analisti “non mi viene in mente niente a questo proposito” va a sua volta analizzata, negli analisti, nel senso degli stessi metodi diagnostici mediante gli esperimenti di associazione di C.G. Jung. Ciò condurrebbe a sorprendenti scoperte sugli analisti e sul loro stato psichico e farebbe anche sì che questa troppo comoda risposta sarebbe meno frequentemente data da questi signori e da queste signore.
Potrei facilmente estendere questo memorandum fino a farne un trattato più lungo, ma mi aspetto che nessuno avrebbe il tempo di leggerlo.
Richiedo che Lei, signor Presidente, porti a conoscenza di tutti i membri del Curatorium questo scritto in quanto espressione di sfiducia del garante scientifico dell’Istituto C.G. Jung rispetto alla conduzione dello stesso, e mi aspetto una risposta ufficiale circa all’inizio del semestre invernale.Con distinta stima
[firmato] W. Pauli
Verso la fine di luglio Pauli si reca da Jung nella sua “torre” a Bollingen, insieme con Meier; quello che sappiamo di questa visita è contenuto nell’ultimo capoverso di una lettera del 10 agosto, sempre 1956, di Pauli a Markus Fierz, che era stato suo assistente nella seconda metà degli anni ’30, e poi sempre fedele amico. Così si esprime Pauli:
«Di Bollingen stavolta non ho un piacevole ricordo, ci sono andato a luglio insieme con C.A. Meier (il nostro primo incontro nel 1956); l’atmosfera era opprimente e lui mi sembrava pieno di sé e pieno di ostilità nei confronti miei e anche della psicologia. Dopo questo incubo mi è sorto il vivo desiderio di rinunciare al mio ruolo di garante dell’Institut.»
Dopodiché, sempre più convinto della sua decisione – ne accenna ad Aniela Jaffé, la segretaria di Jung con la quale Pauli aveva ottimi rapporti – scrive, il 22 agosto, una lettera ufficiale a Meier, dal quale richiede una risposta ufficiale con espressioni molto dure tipo: «la rottura è là e non c’è più modo di rattopparla». In particolare chiede che il Curatorium si riunisca ed esamini la questione.
Ma poi i fatti si svolgono in modo meno drastico: Il Curatorium, l’organo responsabile della conduzione dell’Istituto, rimanda per qualche mese la cosa, ma alla fine si decide a indire una riunione cui viene invitato lo stesso Pauli, il 31 gennaio 1957. Di questa riunione abbiamo una vivace descrizione da parte dello stesso Pauli, che ne scrive piuttosto allegramente in una lettera alla Jaffé del 25 febbraio 1957; ecco la parte che riguarda l’incontro:
«. . . vi andai completamente impreparato, improvvisai liberamente e più volte interruppi, rivolgendogli domande, il silenzio di C.A. Meier (che durante tutta la riunione stava seduto in fondo imbronciato e silenzioso). [. . .] Ero di buon’umore e facevo continuamente battute (di solito a spese degli psicoterapeuti). Il signor Baumann-Jung [all’epoca vicepresidente dell’Istituto] presiedeva la riunione e cominciò dicendomi: «Non la lascerò andar via», al che prontamente replicai: «Lei parla come Sarastro: “Zur Liebe will ich dich nicht zwingen,/ Doch geb’ ich dir die Freiheit nicht» [“Io non ti voglio costringere all’amore / Tuttavia non ti concedo la libertà.”, Flauto Magico, atto II, sc. 19]. Tutti (tranne Meier) risero (e anch’io) e si creò un clima amichevole. Palesemente il mio rapporto personale con C.A. Meier non esprimeva più la mia relazione con la psicologia analitica».
La lettera, intesa dichiaratamente a divertire la Jaffé, prosegue in tono abbastanza possibilista. Non risulta che Pauli si dimettesse formalmente, fino alla morte, prematuramente avvenuta nel dicembre 1958.
I commenti a questo post sono chiusi
https://www.facebook.com/isakborg/posts/10206704696649419
C’è molto da apprendere. In attesa del #3. Grazie Sparz.