Essendo il dentro un fuori infinito #7
di Mariasole Ariot
“La diffusa credenza che kangaroo significasse “non capisco”, risposta nella lingua aborigena a una domanda posta in inglese, è soltanto una leggenda”
Roberto grande piede è un canguro. Macropodidae. La testa inclinata a est, la sacca marsupiale per i nuovi ospiti, i passi falcati, lenti se necessario, un salto dalla finestra quando è troppo. In ordine sparso appaiono tre rivelazioni notturne, le bussa al campo della mia porta, il tempo è caldo :
figliare tre parti
figliare tre parti plurigemellari
non figliare
Roberto dalla spina di pesce sul collo dice il Requiem di Mozart – prego, sissignore, un requiem per la testa, datemi una spina e una valvola di sfogo, Roberto non piange mai, Roberto ride se marcato a forza, Roberto sbatte le porte, vive tre volte da ventisei anni. E’ fuggito per tornare a casa – ma dov’è la casa, madre, dove un luogo che faccia copertura, dove un tetto, dove i muri?
Dove. A secco, i muri alti limitano ingressi ed uscite ma non bordano. Roberto dice : participio passato del verbo sentire, o forse imperfetto. Ora non sento più niente.
Diagnosi : domande infantili. Roberto ha la testa inclinata distonicamente, un’offesa dei farmaci, la sua controffensiva è la risata. Atterra il cranio verso il tavolo, cadono pezzi di cibo, azzanna il cucchiaio, Roberto è perduto è dice andremo, parleremo al futuro, scriverò a mio fratello.
Caro G.,
la casa di mamma è grande ma può ospitarmi. Ora che non c’è più una madre, io non sarò più figlio. Perché è morta? Posso essere un uomo come sei tu, uomo, essere umano senza essere, posso mangiare un gelato al bar all’angolo? Ho comprato gli spartiti di Mozart: suonavo il minuetto e sono sempre stato una frana. Qui una donna parla coi gatti, i gatti le rispondono. Dice dicano il vero del silenzio, la voce della muraglia, dice siano collegati coi computer del colle e la cucina : conoscono il menù dei pasti in anticipo.
Toglieranno le cabine telefoniche, l’ho letto sul giornale, G. Brutte notizie. Come si usano i nuovi dispositivi, G.?
Perdonami. Ho un cuore che non sente più, due gambe morte che continuano a saltare. Chiamami quando puoi, vieni a trovarmi. Posso chiedere una visita? Posso essere uomo se sono un bambino? Posso fare la patente se esco? Posso dire al parroco di andare a farsi fottere? E’ un peccato, lo so. Fratello che passi e senza requiem, parlami di macchinari a luci rosse. Qui tutto è cieco. Vengo da quindici milioni di anni fa.
Posso fare una domanda? Posso ancora una domanda?
Roberto ha un sogno incastrato nell’occhio cisposo, s’intravede sfregandolo con la spugnetta verde, grattando fino all’osso. Un liquido trasparente attraversa la sua mano e urla e non si crede e credono se non crede, e non piange, Roberto non piange mai.
Al Castello si avvicina di nascosto, prende l’ascia dalla parte opposta, cade una mano come cadono foglie. E’ autunno e mancano marsupi per i figli, i farmaci uccidono il verbo che collega sinapsi a sinapsi, pensare, timpano a timpano, udire, tutto si trasforma in visione. Roberto ha due monconi per dispiacere, per aver chiesto un tramezzino di troppo, per aver domandato, per aver posto. Per aver chiesto un posto.
Ossigenarsi fino al midollo è una catastrofe : cadere da un pozzo e continuare la caduta, diventare la caduta per errore, balordo di polvere.
Madre, la mia testa è una zona marsupiale, un nido di piccole creature mai nate, si aggrappano alle mammelle, alle costole, spingono per avere un respiro, affondano sulle budella, suggono. Ho una testa piena zeppa di cadaverini in divenire, una scarsa funzionalità della placenta.
Roberto inclina la testa a est, dice la terapia del movimento, dice la rabbia, dice la nebbia, dice le foglie che inciampano i bambini, dici la sabbia, dice le corse sui crampi, dice la testa, dice la rabbia, dice le grondaie piene di sangue, dice non dire, dice l’infante, dice il marsupio, dice luoghi d’origine e non origine, dice la nebbia, dice la rabbia, dice la nicchia ecologica mai avuta, dice il Mesozoico, dice le migrazioni, dice la testa inclinata ad ovest, dice la difficoltà del dire, il rallentato, Roberto l’uomo dai piedi giganti, l’uomo dei due tempi, Roberto che mastica coi denti innaffiati di involuzione, Roberto che ride, Roberto che non muove, Roberto che chiede : posso ancora una domanda?
Diagnosi : reparto infantile. Non c’è patente di guida, madre, non c’è una storia, ci sono le cadute, le centocinquanta cadute, centocinquanta cicale che fremono il giorno, disturbano il presente, Roberto che dice l’assenza, Roberto che cade, Roberto che è sempre caduto. Marsupiale, distonico, macropodidae.
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Bellissimo, doloroso e vero come tutti i precedenti capitoli. Spero che un giorno possano trovare corpo unico in una raccolta