Giovanna Marmo da “Oltre i titoli di coda”
Il palco destinato
Sono qui e sono armata.
Gli elicotteri sbucano dall’oscurità, lampi di luce
squarciano la scena, ma voi non potete vedermi
bene, l’ombra mi copre il viso.
Sono ricoperta di peli bagnati
e alghe umide, odoro di animale imbalsamato.
Le crepe si allargano mentre il vapore filtra.
I cani urlano. limite della terra cede,
la superficie brilla. Le corsie sono lunghe,
fosforescenti e i numeri crescono
nel mio cervello. Non trovano più spazio.
Non conosco i vostri nomi e non voglio vedere
i vostri volti. Siete molecole pesanti
nell’universo vuoto. Inutile affaticarsi,
qui non c’è posto dove sedersi.
I resti dei corpi saranno ritrovati in un campo fumoso.
Le bolle umide non si staccano dal recinto.
Mi è stato destinato il perimetro che delimita il palco.
Non so chi mi stia guardando,
mi prende una specie di vertigine.
La platea è buia. Sono accesi i fanali dell’orchestra.
Ha smesso di piovere, le sentinelle sono immobili.
Lo spettacolo sta per incominciare.
È impossibile staccare lo sguardo.
Rumore di unghie
Il pubblico prende posto. Da questo momento
può iniziare a guardare, ma senza muoversi:
l’infezione potrebbe diffondersi.
Rumore di unghie. Il sipario
scavato nella pelle si apre.
Ciò che si sta svolgendo è un ostacolo,
ha una voce distorta,
sta perdendo il significato delle parole.
Ripete un suono remoto.
Suono di interferenze.
Inchiodato nella parte più buia, un polmone
respira, si gonfia, ingoia l’aria. Un laccio
emostatico unisce le linee di fuga del linguaggio.
In alto, sopra le poltrone della platea, le grate
di ferro si abbassano. Sotto, il terreno è soffice,
si lascia dissodare con agilità.
Tutto si è consumato senza gocce di sangue.
Ma il sipario non si chiude.
Punto di origine
In primo piano mi appaiono fiale
tappate con il cotone. Al di là del sipario
intravedo una presenza.
Non so perché l’ho fatto. Un gesto
che non termina, ma neanche descrive
il divenire. Un gesto in sé contenitore
di tutte le possibilità, che raccoglie
la mia carne. Un assassinio.
Sul muro uno schedario e ancora fiale tappate
con il cotone. Intorno a lei, sul palco, tutti erano calmi.
Dopo avere osservato gli attori,
girò la sedia a rotelle e tornò nel suo camerino.
Lo sguardo vuoto si perse
tra i riflessi dorati del tavolo.
Al di là del sipario c’è sempre una presenza.
Sembra urlare,ma non si sente niente.
Forse è solo suggestione,
qualcosa continua senza il pubblico.
Primi versi
Abitiamo da sempre il nero della scena.
Le zone dell’agire non si comprendono.
A che punto siamo dello spettacolo?
Cellule che si distruggono e si aggregano.
Le sedie accolgono con fatica i nostri corpi
invadenti, ma ognuno di noi è un posto vuoto.
La carne del linguaggio è l’abito più usuale,
denso e trasparente.
Sullo schermo si proiettano solo memorie,
la prima e l’ultima immagine coincidono.
Una lamina impiccata sul vuoto gira su di sé.
La luce nella camera di ferro si abbassa,
la porta è troppo piccola per essere umana.
Note
I testi fanno parte di “Oltre i titoli di coda”, in uscita presso l’editore Aragno.
Giovanna Marmo ha pubblicato: Poesie (Studiozeta, 1998), Fata morta (Edizioni d’if, 2006), Occhio da cui tutto ride (No Reply, 2009), La testa capovolta (Edizioni d’if 2012) e il cd audio Sex in Legoland (Derive Approdi, 2002). È presente in antologie e riviste tra cui Verso, l’immagine. (Fondazione Baruchello, 2004), Sette poeti italiani (Oédipus, 2005), Veus paralleles (Rema 12, 2007), Poesie dalla fine del mondo (Derive Approdi 2007), La fisica delle cose. Dieci riscritture da Lucrezio (Perrone 2011), “Sewanee Theological Review”, “Italies n.13. Parcours poétiques au féminin”, “Chicago Rewiew”, “il Verri”,“Semicerchio”, “Atti impuri”, “alfabeta2”. Tradotta in francese, inglese, catalano, russo, serbo. Nel 2005 ha vinto il premio Delfini.