les nouveaux réalistes : Milo Busanelli

All’orizzonte

di

Milo Busanelli

Opera di Claude Lazar
Opera di Claude Lazar

All’imbarco nessun problema, durante il volo neanche, poi lei scopre di aver dimenticato la guida. Lui non si scompone: rimarranno tutto il tempo sull’isola, sempre nello stesso resort, al più cambiando spiaggia. La guida è inutile.

Usciti dall’aeroporto vedono gli altri turisti che salgono sui taxi, contrattano con i tuk-tuk, partono a piedi anche se a portata di sguardo non c’è nulla, solo terra, piante tropicali, una striscia d’asfalto, niente sabbia, niente mare, i vestiti che si appiccicano alla pelle per il caldo umido, un ronzio d’insetti senza insetti, la stanchezza del viaggio e dei giorni precedenti, fatti di preparativi e lavoro straordinario per tornare col minor carico di arretrati possibile.

Si aspettano un cartello con il loro nome, ma non ci sono cartelli. Lui controlla più volte l’orologio, allora lei chiede informazioni a quelli che sembrano saperla lunga, fa qualche gesto in aria per spiegarsi meglio, ma loro scuotono la testa.

Poi sbuca un omino che li conduce a una jeep malridotta ma lavata di fresco e ai rimbrotti del cliente risponde che c’è stato qualche problema. Lui chiede quale, ma l’altro è concentrato a evitare le buche. Allora commenta che come inizio lascia a desiderare, ma lo fa nella propria lingua.

Il resort è come se l’aspettavano, se possibile anche meglio, ma lui si lamenta di una macchia sul tappeto. Una cosa è chiara: non vogliono tornare più stanchi di quando sono partiti. Poi vogliono tornare abbronzati e con qualcosa di esotico da raccontare.

A pranzo ci sono diversi tavoli vuoti, eppure credevano fosse tutto esaurito. Un cameriere biascica che qualcuno preferisce mangiar fuori. Il pesce, comunque, è ottimo, ma per sicurezza si fanno portare un’altra bottiglia d’acqua perché il tappo non sembra sigillato. Anche la seconda bottiglia ha lo stesso problema, allora bevono il vino d’importazione.

Dopo una pausa per la digestione si dirigono alla spiaggia privata. La giornata è soleggiata, le nubi sono poche e rompono la monotonia del cielo. La sabbia è bianca, finissima, morbida al tatto. Riconoscono alcune persone che hanno visto a pranzo, persone che sono lì per rilassarsi.

Si coprono di crema solare, quindi si lasciano andare. Ogni tanto passa qualche inserviente che senza disturbare raccoglie gli ordini. Chiedono da bere un paio di volte, guardano il mare, ma per fare il bagno aspettano domani. Il sole non è ancora sceso che qualcuno se ne va e dopo un po’ spariscono anche gli altri. Nel giro di mezz’ora la spiaggia è deserta.

La cena è molto simile al pranzo, ma con portate diverse. Non è male avere lo stesso tavolo; gli risparmiano la fatica di scegliere. Alla seconda portata una coppia poco lontana comincia a litigare, ma in un’altra lingua. Lui spera che qualcuno intervenga per farli smettere oppure li consigli di continuare in camera, poi pensa che potrebbe essere di fianco alla loro. Anche gli altri commensali sembrano infastiditi, ma nessuno fa niente, nemmeno i camerieri. La coppia smette di vociare e continua a mangiare in silenzio.

Tornando verso la stanza incrociano un tizio che li saluta e chiede per quanto tempo intendono fermarsi. Lui risponde di malavoglia. A lei sembra carino ricambiare con la stessa domanda. L’estraneo è lì da una settimana e dovrebbe restare un mese, ma se ne andrà tra due giorni. Lui chiede perché. L’altro risponde che è il primo volo disponibile. Lei vorrebbe fare altre domande, ma lui dice che sono un po’ stanchi.

La notte passa senza fastidi, finché si sveglia per una zanzara. Setaccia la stanza e la sveglia. Con quello che hanno pagato, inizia a dire, poi torna a letto, ma poco dopo la sente di nuovo. Lei sbuffa, non ci possono essere zanzare con l’aria condizionata. Lui dice di non trattarlo da stupido, la zanzara c’è, l’ha sentita durante il sonno e da sveglio. Ma non l’ha vista. Altrimenti l’avrebbe uccisa. Dopo un po’ qualcuno bussa con forza alla parete, allora si alzano per fare colazione, ma è troppo presto.

Quando scendono in spiaggia si accorgono che è meno frequentata del giorno prima, ma poco importa. Entrano in acqua, lei propone di fare snorkeling, ma per lui è meglio aspettare, se fanno tutto subito rischiano di stancarsi. Centellinano le bracciate nel mare basso, calmo e limpido che hanno già visto in foto, solo che in foto era più trasparente.

Una volta usciti l’aria si è rinfrescata. Stanno tutto il giorno al sole, ma nel pomeriggio lei entra per prendere qualcosa da leggere. Mentre cerca in valigia nota la zanzara sopra la testiera del letto. La schiaccia con i sandali, pulisce la macchia, poi esce.

Lui non c’è più, forse è andato in bagno. Dopo qualche minuto lo cerca. Gira la spiaggia, torna dentro, chiede se l’hanno visto, alla fine lo trova sdraiato dov’era. Comincia a leggere, ma si annoia. Controlla se è possibile connettersi alla rete, ma sono troppo lontani. Dovrebbe rientrare, ma le sembra stupido, allora ferma un inserviente e domanda se hanno i giornali. Quello chiede in quale lingua. Lei risponde e l’altro scuote la testa. Allora chiede cos’hanno. Il ragazzo snocciola un elenco e lei lo lascia andare.

Realizza di essersi addormentata quando sente una goccia sulla coscia. Controlla il cielo: le nuvole sono lontane, il mare è distante, lui sta dormendo. Eppure la goccia c’è, ma tra poco sarà asciutta; se lo raccontasse non le crederebbe nessuno. Uno scherzo, certo, cos’altro potrebbe essere.

A cena c’è qualche tavolo vuoto in più e qualche cameriere di troppo, ma il cibo è sempre buono. Lei chiede se ci sono altri ristoranti in zona. Lui commenta che non lo sa, a quello serve la guida. Lei si trattiene dal rispondere, prova a collegarsi di nuovo, ma non c’è rete. La signora del tavolo accanto dice che manca da quella mattina e nessuno sa il perché. Lui sbotta che non ha intenzione di perdere tempo su internet, lo usa per lavoro e nel tempo libero, l’ha usato per venire qua, ora vuole rilassarsi. Potrebbero almeno capire cosa sta succedendo, fa lei, ma per lui non sta succedendo nulla, sono in vacanza e basta.

Dopo il dessert pensa che con tutte queste disdette avranno un’altra camera libera. La ottiene, sembra uguale alla prima, ma il tappeto è intonso. Traslocano, poi lei propone di uscire, lui chiede perché, lei non sa rispondere, poi ammette che ha voglia di fare due passi. Lui scuote le spalle.

Si aggira da sola per i corridoi senza sapere dove andare, le porte sono chiuse, poi si ferma al bar. Le luci volteggiano sulla pista, ma nessuno muove un passo. Ogni tanto una mano porta il bicchiere alla bocca. Lei sceglie un tavolino; due signori vestiti da giovani la raggiungono.

Che senso ha una vacanza senza divertimento, dicono. Lei cerca una scusa qualsiasi per andarsene. Uno di loro chiede se quell’uomo è suo marito e lei risponde di sì, qualcosa del genere. L’altro trattiene una risata e il primo le scrive il numero della loro camera. Se avete bisogno di qualcosa, dice. Lei ringrazia, ma sono a posto, allora quello fa presente che manca l’ingrediente principale, così, nel caso si annoiassero, sanno dove trovarli.

Tornata in camera racconta tutto, ma lui non capisce dove vuole andare a parare, infine lo chiede e lei non sa rispondere. Si sdraiano e aspettano di addormentarsi, ma restano svegli.

Il giorno dopo anche il personale è diminuito. Tutta quella servitù in piedi mi dava noia, commenta lui. Lei vorrebbe dire la sua, invece propone di cambiare spiaggia. Chiede se vuole fare snorkeling. Sì, ma preferisce farlo da un’altra parte. E se viene a piovere? Lei guarda il cielo e riconosce che è nuvolo, ma non al punto da temere un acquazzone, anche se nella guida c’è scritto, lo ricorda bene, che il tempo può cambiare senza preavviso.

Alla fine fa snorkeling al largo della solita spiaggia. Avvista un paio di pesci, ma non sa come chiamarli. Si chiede quali pesci conosce, li elenca, ma si ferma subito. Chissà se c’è un istruttore anche per questo. Sbatacchia le pinne per un po’, poi capisce di non essere allenata e torna sulla terraferma. Quando lui la vede smette di parlare e torna a sdraiarsi.

Restano così, poi lei chiede chi era. Una che lavora al resort. Fanno lavorare anche le ragazzine, domanda lei, ma non è una domanda. Lui scuote le spalle; per quel che ne sa potrebbe essere maggiorenne. Una cosa è certa: con questo sole la crema non serve.

Dopo essere rientrati in camera escono subito, lui di fretta, lei dietro. Alla reception non c’è nessuno; lui suona il campanello più volte. Dopo un po’ arriva un tale, ma non è quello degli altri giorni e non conosce la lingua. Quando riescono a farsi capire quello dice che provvederà o almeno sperano. Con quel che pagano è assurdo che non abbiano cambiato la carta igienica.

Viene l’ora di cena e lei chiede di scambiarsi i posti; non vuole dare le spalle alla sala. In ogni caso non c’è molto da vedere: i pochi che rimangono si guardano intorno alla ricerca di quelli che mancano e ogni tanto incrociano gli occhi. Lui alza e abbassa la forchetta, anche se è usanza mangiare col cucchiaio.

Tornati in camera trovano la carta igienica, ma l’aria condizionata non funziona. Lui è pronto per tornare all’attacco, ma secondo lei basta lasciare la finestra aperta. E le zanzare? Lei indica la zanzariera. Lui si avvicina per verificare che non ci siano buchi. Alla fine si sdraiano perché sono stanchi.

La mattina dopo si alzano più tardi del solito e si preparano a rilento. Lui chiede com’è lo snorkeling, lei risponde che preferirebbe un’altra spiaggia. La guida ne indica una, ma non ricorda quale.

Usciti dalla stanza fanno tutta la strada che li separa dalla colazione senza incontrare nessuno e una volta arrivati non c’è nemmeno la colazione. Anche in cucina non c’è niente e alla reception hanno tolto il campanello. Lui urla qualcosa, ma si sente solo il riverbero, allora corre fuori mentre lei cerca di calmarlo, in fondo non ha fame. Io invece sì, grida.

Fuori è tutto come al solito: il porticato, le piscine, il campo da gioco, la spiaggia, solo più vuoti. Gli ombrelloni ondeggiano per il vento e qualche sdraio è rovesciata. Lui si getta là in mezzo, la sabbia che si solleva e viene spazzata via. Poi lei vede una nuvola nera che si avvicina.

Allora lo capisce, quel che sta per accadere.

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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