ditemi dov’è morta la giacca
di Giacomo Sartori
avevo anch’io una giacca
nera con il collo cinese
sento ancora l’odore di treno
sul burro del velluto
le notti diafane di neve
dove sarà andata adesso
io non butto mai niente
deus in adiutorium meum intende
pure la mia aveva asole
e alamari di filo intrecciato
e due tasche quadrate sui lati
l’aveva portata dalla Cina
la madonna col capezzolo doppio
e gli occhi affranti di cane
(alias la mia famiglia)
era tornata tra i fulmini
era un’estate di fulmini
ci si baciava tra i fulmini
i fulmini entravano nelle case
e carezzavano le televisioni
imbozzolavano le automobili
sede a destri meis
la pelle scivolava
sulla giacchina maoista
lieve e sontuosa
proprio come questo direttore
del Vespro della Beata Vergine
i fulmini ruggivano forsennati
o smitragliavano afoni sbadigli
di lampade difettose
il velluto scivolava sui giorni
lì dentro sniffavo serafico
residue dosi di adolescenza
incontravo l’amico-parole
discettavamo dei fulmini
e della fisiologia dei baci
molte teorie e molte albe
intonse presunzioni
baciavo anche la sua compagna
(va detto ch’eravamo amanti)
mentre a Venezia-la-mignotta
i fulmini baciavano i campanili
autentico mistero mandarino
(ma anche lagunare)
la bimba-famiglia dagli occhi
di cane e il naso a trombetta
dopo la Cina non piangeva più
(dov’erano andate tutte le lacrime?
un vento mongolo le aveva seccate?)
faceva voltare gli uomini
(questo restava immutato)
con sussulti di congegno a molla
nigra sum sed formosa
perfino tra i fulmini
che poi però erano scemati
perché tutto arranca e tutto cessa
pure le saette ammattite
restavano i treni nelle notti
imbavagliate dalla neve
e poi nemmeno più quelli
solo gli inverni
senza vergine-famiglia
e la sua fica corta
senza alghe languide sui marmi
senza assertive rotaie nella notte
bianca di neve bianca
dov’è adesso quella giacca
io non butto mai niente
a forza di treni il velluto era stanco
(la vita spossa e usa)
camminavo su lune di argilla
leggevo la sabbia secca
facendo attenzione agli scorpioni
i fulmini erano ormai un ricordo
sul disco duro ordinario
come la neve zittita dalla luna
e la ragazza-famiglia un nome
che usciva a sproposito (un rutto)
quando chiamavo altre facce
dove sarà andata quella giacca
estorta dal maestro del Vespro
su youtube sicut
era in principio
io non butto via niente et
nunc et semper
dove sarà andato l’amico-intelletto
una volta incenerito
io non butto mai via niente
dov’è andato l’amore-fusione
estinto da un secolo
ditemi dov’è sepolto
(sono responsabile non lo nego)
anche i fulmini sono trapassati
e Maria la gitana giù dal quarto
di testa ancora in pigiama
(altro che altri baci!)
tanti giorni e tanti sogni
tanti mal di testa
e ora la giacca non si trova più
io non butto mai via niente
dove sono andati i nostri fulmini
ditemi almeno dov’è morta la giacca