Nein
di Helena Janeczek
Denegazione (ted. Verneinung) In psicanalisi, il procedimento usato dal soggetto per impedirsi di riconoscere un desiderio che invece ha prima affermato; S. Freud vi scorgeva l’affermazione difensiva del rimosso. (Enciclopedia Treccani)
Nevicava stamattina a Salonicco,
la prima neve, non destinata a durare;
mentre il tempo meteorologico
nel resto dell’Europa è nella media: freddo
come la guerra che a porte chiuse
si è aperta puntuale a palazzo,
la prima guerra civile dell’Unione.
Qualche carro tedesco avanza ancora
nel centro di Colonia o di Magonza
dove è gran festa popolare, Martedì grasso.
(nessun corteo a piazza Syntagma)
Il resto è uno strappo alla quaresima
come principio perpetuo di belligeranza.
Si contende a carta e penna, si combatte
a parole in lingua franca – l’idioma
della fiction e della finanza-
sul reciproco ricatto
che pare un vecchio trucco narrativo,
cliffhanger sospeso sull’incredibile.
Ogni giorno quello giù dal cornicione
(“lasciami andare se ne hai il coraggio”)
penzola un po’ più in basso.
L’altro che lo tiene afferrato
(“basta un sì e ti ripiglio”)
fatica sempre più a reggere la presa.
Tutto qui. Nessuno vuole davvero
che vada a finir male, forse non vuole
nemmeno fosse vero. Eppure
c’è una sproporzione insostenibile.
Chi ha numeri e conti in regola
per regolare i conti, manca di parole.
Gli altri, oltre la retorica (ῥητορικὴ τέχνη),
le hanno tutte dalla loro parte.
Economia democrazia politica.
Egemonia crisi catastrofe.
Ma se il cavallo fatto imbizzarrire
balza dall’epica alla tragedia
sarà dei greci il momento della catarsi
e chi alla hybris non seppe sottrarsi
rimane muto con la maschera del filisteo
burocrate nevrotico, tecnocrate del Nein!
sino a impietrire come una Niobe
– pallida madre –
che ha visto gli Stati trattati come figli
cadere a uno a uno nell’odio nazionale
guadagnando di cedere per ultima
come appianamento, come nemesi.
ps. il fantastico carro nella foto ha sfilato nel Rosenmontag (ossia lunedì scorso) a Düsseldorf: la potenza immaginaria di una Merkel-Polifemo e uno Tsipras che coniuga Ulisse a Davide suggerisce che il popolo del carnevale ne sappia davvero più dei suoi regnanti.
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Tranlated into English by Frederika Randall
It was snowing this morning in Thessaloniki,
a first snow, it won’t stick;
while the weather
in the rest of Europe’s normal: cold
like the war behind closed doors
that opened punctually at the palace,
the Union’s first civil war.
A German float or two is still
rolling through Cologne or Mainz
where it’s Mardi Gras, holiday of the people.
(no floats in Syntagma Square)
elsewhere they’re ready to break Lent
as unrelenting rule of belligerence,
battling with pen and paper,
dueling in lingua franca, the one
familiar to fiction and finance,
a mutual blackmail
like some timeworn novelistic gimmick
a cliffhanger over the void.
Every day the one swinging from the ledge
(“let go of me if you dare”)
sags a little lower.
While the other, gripping him
(“say yes and I’ll pull you up”)
struggles to keep hold.
And that’s it. Nobody really wants
it to end badly, or maybe even
for this to be real. And yet
the imbalance of powers is untenable.
On the one side, the books are balanced
But they lack the words to put things right.
The others, beyond rhetoric (ῥητορικὴ τέχνη),
Have all the words on their side.
Economy politics democracy .
Hegemony crisis catastrophe.
But if the horse should shy
and bound from epic to tragedy
the Greeks will gain catharsis,
while the one succumbing to hubris
keeps silent under the guise of Philistine
neurotic bureaucrat, technocrat of Nein!
before turning to stone like Niobe
—pale mother—
whose childlike States fall
one by one to national spleen,
earning the right to give up last
as audit, payback, Nemesis.
ps. In the photograph, Merkel as Polyphemus and Tsipras as a hybrid Ulysses/ David, on a wonderful float at Rosenmontag (Monday, February 16), Düsseldorf. Perhaps the people of Carnival really do know more than their rulers.
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