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L’ode della gelosia di Saffo secondo l’integrazione di Enrico Livrea

trad. isometra di Daniele Ventre

Φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν
ἔμμεν᾽ ὤνηρ, ὄττις ἐνάντιός τοι
ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί-
σας ὐπακούει

καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ᾽ ἦ μὰν
καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόαισεν,
ὠς γὰρ ἔς σ᾽ ἴδω βρόχε᾽ ὤς με φώνη-
σ᾽ οὐδ᾽ ἒν ἔτ᾽ εἴκει,

ἀλλὰ κὰδ μὲν γλῶσσα ἔαγε, λέπτον
δ᾽ αὔτικα χρῷ πῦρ ὐπαδεδρόμακεν,
ὀππάτεσσι δ᾽ οὐδὲν ὄρημμ᾽, ἐπιβρό-
μεισι δ᾽ ἄκουαι,

ψῦχρα δ᾽ ἴδρως κακχέεται, τρόμος δὲ
παῖσαν ἄγρει, χλωροτέρα δὲ ποίας
ἔμμι, τεθνάκην δ᾽ ὀλίγω ’πιδεύης
φαίνομ’ ἔμ᾽ αὔτᾳ·

ἀλλὰ πὰν τόλματον, ἐπεί κ᾽[ἄεργον
Ψαπφ᾽ ὀνειδίσαις ἅτε κ]αὶ πένητα·
[ὢς ἀπόλλυνταί τε ἄνακτες ὄλβι-
αί τε πόληες.]*

___________

Pare a me che uguale agli dèi lo sia,
l’uomo che davanti ti siede e intanto
t’è vicino e sta ad ascoltare come
dolce tu parli

e sorridi amabile -e allora il mio
cuore resta attonito dentro il petto,
solo che io ti veda non più mi resta
voce a parlare

ma la lingua tace spezzata, un fuoco
tenue sotto pelle mi va correndo,
gli occhi miei non vedono più, un ronzio
ho nelle orecchie,

un sudore freddo mi bagna, e tutta
mi pervade un tremito, sono verde
più dell’erba, a un passo dall’esser morta
paio a me stessa:

ma si soffre tutto, poiché tu, Saffo,
spregerai  da misero l’uomo ozioso:
sì, così sovrani e città dorate
vanno in rovina.

__________

Catullo – carme 51

Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit

dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,

lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.

Otium, Catulle, tibi molestum est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes

__________

Quello a me pare essere eguale a un dio,
anzi, se si può, superiore ai numi,
che ti siede innanzi ed a te vicino
guarda e ti ascolta

come dolce ridi -ah che tutti i sensi
strappa a me infelice: poiché all’istante
Lesbia, se ti vedo, non ho nel labbro
voce che resti,

ma la lingua è torpida, tenue un fuoco
per le membra penetra, a un suono interno
ronzano le orecchie e mi copre gli occhi
duplice notte.

L’ozio a te Catullo, si fa molesto:
d’ozio tu t’esalti e ne hai troppa smania:
l’ozio ha tratto i re, le città dorate
alla rovina.

__________

Una forma divulgativa ben approfondita e compiuta della disamina filogica di Enrico Livrea si trova qui:

http://www.grecoantico.it/home/filologia-classica/novita-sulla-ode-sublime-di-saffo/#more-4342

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8 Commenti

  1. Spero non me n’avrete a male, lo dico con la massima leggerezza: sarebbe un piacere leggere Daniele Ventre in un suo blog personale, di là da questo collettivo.

    (Grazie, professore!)

  2. non sarà inutile ricordare l'”immagine latina” di tutto ciò:
    Ille mi par esse deo videtur,
    ille, si fas est, superare divos,
    qui sedens adversus identidem te
    spectat et audit

    del nostro grande Veronese.

  3. bel lavoro…in pratica hai fatto lo stesso lavoro di catullo, ma in italiano…bazzecole… non riesco a aprire il link sull’integrazione, ma sulla sua pertinenza mi sorgerebbe qualche perplessità…
    leggevo ieri bruno snell secondo cui, detto con sinteticità da blog, l’interiorità, l’anima come l’intendiamo, è stata inventata dai lirici greci,i primi ad associare l’aggettivo batin a psiché (prima di eraclito)…certo la lirica monodica greca ci riguarda molto profondamente….

  4. letto il link…permettimi di dire la mia, da profano, ma da persona che conosce un po’ i meccanismi archetipi in azione nella poesia: a me pare che l’integrazione sia assolutamente poco convincente, e che i filologi spesso si perdono nei particolari e negli schemi… lo sviluppo di una premessa non deve essere compatibile solo con le leggi prosodiche, e logiche, ma innanzitutto con quelle psicologiche, e non è possibile che la passione rovente espressa nelle prime strofe si commuti o sia considerata equipollente al senso di inerzia…che a me pare appizzato come una coda di ciuccio al corpo di una tigre. catullo chiude in diminuire e modula, e già lascia perplessi, livrea divarica ancor di più…a me pare plausibile solo l’ipotesi di snell, che immagina una chiusa come: bisogna accettare perchè tu ti sposerai e sarai felice ecc. mi pare l’unica struttura logica che abbia potuto “mascherare” l’evidente passione di Saffo in un encomio epitalamico…

  5. In realtà mi propongo di apporre in nota le traduzioni delle altre integrazioni. Una mezza idea ce l’avrei anch’io, in termini di imitatio in oppositione; risponderebbe appunto alla pecca della mancanza di slancio a cui tu alludi. Ma non è questa la sede per presentarla.

  6. non so se slancio… c’è poco da fare, nei primi versi si descrive una vera e propria tempesta ormonale e di neurotrasmettitori…è un’acme di passione…
    facci sapere della tua ipotesi…io amo molto l’effetto-frammento, quasi ungarettiano, dei reperti di saffo… ma non in quest’ode…

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Daniele Ventre (Napoli, 19 maggio 1974) insegna lingue classiche nei licei ed è autore di una traduzione isometra dell'Iliade, pubblicata nel 2010 per i tipi della casa editrice Mesogea (Messina).
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