I poeti appartati: Andrea Leonessa
Poesie
di
Andrea Leonessa
Tassidermia verbale
Non avendo che un tempo di curarsi, della bocca
aperta si fece spazio ad estrazione, a cassetto, vano
per Lego, d’un costrutto verbale la sede annacquata,
l’asporto delle braccia che non stanno all’incastro
del dire lo spazio, la fessura occupata dalla dicenza
d’un bosco aspirato e farcito, dopo, da muscolature,
tessuto cartilagineo a colmare lo strappo, la distanza
che corre tra le betulle, eccetto delle pozze piovane
la sommersione prevista parziale: un discorso a parte
dove si va a periodi, se non occorre la calza asciutta
al processo d’imbalsamazione, se fa buona presenza
ugualmente, attraverso l’arco a cui s’accede al testo
quando condensa di traverso, facendo leva sull’epoca
per accorpare un secolo nelle due (i)stanze multiple
di due, aventi un mancamento sul tetto delle palazzine
nella manovra di avvicinamento, mettendosi in bocca
parole, come si dice, quando un tempo non permette,
attraverso un rovescio, la precipitazione sulla terra
nello stesso decennio, ed occorre cadersi manualmente
tra le braccia, estraendo un verbo declinato dal cavo
orale per grondare un temporale, fonema per fonema
Panoramica sotto al livello del mare
[…] ha emesso un successore “ma cosa
succede” senz’altro, una praxis collabora
con se stessa, senza – luce comunale G
a votare lo stato. Quest’anno, al parco,
della luce RGB, sopratutto Green, e Pan
che voleva blu ed andare a balneare
oh Pan, eternamente giù ma coccolone!
“…” nel tuo caso, va bene
la terra sotto al naso, col nome omesso
Fleshware, Eauthanatoproxy, facevano presente
una cromatura espressa a percentuale, terrestre
che su cento, cento avevano voluto, per potere
“averne, del colore” com’era dato, al passato
un valore, per tanto, un calcolo dal fegato
che, dalla camera ardente, processava lo stato.
Arto secondo, schema piramidale
Qua vanno contraendosi gli eventi, sulla soglia
delle conseguenze da cento o più zampe, cento
cose armate sul fronte nervoso che brulicano
nella sostanza, e non sanno che la pace astratta
naturalmente avversa alla loro corporazione terrestre;
alla seconda ipotesi vanno a puttane, contraggono
ancora la speranza e pertanto si dice <<Ho le formiche>>
ma è alla terza ipostasi che nulla emana un errore reale
concedendo alla regina di potere (all’infinito) sopprimere
un arto od anche un addome teso all’orizzonte +
(più delle altre cose, s’intende, perchè è strano
che un addome sostenga a stento se stesso)
Triforza motrice
Nell’omertà della carne accade
brandello per brandello che una sequenza
organica tenda al mondo, allo stato reale;
settembre causa soffocamento, è# di effetto
sul polmone, sul corpo accordato.
Non cede il cordone terrestre e muove
raccolto lo spazio preservando misure
affinché dall’ossigeno non si possa distare:
qui accade soltanto un silenzio, sempre
il medesimo, da tempo ritratto
al di là di esso un tabernacolo
sul dorso della carne integrato
al neurone e nella fede soltanto;
mamma, è reale la gravità
della carne a te dovuta³?
# è un nulla, questo richiamo
nel/la carne/cappella/chiesa/cattedrale/macello
non vige alcun arbitrio, e tutto avviene
congiunto senza flessione, motoseghe;
sono un baco da nylon, sintetizzando
ne consegue che è un richiamo, questo nulla.
La morte blu scherma un corpo, assegna
un errore, una carne al vapore#.
Allora è una notte causale, un dolo
del sole, ed altrettanto ridiamo
come refusi in processione.
#errata corrige[valore]
<Ciao sono mamma, al limite
la carne è uno strapiombo
approssimato, nel suo adempimento
apparecchiato a decedere; posata,
messa a terra, la carne è una sosta
nel concorso del nulla>
<Grazie, non accetterò un ignoto
né la sua ecstasy, nondimeno questa carne
la vertigine>
NdR a questo link è possibile leggere l’intera serie dei poeti appartati