Il colpo di biliardo
di Michelangelo Zizzi
Poesia per il Padre
Quando s'incagliò il treno di sud-est nel letame tu del sud all'insegna di bar intermittente sapesti che la vita allotria invecchia come nella resistenza di fanghiglia una chiglia d'antiquario mentre tu la trama disfatta ricuci e non da sarto di contrada perché davvero possiedi congruo filame di carne nella tessitura d'occhio di rosone d'iride di donna che ami mentre i rami i rami nella palude la fossa stigia sbruga e il Novecento tutto sfiaccola sulle candele scivolanti verso il buio democratico e vano per questo risali la china la corrente e di te l'origine trova l'ascendente delle tue nascite celesti e stai nel vestito pure cucito alla domenica mattina il suolo strusciando con cuoio di suole su stradoni di paese. Così io del grave inno d'imperio cartesiano delle metropoli canto la fine perché della lima che il cuore corrode fui supremo fabbro e un'urgente ferita slaccio. Ama pertanto nella vita che bruciacchia e alla resistenza di ristoppia di campi andati resta nel magistero di occulta fiamma che ti arde come il mistero di essere venuto fuori al mondo in vagito in sala d'ostetricia alla luce cimmeria d'ogni nascita in grido cesario e sfiacca della monotona allegria ogni inutile scusa ma riposa in cuore ma torna alla cura della rosa che spinge cinabrina risalita di petali torna risalendo nel vincolo di sangue di un paese antico il vicolo e ricuci pure il tempo perfetto del '39 e se pure fosse un tugurio il mondo un incrocio mercatale alla fine della fiera anche accendi ogni tanto la sigaretta al crocicchio o alla contrada al bar dirotto dove vecchi a biliardo stanno sfiaccando le buche o con le scope in mano restano sbalorditi dei punti ricordando la neve del '56. Insomma ritorna in alcove sempiterne che il fulvo pelo d'amante di volpe adorna e svia la via imperfetta e della palude il brago stura e all'angolo ben vestito di sola carne resta e alla sera ferina resta come creatura mortale resisti sul Novecento tutto e soffia ora sulle candele sfiaccolanti perché smodelli la cera in formula vana non vera e torna pertanto all'angolo all'albore all'evento alla stanza di giochi e la corrente risali destrorso sversa della sinistra riva ogni opificio e rimani come l'esule non allagato scorna sul duro cozzo della morte che a questa latitudine è una bara riuscita nel pomeriggio col lucore di tintinnanti campane e come Giuliano fece ritirati in rara via. Ora ritira ogni dado mentre la questione meridionale naviga per icone futili fino al mare del caso e ricompare nella pigna lasciata nell'atrio dei basiliani presso al cortile molti anni fa con mio padre che disse riprendila la riprendo padre nell'orto inconcluso che naviga per rotte di monaci benedettini dove siedo all'allotria vita lasciando gli episodi di cose morte. Qui per ventura devono ancora passare garibaldini e giubbe rosse ben bardate e forse non passeranno e io riposo per troppo amore nel letto d'aghi di pino al caldo governo di sole d'aprile e chiedo che la resistenza che arranca sia più lieve della carezza di nonna tornata a casa dopo le compere e stanca più grave dello sguardo di nonno maestro nel '50 in contrada di rossa mora. Per questo sto nel retro del retrò nel bistrò dove fiaccheggio sfiascando vino e saccheggio parole inutili e vane del radical chic e vi vedo che passa il fantasma del moderno ma con un cartografia immateriale utopia di città silenziose e vi vedo la mappatura della terra incognita del giornale che uscirà domani e che ha il confine delle ferraglie al silicio e un bituminoso ottimismo di cose socratiche e ridette. Per il resto rimango nella resistenza dell'Impero nella desinenza nella risulta come fosse un cesto senza fasto o cado nella paglia fratta d'alcova fino ai baci che le giovani attrici dei boschi mi davano nel pelo non lavato Fino a te padre quando la questione meridionale è lo squalo che con trafile d'uguale dentiera azzanna per bere invece le risulte d'olio consunto della storia. Ma tu padre il fato azzardasti come Cesare nel dado ben tratto e gettato all'azzardo di verde panno di tavolo ed io che nella pozzanghera condominiale sosto che insomma sto nel trionfo medicale della teoria della salvezza dell'evoluzione occidentale nella retta cartesiana io lo raccolgo e lo cifro col mio sangue ben lavato e marchiato nel fato dell'essere nato e per quanto l'Impero stia sfatto quanto la talpa che in terriccio rincula in franata tana oh padre io per l'amore di Plato tutto a te consacro e nel tempo delle cose che se ne vanno nel rosone rivedo come in iride il colore che in infanzia mi davi: la giulia azzurra nei campi verdi la nera 1750 truccata quanto alla sera la puttana nei tratturi di murgia affranta.
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(da La resistenza dell’Impero)
ottima parola non a cottimo
effeffe
Mi piace questa poesia per la generosità della lingua
la presenza lavica e filosofica del sud
si svela un paesaggio mentale dentro la lingua.
Bellissima.
Andres, giura che la prima volta che vieni in Italia mi registri mentre te la recito tutta tutta, questa meraviglia!
Commossa, superlativo Michelangelo. E’ una poesia che in questo momento mi denuda!!
Eccellente…e ora aspettiamo il libro.
[…] Segnalo la Scuola di Alta Formazione Poetica del vulcanico Michelangelo Zizzi (http://www.fucineletterarie.it/scuola-pound), che vedrà passare per Taranto a far lezione nei weekend di fine mese, da Settembre a Maggio, alcuni dei nomi più affermati della poesia italiana: Franco Buffoni, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Antonio Riccardi, Valerio Magrelli. Il target di Zizzi sono i poeti già bravini in cerca di specializzazione; io mirerei a gente più o meno facoltosa che scrive per diletto, magari interessata a passare 1-2 weekend di relax e contatto con chi altrimenti non incontrerebbe mai. Gli ho quindi suggerito di inviare comunicazione agli ordini professionali di Puglia e regioni limitrofe. La scadenza per candidarsi è il 30 Agosto, guardate il sito per i dettagli. In bocca al lupo! EDIT: Di Zizzi è apparsa una succosa anticipazione poetica su Nazione Indiana qui: https://www.nazioneindiana.com/2014/08/30/il-colpo-di-biliardo/ […]
Da leggere più volte. E sì da rileggere ad altri. Solida, una poesia scultura o architettura.
Geniale la propensione naturale che emerge dall’intreccio di presente, passato e di un futuro che guarda sempre dall’alto con la pretesa di risucchiare tutto a sé vorace. Dimestichezza naturale di slalom tra cicli e stagioni che pare un ricamo delizioso di note nostalgiche guidate da crune sottili che infilano l’ampia veste di una storia che non può non dettare i suoi ritmi. Inesorabili. Caducità di foglie volanti pronte a rinascere nell’eterno gioco uguale e sempre nuovo. La vita. Raccontata nelle sue sfumature allegoriche, tinteggiate di dolori e gioie che sono i binari inamovibili e invalicabili su cui viaggia il grande treno del mondo. Il volo tra universi di emozioni prosegue, Michelangelo. Buona percorrenza… O forse soltanto buona poesia!
dalle contrade del vivo che non muore
Non basterebbero mille Garibaldi per rimuovere la poesia dal sud dell’anima, sua sede naturale.
Apoteosi per il Maestro Michelangelo Zizzi.
chicca
Una poesia che nutre la complessità segreta del sud, i suoi banchetti appena smessi, le sue anfore vuote, naufragate come fossili silenzi. Michelangelo Zizzi è poi una persona straordinaria. Anni fa, cambiò la mia vita. Per questo gli sarò per sempre grata.
Carla
Molto bella, ma da leggere più volte perché di non facile comprensione nell’immediato, almeno secondo me. Ci scorgo un inno alla lotta, come lottare e resistere a una tigre talvolta cavalcandola, ma sempre contro l’incenerire dei valori, contro il buio democratico e tecnologico nella palude stigia. Ricucire con congruo filame di carne dall’occhio della donna amata e quindi dall’Amore come filo di sutura forte e introflettente. Ripercorrere strade e vicoli di tempi migliori, di lucore, anche seppur segnati da rivoli di sangue sprizzato dal mistero come il percorso di un parto con il suo dolore che porta alla luce dopo un grido e come la rosa che spinge la risalita dei petali. Ricuciamo il 39 e facciamo luce, anche con una sigaretta, al crocicchio o alla contrada o al bar di vecchi genuini(anche se il mondo risulta un tugurio) che ricordano la neve del 56. Alcove sempiterne, psoriche, ciclotimiche e resistenza sul novecento sturando il brago della palude, restando nudo all’angolo e nella sera, resistendo all’inoltrarsi del buio con le sue sfiaccolanti candele. Torna indietro ai tuoi giochi, risali la corrente sulla destra, esule, ma non allagato. In poche parole non invischiarti nel fiume dell’omologato scadimento. Rimanere nelle retrovie e resistere guardando passare il fantasma del moderno col suo falso ottimismo e catramoso e retorico. Padre come Cesare ed io che sto nella pozzanghera di un condominio, ma in disparte sosto come il Dottore con la sua teoria di salvezza stante nel percorso a ritroso e nell’infanzia che tu mi davi. RESISTERE. Ciao Carlo.
Scusatemi per il mio prolisso commento, ma è troppo bella e non so essere più sintetico.
Carlo Murzi
Caro Michele, grazie per avermi segnalato questa tua uscita, che in agosto mi era sfuggita. Leggo anche gli altri molto confortanti commenti e sono molto fiero di essere stato tra i primi a pubblicarti in Italia, vent’anni fa. Non farci più aspettare così tanto… Un abbraccio franco