La laica religione (1/2)

di Giacomo Sartori

alberi caduti_2014_07_14-18 198

 

 

 

 

 

 

Per tutta la settimana

David ha contato i lombrichi

e Miguela la spagnola

ha spigolato fogliami fracidi

per la metagenomica

io misuravo con Brad

gli abeti schiantati

ma anche le ceppaie

dei larici tagliati

in linda decomposizione

(niente colamenti viscidi

niente miasmi ammonitori)

e i singoli rami

con più di sei centimetri di diametro

su una lunghezza di almeno un metro

accumulo legni_14_07_14-18 (202)

 

 

 

 

 

 

 

inginocchiato sul letto di foglie

con le sue braccia di anziano

puntate contro i muschi

come per schiacciare giù

nel suo cunicolo ctonio

la nuca di un demonio

Hinrich infilava

il campionatore inossidabile

di sua concezione

nella resiliente lettiera

(camposanto esuberante

di rigogliose putrescenze)

e poi lo sfilava

accogliendolo nel palmo

con materna determinazione

(l’ostetrica che asseconda

un enigmatico neonato)

la piccola Rebecca

dissotterrava i sensori miniaturizzati

tonde ostie elettroniche

e seppelliva quelli nuovi

felci_14_07_14-18 (54)

 

 

 

 

 

 

 

tutti prelevavamo

tutti misuravamo

ebbri di deduzioni

manifestamente sollevati

di batterci contro nemici

con nome e cognome

un’esistenza algebrica

(adesso era solo questione

di rigore modellistico

e puntelli bibliografici)

 

 

Per tutta la settimana

David il cercatore d’oro

darwiniano efebo

ha setacciato la terra fresca

braccando vermi ialini

e Miguela la galiziana

ha insacchettato resti infeltriti

humus_feltro_14_08_2 (70)_part_rid

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Judith mi spiegava

l’importanza di discernere

il DNA cellulare

da quello extracellulare

anche tu un giorno

diventerai DNA extracellulare

m’ha detto

per farmi capire

(microbiologica ironia)

con guanti da chirurgo

e guaiti di bambola

la turgida tirolesina

anatomizzava marciumi

tutti classificavamo

e prelevavamo

seri come solo

i bambini che giocano

ma anche faceti

bosco_14_07_14-18 (37)

 

 

 

 

 

 

 

eravamo pur sempre umani

che si inebriano

e ridono

e quando è l’ora

hanno appetito

(addentando i panini

semisdraiati a nostro agio

sulle foglie morte

enfatizzavamo anzi

questo nostro essere

babelici bipedi)

 

 

I lombrichi erano pochi

com’era congruente

in siffatti ecotoni

David li battezzava nell’etanolo

(pur sempre un tuffo sacrificale

avrebbe commentato

un etnologo tecnofobico)

mentre io e Brad il colosso

attribuivamo la classe

di decomposizione

– da uno a cinque –

ai legni sfatti

(soffice spugna scarlatta

sfarzoso tramonto

prima della notte minerale)

comunicando nel rituale

inglese maccheronico

Nico il micologo

levando la mano

senza un dito

consacrava basidiomiceti

con sincopati gorgheggi

di imberbe sapiente

funghi_bianchi_14_07_30_DSC_0014 (24)

 

 

 

 

 

 

 

 

Quantizzato il legno morto

(in realtà quasi tutta

la carne secca

degli alberi viventi

è già defunta

m’ha fatto presente

l’enciclopedico ecofisiologo

con problemi di linea)

io campionavo

feci quasi invisibili

bella e pulita

polvere di caffè

etichettavo sacchetti

georeferenziavo e fotografavo

come sempre allettato

in qualche modo riconciliato

con gli spettri e l’universo

licheni_14_08_11 (55)

 

 

 

 

 

 

 

ma anche surrettiziamente furente

alienato da me stesso

stizzito dal mio stare a mezzo

(passi l’ignoranza)

un malessere di impostura

una sorda brama di altro

di trasparenza interiore

di fusione nel silenzio

(o quantomeno

di redimente bellezza)

 

 

Tutti quantificavamo

e campionavamo

in vista di anamnesi

ben più radicali

in asettiche cattedrali

con sacerdotali macchinari

quelle foreste e quei pietrami

foderati di muschi

quelle felci devote

(i palmi imploranti

le teste reclinate)

quelle bave ferruginose

e perfino quei grovigli spinosi

quella scompaginata realtà

bella e incomprensibile

spurgata dalle sue divinità

ormai da decenni

(senza contare i secoli

di formalismo cattolico)

larici_14_07_14-18 (128)

 

 

 

 

 

 

 

l’avremmo transustanziata

in processioni di nere cifre

e dottrinari grafici

su claustrali riviste specializzate

canoni matematici

della decomposizione dell’organico

(essenza di quello che accade)

vangeli certo provvisori

e perfettibili

e proprio per questo più sacri

(spalancati all’assoluto)

pur sempre scampoli divini

ai quali votarsi

fiore azzurro_2014_07_14-18 083

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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