les nouveaux réalistes: David Shields
Reality hunger
[Dissolviamo i generi; riformuliamo il diritto di autore.]
di
Lisa Orlando
Una delle opere più importanti di teoria letteraria pubblicata negli ultimi anni è Reality Hunger, dello scrittore e saggista statunitense David Shields (in Italia pubblicato da Fazi con il titolo Fame di realtà).
E’ un’opera assolutamente straordinaria, poiché oltre a essere un quadro (perfetto) dello status quo narrativo, è una dichiarazione poetica nella quale si prospetta ciò che sarà (o racchiude l’essenza di ciò che si vorrebbe diventasse) la letteratura futura. Shields, infatti, audacemente ridisegna i confini per una nuova forma di letteratura capace di annullare i generi, e ristabilire il rapporto tra fiction e non fiction.
Oltre a ritenere atrofizzato (e miseramente soffocante) il romanzo quale costruzione di una storia fatta di mera immaginazione, e di una serie ordinata di fatti: la trama – ormai da seppellire definitivamente sotto una pietra tombale? –; Shields si interroga su come realtà e finzione debbano confrontarsi sul terreno della pagina. La realtà, come una creatura di fiamma, irrompe nella scena letteraria, travolgendo (fino a incenerire) la distinzione tra verità e immaginazione. “Fiction e non-fiction non esistono più: esiste solo la narrativa”, sostiene Shields, “o forse non esiste nemmeno questa?”.
Una citazione rilevante, e che riassume efficacemente il pensiero di Shields, posta (intenzionalmente credo) al centro del saggio, è questa: “Amo la letteratura”, afferma l’autore, “ma non perché ami le storie in sé. Trovo quasi tutte le mosse del romanzo tradizionale incredibilmente prevedibili, fiacche, improbabili ed essenzialmente inutili. Non ricordo mai i nomi dei personaggi, gli snodi della trama, i dialoghi, i dettagli dell’ambientazione. Non mi è chiaro cosa dovrebbero rilevare sulla condizione umana narrazioni simili. Invece sono attratto dalla letteratura come forma di pensiero, di coscienza, di sapienza. Mi piacciono le opere che mettono a fuoco non solo pagina dopo pagina, ma riga dopo riga quello che importa veramente allo scrittore, invece di sperare che tutto questo emerga chissà come misteriosamente dalle crepe della narrazione, che è quello che oggi accade in quasi tutti i racconti e i romanzi”.
Uno dei motivi per i quali mi sono interessata realmente a questo saggio è ché vien messa in discussione l’idea di autorialità, tanto da rivoluzionare la struttura autoriale classica; lo stesso libro di David Shields è appunto costruito con frammenti di altri libri, ma senza riportare note, senza dichiarare l’appartenenza delle innumerevoli citazioni presenti nel saggio. “Un frullato di parole altrui, insomma, che genera, però, un distillato del tutto nuovo”.
Un’eccellente innovazione, si direbbe, e che fornisce la chiave per una diversa forma di letteratura. Anche perché credo sia tempo di finirla col diritto d’autore; il concetto stesso, spiega Stefano Salis nella prefazione, tenderà inesorabilmente a dissolversi (insieme a quello di plagio – tra l’altro, cosa sarà mai il plagio nella nostra epoca?) in nome del remix, anche grazie (o per colpa di, a seconda dei punti di vista) alla enorme quantità disponibile simultaneamente, utilizzabile prontamente e visibile gratuitamente, che le nuove tecnologie (internet in testa) ci garantiscono.
E poi, ancora, non è stantia l’idea di originalità a tutti i costi?
Bacon che riprese Velàzquez, cosa fu? plagio?, imitazione?, deformazione?, citazione? All’epoca, tutti ne riconobbero la provenienza, ma nessuno si scandalizzò; perché, a dirla tutta, l’originalità (in modo assoluto) non è mai esistita – è sempre stato il velleitario tentativo in cui tutti hanno fallito?
Dunque, Shileds, nel suo saggio, pare suggerirci, esortando tutti gli scrittori, ma non solo: desumo pur pittori, musicisti, cantanti, registi, attori, fotografi : copiate, imitate, interpolate, riformulate, riproducete, remixate, modificate, alterate, contestate, accettate, rifiutate, et cetera, et cetera – ad infinitum!
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credo che la storia intera della letteratura sia una riformulazione, ovviamente con stili più o meno alti, con risultati straordinari e meno, degli stessi cliché esistenziali che la nostra Storia si porta dietro.
Logico, ci sono dei distinguo, nella biblioteca di Babele. Ma tutta la storia della letteratura è una ricerca perenne per trovare risposte a domande esistenziali cui i testi sacri non suppliscono. diciamo che la letteratura è una divertente forma di schizofrenia, un divertissement pascaliano rispetto ai veri e concreti problemi della giungla quotidiana.
Ma attenzione, la letteratura, e la poesia, possono a volte fornire risposte più certe di qualsiasi altra e alta “millantazione”, dal momento che sono quando l’individuo è veramente libero di esprimersi può attingere agli archetipi storici e all’essenza del sé, e giocarci e divertire come un bambino.
https://www.nazioneindiana.com/2010/11/09/la-letteratura-sperata/
essi ritornano
effeffe
a volte.