les nouveaux réalistes: Francesco Forlani

20070419232538MedRiflessi condizionati

di

Francesco Forlani

 

Vorrei raccontare di un uomo che, addormentato su un lettino da spiaggia, non si accorge di sé.

 

Una distesa di ombrelloni azzurri. Prima un riflesso. A perdita d’occhio le sdraio appaiate in file interminabili a ridosso della riva. E i lettini con i capezzali rovesciati. Due riflessi, poi, leggermente sincroni. Il brusìo delle prime ore del pomeriggio fa da rumore di fondo all’annuncio distratto dell’altoparlante. Ora son diventati cento, mille, i riflessi che sembrano moltiplicarsi e seguono a vista le onde fino a perdersi nella sabbia. La spiaggia è abitata per lo più da famiglie e in una fila poco distante dalla passerella, sopra a un lettino è disteso un uomo.

La tranquillità dello sguardo spento dagli occhiali da sole, la posizione neutra, le braccia lungo il corpo, le mani penzoloni con le dita quasi a toccare sabbia, le gambe leggermente divaricate e i piedi all’ombra di poco inclinati e puntati sui due lati: il piede sinistro sulle nove e quello di destra sulle quattordici. La particolarità delle spiagge a conduzione familiare sta nella presenza accanto ad ogni ombrellone di suppellettili giocattolo per lo più ingombranti, colorati e gonfiabili. Come statue a guardia delle facciate dei palazzi qui sembrano custodi degli effetti personali e governano l’andirivieni dei bagnanti dal bagnasciuga alla sabbia asciutta e cocente delle postazioni. Il lido, che diremo di Lerici per comodità, ha una disciplina del personale di terra e mare a immagine e somiglianza della coppia di proprietari; lui è uno scrittore di romanzi d’avventura e lei una ex modella che è rimasta tale; lui e lei sono semplicemente e oggettivamente belli; di una bellezza che porta in sé qualcosa di naturale e non la costruzione sofisticata di corpi estranei a sé e portati in modo maldestro in giro, per lo più.

 

Vorrei raccontare di un uomo che, addormentato su un lettino da spiaggia, non si accorge di sé. Non può rendersi conto, perché dorme un profondo sonno, dell’erezione che sta avendo, visibile e impertinente per quanto involontaria e dunque irresponsabile.
Una distesa di ombrelloni azzurri. I riflessi ora si perdono al largo dove non c’è più piede. A tratti risalgono lungo gli alberi maestri delle imbarcazioni ormeggiate al porticciolo. La spiaggia si popola adesso di giovani alle prese con la maturità: ripeness is all. La prima ad accorgersi della cosa è una signora dall’aria intelligente. Ha l’aria intelligente perché sul tavolinetto ci sono due libri, quello di Luciano Gallino e uno di Fabio Volo che sicuramente appartiene alla figlia adolescente scesa da poco e che è in acqua insieme alle amiche. “Gallino in Volo” ha sicuramente pensato spostandoli per prendere la crema solare; è stato proprio nel mentre di quel movimento di leggera torsione del busto  che ha scorto dapprima il libro del vicino, un libro di Sinistra e a seguire l’erezione del lettore. Un leggero turbamento la coglie, un trasalimento la porta a guardarsi intorno per precauzione e prova un lieve imbarazzo in quell’atto di vedere e non vedere. Tanto più che pochi minuti dopo la scoperta si accorge di come, dal costume aderente a strisce bianche e rosse del vicino, quasi rispondendo alla sicuramente inconscia domanda della signora,  la cosa si stia facendo strada superando il debole fuoco di sbarramento che un elastico un po’ rilassato stenta a fare, cedendo.

 

Vorrei raccontare di un uomo che, addormentato su un lettino da spiaggia, non si accorge di sé. Non può rendersi conto, perché dorme un profondo sonno, dell’erezione che sta avendo, visibile e impertinente per quanto involontaria e dunque irresponsabile. Dapprima castigato dal costume, insolito per questi lidi, poi evidenziata dalla fuoriuscita del prepuzio a cielo aperto.

 

Quando le amiche della figlia della signora, ormai impegnate nel rito del dopobagno, seguendo le istruzioni della figlia, si passano prima gli asciugamani poi le creme con gesti meccanici e rodati da catena di montaggio, ridendo e scherzando, la signora gli fa cenno di fare silenzio; lo fa dapprima abbassando il palmo di mano in linea con il braccio teso come quando si regola il volume di una radio, e portandosi quasi contemporaneamente l’indice dell’altra mano tra le labbra e la punta del naso: shhhhhhh! Nelle spiagge a conduzione familiare è un gesto che ricorre spesso per quanto indirizzato ai componenti della stessa tribù, tra uno slalom e l’altro in mezzo ai passeggini parcheggiati in doppia fila, sotto lo sguardo vigile delle mamme affrancate dal dormiveglia dei pargoli, libere per poche ore dall’esercizio costante dell’attenzione verso le piccole macchine da guerra. Lo spirito del  tempo si offre alla vista in modo inequivocabile, nella sua istanza demografica; le madri per lo più e i pochi padri presenti sono cinquantenni alle prese con figli alle prime armi della parola e del camminare. A quella prima vista si sarebbe potuto scambiarli per i nonni ma allora i veri padri e le vere madri dov’erano finiti? Era come se una guerra avesse spazzato via una generazione, quella di mezzo, uno Tsunami avesse scatenato un’onda in grado di rendere la situazione anomala e inconcepibile fino a pochi anni prima.

 

Vorrei raccontare di un uomo che, addormentato su un lettino da spiaggia, non si accorge di sé. Non può rendersi conto, perché dorme un profondo sonno, dell’erezione che sta avendo, visibile e impertinente per quanto involontaria e dunque irresponsabile. Dapprima castigato dal costume, insolito per questi lidi, poi evidenziata dalla fuoriuscita del prepuzio a cielo aperto. Un dettaglio nello sterminato paesaggio marino, in grado di scatenare una reazione incontrollata e maldestra, una reazione anticipata dell’eletto.

 

Le amiche della figlia della signora fanno capolino e scoprono l’arcano; sul chi va là le ha messe la figlia che ha raccolto il messaggio della madre all’inverso e mettendo il Volo davanti alla faccia, a non farsi vedere, in quello stesso grado di separazione se la ride sotto i baffi contaminando le amiche come quando si sbadiglia. L’azione asseconda la prima volontà della madre a questo punto preoccupata di due cose, uguali e contrarie. Intanto un coccodrillo gonfiabile gigante con la testa appoggiata tra i seni di una madre di seconda fila sbuca tra gli ombrelloni. Il sudore e l’acqua di mare in mezzo agli occhi fanno pensare alle lacrime dell’animale. Da poco sopraggiunti gli amici metropolitani della signora, invitati alla casa al mare, sono informati dell’accaduto, dei fatti. Il fatto è che nel frattempo l’ospite ingrato, leggermente arrossato, arrotondato in punta  e sovrastato da un taglio come da scalpello aveva guadagnato terreno grazie a piccole spinte che lo fanno pulsare come un cuore. Il leggero movimento coordinato al respiro pesante dell’uomo, fumatore, lo rende di colpo più umano, quasi infantile; la stessa innocenza di un bruco, di un baco da seta, sospeso nell’incerto divenire, nell’ipotesi di una metamorfosi l’unica in grado di fargli spuntare le ali come il cielo agli uccelli; la stessa operosità dei pesci che tentano con tutte le forze di aprirsi un varco in mezzo alle reti, la stessa tenacia di uomini e donne a forgiarsi un destino in un pezzo di vita.

 

Nessun oltraggio pare configurarsi al di là del comune senso del pudore. La naturalezza del corpo scappato, evaso dal costume bandiera di altre intimità non suscita alcuna reazione stizzita negli uni, accorsi poco dopo per passaparola e negli altri, quando ormai c’è una piccola folla, nessun moto di scandalo o riflesso di respingimento. Una giovane turista tedesca si è perfino proposta di rimboccarlo, di rimetterlo sotto coperta, rassicurando i presenti con la promessa di un tatto leggero e accorto al punto di non svegliare il signore. La questione che si pone adesso è infatti ben illustrata dalla signora che con padronanza di linguaggio e gestualità controllata spiega agli astanti come nei due casi, qualora il signore si svegliasse spontaneamnete o per manipolazione della turista nulla avrebbe potuto sottrarre la folla all’imbarazzo generale, in primis del malcapitato. Nonostante l’estraneità di quest’ultimo all’inottemperanza del prepuzio che certamente in un battibaleno si precipiterebbe nella risacca, accucciandosi sul lato sinistro come per lo più accade agli uomini di buona volontà, alla vista del capannello sarebbe minimo minimo morto di vergogna, annegato nelle pupille quasi cento degli spettatori. Se poi la causa del risveglio  fosse un’incauta manovra della volontaria nordica dalle trecce bionde il signore si sentirebbe oggetto e vittima di molestie pretendendo immediatamente un risarcimento a quell’offesa magari facendo ricorso alle vie legali. Ecco perché il bagnino corre ad avvisare il proprietario che sopraggiunge per rimediare al guasto che aveva intaccato la magnifica macchina di sabbia. La soluzione? Sgombrare il campo da ogni  iniziativa in grado, come una turbativa d’asta, di mettere a repentaglio il principio di domanda e offerta, con relativi servizi e benefici di cui il Lido, va detto, meritatamente gode. E il prepuzio? Anche lui pare godersela un mondo per quell’inaspettata e provvida attenzione a lui rivolta al punto che respira da sé in una totale indipendenza dal battito del sognatore.

 

Dopo una breve consultazione con prefetto e questore, il proprietario avvisa la clientela di lasciare la spiaggia con un’ora di anticipo  rispetto all’orario di chiusura. Lo fa a mezzo bagnino e non via altoparlante per fare in modo che al risveglio il prezioso cliente non ritrovi nessuno al capezzale del proprio lettino e ritrovare nell’intimità la parte ribelle di sé a prescindere dal fatto che fosse dentro o fuori, la partita, e nel secondo caso accomodandolo come meglio avrebbe creduto, lontano da occhi indiscreti. Una saggia decisione malgrado la protesta degli uni, coloro che avevano pagato l’intera giornata ai bagni e soprattutto gli altri privati del finale della storia. Ai primi il proprietario offre un ingrsso gratuito per l’indomani e ai secondi, sempre per il giorno dopo, il racconto dettagliato che il suo bagnino fidato, unico autorizzato a restare nella torretta di avvistamento, avrebbe con dovizia di particolari rivelato.

Così, tutti cominciano, seppure a malavoglia, le operazioni di evacuazione della spiaggia. Si rivestono e coprono ogni centimetro di carne nuda indossando da prima mutandine e costumi, poi le camiciole e i bermuda. Sono stati autorizzati a lasciare i giochi di mare sotto gli ombrelloni con l’assicurazione del proprietario a prendersene cura. Da nudi che erano, integralmente e naturalmente dal momento che il lido in questione lo permetteva, tollerando chi non se la sente di varcare la soglia della propria totale nudità lasciandosi indosso il costume, raggiungono mesti chi la propria stanza d’albergo chi le bianche camere con vista sul golfo dei poeti, quasi increduli di come un semplice prepuzio li abbia di colpo riportati ad un’epoca felice e illusoria, come i riflessi sulle onde del mare.

 

Vorrei raccontare di un uomo che, addormentato su un lettino da spiaggia, non si accorge di sé. Non può rendersi conto, perché dorme un profondo sonno, dell’erezione che sta avendo, visibile e impertinente per quanto involontaria e dunque irresponsabile. Dapprima castigato dal costume, insolito per questi lidi, poi evidenziata dalla fuoriuscita del prepuzio a cielo aperto. Un dettaglio nello sterminato paesaggio marino, in grado di scatenare una reazione incontrollata e maldestra, una reazione anticipata dell’eletto. In una spiaggia di nudisti.

 

 

 

Nota al raccontolibretto geppi

Il racconto fa parte di un progetto di scrittura chiamato taccuini. Lo scrivo a penna su un quadernetto e, dopo averlo trascritto, lo regalo a una persona che amo. In questo caso l’ho lasciato a mio fratello Geppi con la speranza che tra una cinquantina d’anni una sua nipote potrà venderlo e acquistare una casa a Lerici. effeffe

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17 Commenti

  1. Tanti anni fa una mia amica croata m’invitò in vacanza su un’isola adriatica dove si faceva nudismo. Stavano tutti nudi non solo in spiaggia ma anche al ristorante, in campeggio, al bar. Erano nudisti 24h. La mia amica croata sosteneva che l’isola fosse assai bella, ma questo non lo so perché non ci andai: forse lo scoprirà la nipote di tuo fratello, quando la potrà comprare grazie a questo racconto :-).

  2. il costumino a righe rosse e bianche per bandiera in realtà suggerisce quei lidi. grazie a te, Davide
    effeffe

  3. letto con piacere, nonostante la prosa descrittiva minimalneorealista vagamente ossessiva.
    : )))
    la “costruzione sofisticata di corpi estranei a sé” che chiude la prima sezione mi è entrata in risonanza col “fil rouge” dell’uomo che non si accorge di sé (in senso anche filosofico), tanto che per riflesso condizionato m’è venuta (ehm) in mente quella poesiola di Montale che narra di un uomo che non si accorge della sua ombra stampata sopra il muro dalla canicola. e siccome il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che realtà muta e quindi tace, ovvero muta, dicevo, solo per il fatto stesso di essere osservata/raccontata, è evidente che l’universo soggettivo dell’uomo-che-non-si-accorge-di-sé incarni il dettaglio irresponsabile che *viene accorto* da tutto il resto della fauna bipede da spiaggia e che la voce narrante diventi essa stessa strumento e meccanismo di “messa a nudo” della realtà: per accorgerci di noi, dobbiamo raccontarci. mmmm…. intrigante. e come corollario implicito, l’uomo che non si accorge dei propri istinti dorme il sonno della ragione (“non può rendersi conto”), subisce i propri sogni, subisce il proprio corpo (il prepuzio *respira da sé* “in una totale indipendenza dal battito del sognatore”) e forse anche per questo il mondo è pieno di cattedrali erette (ehm) in ossequio a meri bisogni inconsci.
    : )
    le parole della voce narrante, dunque, come presa di coscienza di una realtà che tace, che possiede la stessa “innocenza di un bruco, di un baco da seta, sospeso nell’incerto divenire” che va incontro alla muta “nell’ipotesi di una metamorfosi, l’unica in grado di fargli spuntare le ali come il cielo agli uccelli”, id est, che tesse la trama mentre dipana il filo del discorso, passo passo, e si rannicchia nel suo bozzolo ben fatto di parole da cui alla fine spunterà il racconto…
    ecco, in tempi in cui la scrittura brulica di sperimentalismi incapaci di comunicare altro oltre la parola stessa, trovare una scrittura che si fa racconto e/o storia con tanta naturalezza mi riconcilia con la prosa
    : ))
    bello anche lo sviluppo più surreale che neorealista nel finale, con l’evacuazione della spiaggia e la rivelazione quasi pirandelliana circa l’esistenza di una vita/verità nuda/nudista.
    aggiungo anche ciò che mi ha convinto meno (sennò il commento è inutile…). la mancanza di dialoghi, anche appena accennati, di “vive voci” umane non filtrate dall’io narrante fa perdere “vitalità” alla spiaggia (qualche concessione in tal senso, a bilanciare le tante digressioni descrittive poteva starci). e ancora, sulle digressioni descrittive, con buona pace di Steinbeck, in qualche passaggio mi sono sembrate più funzionali all’amore per la parola dell’autore (es: “e i piedi all’ombra di poco inclinati e puntati sui due lati: il piede sinistro sulle nove e quello di destra sulle quattordici”; “Lo spirito del tempo si offre alla vista in modo inequivocabile, nella sua istanza demografica” etc), che all’effettivo coinvolgimento del lettore. da ultimo ho notato una completa assenza dell’odorato (il più antico e il più viscerale dei sensi), mentre di norma odori/lezzi/afrori sono all’ordine del giorno in uno stabilimento balneare “odorato dal sole” e tale anestesia olfattiva appiattisce un poco la tridimensionalità del palcoscenico.
    : )

  4. Caro M,
    grazie davvero per questo tuo articolato commento. Ho trovato costruttive sia le note positive, per la capacità di dare consapevolezza a passaggi di cui, in tanto che narratori non si è spesso totalmente consapevoli, sia per quelle critiche condividendo con te la necessità di fare, nelle narrazioni, un gioco totale dei sensi, sempre e soprattutto quando la logica del senso sembra scapparci. Per i dialoghi sono d’accordo nel principio, per la funzione corale e polifonica che generalmente permettono, però credo che nei racconti brevi e in questo, in particolare, l’attenzione, forse, era bene che si concentrasse su un solo registro; qui contava il vedere non vedere, il farsi vedere, il disfarsi. effeffe

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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