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Marino, univoco e «disorientato»

(Dal Manifesto di oggi, l’editoriale a firma Tommaso di Francesco)
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Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha deciso di affiggere in Campidoglio le foto dei tre giovani coloni rapiti nei Territori occupati palestinesi. A quanto pare l’Oriente, estremo e medio, mette i paraocchi all’univoco primo cittadino. Allora gli domandiamo:

1) Perché denuncia il rapimento dei tre ragazzi israeliani e si prepara ad esporre le loro foto accanto a quelle dei marò — (mentre dei due pescatori indiani uccisi nell’operazione anti-pirateria, nemmeno l’ombra in Comune) — ma non prende posizione sui 196 minori palestinesi (27 dei quali con meno di 15 anni) incarcerati in Israele, spesso perché avevano lanciato pietre contro gli autoveicoli militari degli occupanti o le auto dei coloni.

2) Lei esprime giustamente solidarietà alle famiglie dei tre giovani israeliani rapiti, ma perché non dice una sola parola di conforto ai genitori di Ali al-Awour, 10 anni, ucciso a metà giugno, a Gaza, da un missile sganciato da un drone israeliano, e degli altri quattro ragazzi palestinesi uccisi dalle forze di occupazione dall’inizio del 2014: Adnan Abu Khater, 16 anni; Yousef al-Shawamrah, 14 anni; Muhammad Salameh, 16 anni; Nadim Nawarah, 17 anni?. Perché non esporre dal Campidoglio anche le loro foto? Per l’Onu, tra gennaio e aprile i soldati israeliani hanno ferito 250 minori palestinesi.

3) Perché non esprime giudizi sul «rapimento legalizzato» di 200 palestinesi tenuti in detenzione «amministrativa», ossia in carcere per mesi (talvolta anche per anni) sulla base solo di indizi e senza processo. È una misura cautelare contraria alle leggi internazionali e condannata dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Da settimane è in atto uno sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi contro questo tipo di detenzione. Negli ultimi giorni i detenuti «amministrativi» sono diventati circa 300, secondo la stessa stampa israeliana, poiché gli arresti di massa eseguiti dall’esercito israeliano, durante le «ricerche» dei ragazzi scomparsi, si sono trasformati in «detenzione amministrativa» per un centinaio degli oltre 400 palestinesi finiti in manette.

Chiede giustamente che i tre ragazzi israeliani siano restituiti alle famiglie ma perché resta in silenzio di fronte agli arresti eseguiti dai soldati di numerosi deputati ed ex ministri palestinesi e del presidente del Parlamento dell’Anp, in ritorsione per il rapimento?

5) Perché non ha preso posizione sulla costruzione nei Territori palestinesi occupati di massicci insediamenti e migliaia di abitazioni per coloni israeliani avviata anche nell’ultimo anno dal premier Netanyahu, in violazione di convenzioni e risoluzioni internazionali che condannano le colonie, come a Hebron, che impediscono solo pensare che possano esistere uno Stato palestinese e quindi una soluzione di pace?

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15 Commenti

  1. (a sproposito,il generone romano è sempre incinta). A me questa roba qua ricorda le geometrie variabili delle notizie, quando Kabobo si cimenta con le armi bianche nel suo giorno nero di ordinaria follia i giornali ne parlano una settimana, se ad impazzire, e non di fame in questo caso, è stato un italiano se ne parla poco e sottovoce, oppure, ma in questo caso non sono sicuro, quando si parla delle stragi di cristiani, in Sudan o ovunque accadano, e non si da lo stesso risalto a quelle compiute in senso contrario(che ripeto, è abbastanza probabile siano molte meno e non così efferate, ma questa è un’altra storia)

  2. Trovo normale di non obliare questi tre ragazzi, perché non sappiamo dove sono.
    Stati rapiti. Sono ostaggi. Forse sono torturati.
    E’un paese dilanatio.

    Chi parla degli scrittori, artisti israeliani che creano in favore della pace?

    Ci sono molti.

    Si parla sempre d’Israël come oppressore della Palestine.

    Israël ha altri volti.
    Credo molto nella gioventù.

    Quando Israealiani e Palestinesi si incontrano nella vita, trovano la stessa umanità.
    Un film lo racconta: une bouteille à la mer de Valérie Zenatti.

    In realtà la foto dei tre ragazzi è per mantenere la speranza.
    Per un ostaggio questa foto è vitale.

  3. cara Véronique, occorre credere anche nella gioventù palestinese, e non solo in quella israeliana. A causa di questo rapimento, certamente condannabile, già vari giovani palestinesi sono morti innocenti, a causa degli sbrigativi e sommari metodi delle forze armate israeliane, che concepiscono la vendetta molto più che la trattativa. La scelta del sindaco Marino è certamente una scelta di campo, che trovo difficile condividere, dato che da anni, nel conflitto israelo-palestinese, chi usa la forza militare senza scrupoli è soltanto la parte israeliana. Le domande formulate da Tommaso di Francesco aspettano sempre risposta.

  4. Caro Sparz,

    Il problema è che i Palestinesi sono governati da terroristi che non vogliano riconoscere lo stato d’Israël.
    Ogni volta che un passo potrebbe essere fatto in favore della pace, qualcosa inciampa.
    La violenza e l’assenza di dialogo non viene da una sola parte.
    In ogni modo penso che sovente le migliore cose accadono con i popoli e non con quelli che governano.
    Penso anche che un giorno ci sarà la pace.

  5. Non vogliono.

    Parlo degli scrittori israeliani che amo- perché conosco l’opera: come Etgar Keret.
    Mo potrei parlare di un poeta che ha saputo tradurre l’esilio: Mahmoud Darwich.

    Per la foto lo ripeto si fa sempre per chi è ostaggio nel mondo.

    Tutti sognano un mare:
    il Mediterraneo senza guerra rispetuoso della vita, delle culture diverse, della sua storia.

  6. Marino univoco e “disorientato”?
    Perché mai il sindaco Marino non avrebbe dovuto affiggere in Campidoglio la foto dei tre ragazzini, civili inermi la cui unica “colpa” è la propria identità di ebrei, rapiti da terroristi sanguinari?
    Certo, in un conflitto come quello israelo-palestinese i ragazzini offesi sono anche dall’altra parte, ma la differenza sostanziale, sta nelle modalità in cui ciò avviene. Un conflitto comporta sempre vittime innocenti, ma quello israelo-palestinese, pur nella sua drammaticità, ha costi umani infinitamente meno elevati (per la natura morale del suo esercito) di quello, per dirne uno, che sta dilaniando la Siria. Ma il focus, si sa, è sempre su Israele… Quanto ai minori palestinesi incarcerati, perché non parliamo di chi li manda irresponsabilmente a tirar pietre in prima fila, dopo averli cresciuti nell’odio?
    In Israele, unica democrazia della regione, le posizioni e il dibattito sulla questione sono estremamente articolate, e la gente non vede i palestinesi come un nemico da annientare, ma come un’entità con cui dialogare, seppur faticosamente. Chi lo dipinge come uno stato terrorista, e comunica le sue considerazioni come verità rivelata, è vittima di pregiudizi ideologici. Peraltro, i carceri minorili esistono anche da noi, per chi se ne fosse dimenticato, e probabilmente i reati per cui vengono utilizzati sono meno gravi…
    Concludo anch’io con una domanda: perché i palestinesi (e sono più o meno un milione e mezzo) possono vivere dentro i confini dello stato ebraico, e non viceversa?

    • Ahimè gentile Sparzani, con l’articolo a cui mi rimanda mi porta sul terreno dei fondamentali relativi alla questione israelo- palestinese, e questo non è di certo il luogo per affrontarli.
      Quanto meno, la lista di personalità israeliane presentate dall’articolo mi conferma nelle considerazioni fatte sulla società israeliana, quale luogo di vivace e democratico dibattito interno (altro che messe a tacere: ho visto coi miei occhi, sul campo, libere manifestazioni di dissenso nelle piazze). Magari si potesse dire altrettanto per la società palestinese, o per le altre nazioni arabe.
      Ci sono però un paio di precisazioni in merito all’articolo che mi preme fare.
      Non si fa buona informazione, quando si stigmatizza l’uso delle scuole palestinesi come postazioni militari israeliane omettendo che proprio le scuole erano usate come depositi di armi e postazioni di lancio dei missili dai palestinesi…
      Mi sento di rettificare, inoltre, l’uso che viene fatto, in accezione negativa e spregiativa, della parola “sionismo”, quasi assimilandola a una forma di colonialismo…
      Il sionismo è stato il movimento che ha portato un popolo calpestato dalla storia all’autodeterminazione, in una terra dove storicamente è sempre stato presente. Non l’abbiamo forse fatto anche noi italiani, col Risorgimento?
      Voglio concludere con una citazione di Adriano Sofri:” Non possiamo confidare nell’Europa e tanto meno amarla se non amiamo lo Stato di Israele (…) e il suo popolo misto, coraggioso e spaventato. Senza di che, temo che non si possa nemmeno amare la Palestina e la sua gente umiliata, coraggiosa e spaventata. Salvo che si faccia dell’amore per gli uni un grato pretesto per continuare a odiare gli altri”.

  7. mmh, forse siamo tutti portati alla semplificazione, ma poeticizzare una realta` in cui i piu` deboli pagano le conseguenze vivendo sulla propria pelle una segregazione dura mi porta a ricordare quella frase che parla di come le persecuzioni millenarie che gli europei hanno inflitto agli ebrei le pagano solo i palestinesi

    • Questo è, davvero, semplificare!
      Per quanto mi riguarda, la chiudo qui. Ho tentato il possibile,quanto ad argomentazioni serie, nell’angusto spazio dei commenti, che purtroppo si presta meglio agli slogan preconfezionati. Un saluto a tutti e grazie delll’ospitalità

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antonio sparzani
antonio sparzani
Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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