‘O Strega! : Ovunque proteggici (Nottetempo) Elisa Ruotolo

Immagine di Philippe Schlienger
Immagine di Philippe Schlienger

I ferri del mestiere

di

Francesco Forlani

(Nota al quinto dei dodici romanzi candidati al Premio Strega 2014)

 

Il Nottetempo (Knight Bus)  in Harry Potter, è un mezzo
che maghi e streghe possono utilizzare per spostarsi in Inghilterra, su strada.
È un gigantesco autobus a tre piani di colore viola scuro (blu nel film)
che ha al suo interno delle sedie scompagnate di giorno e dei letti a castello di notte.
Per far arrivare il Nottetempo è necessario puntare la bacchetta tesa verso la strada.
(da Wikipedia)

 

Elisa Ruotolo, una delle migliori penne del nostro panorama letterario, è una giovane scrittrice che se la guardi in faccia non ci leggi carriera; questo ti fa amare ancora di più quello che scrive come lo splendido Ho rubato la pioggia, uscito nel 2010, sempre con Nottetempo.
Vorrei approfittare allora di questa quinta lettura dell’O Strega per condividere con i lettori una considerazione che ho in mente da tempo. Riguarda la nuova generazione di scrittori, under 30,  ormai alle prese con un secondo o terzo romanzo e il cui talento sia fuori discussione.  Quanti di loro si sono formati sulle pagine di Harry Potter? Si tratta di una semplice intuizione che potrebbe far infuriare non poche persone, a partire dalla  geniale editrice Ginevra Bompiani, nonostante il fatto che la casa editrice sia omonima del magic bus della fortunata saga e  che come lei si chiami la futura sposa di Harry Potter, Ginevra Molly Weasley, Ginny per gli amici. Se a questo aggiungiamo che il premio in questione ha un nome decisamente fantasy, Strega, sembrerebbe davvero ricomporsi davanti a noi un puzzle quantomeno sorprendente. C’è un solo dettaglio che stona ed è che Elisa Ruotolo, classe ’76, è over 30,  e soprattutto non ha mai letto Harry Potter, come mi ha lei stessa confessato in una recente conversazione.

ovunque-proteggici-d231In quella che è stata definita, “un’intensa saga familiare”, la storia attraverso ben cinque generazioni dei Gerosa, un certo realismo magico si coglie dalle prime battute, insieme alla moltiplicazione durante il racconto dei personaggi evocati. Se di realismo magico si deve parlare, però, sarà più nel segno  di Anna Maria Ortese, dell’Iguana, per esempio, che di quello latino americano, com’è stato scritto, e il consistente numero di personaggi,  messi in campo, farà certamente pensare al romanzo moderno, quello non contaminato dalle scritture di genere o peggio ancora dall’autofiction.

E intanto mi viene da pensare a come il nome Rowling rimandi al termine inglese Rolling che, nella traduzione in italiano,  corrisponde quasi al nome della giovane scrittrice di Santa Maria a Vico, Ruotolo. La questione, forse, è meglio chiuderla qui.

La prima domanda che mi è invece sorta spontanea dopo aver letto, Ovunque proteggici,  è stata chi o cosa potesse proteggerci e la seconda, essenziale, da chi o da cosa. La sola risposta  possibile la troviamo nelle prime pagine di cui consiglio vivamente la la lettura.

Dopo la dimenticanza di cuore, il Vecchio Girosa dovette provare anche quella di testa. E da allora i suoi pugni divennero tanto feroci da dargli fama di pericolo. Combatteva ogni sera fino a ridursi in melma, poi di ritorno guardava fisso quei genitori bambini che avevano rivoltato la terra per ricavarne solo un ferro scacciaruggine – rubato nella campagna veneta a rischio di buscarsi la pellagra – e una cassa di legno senza attrattive, acquistata in un negozio di robivecchi. La chiamavano Mondo Novo, ed era il loro ultimo sistema per fuggire ancora da quelle stanze in cui di notte giravano a vuoto.

Il Mondo Novo, una scatola custodisce un ferro del mestiere, una lima, il cui compito è quello di levigare, proteggere le cose dalla ruggine. La ruggine si sa, è nemica anche della memoria, è l’ostacolo più duro da affrontare per riconciliare le esistenze, amici che furono amici, amanti o familiari. “Dovevano avere con lui una ruggine segreta (Manzoni). Una forma di rancore o di rimorso che disgrega gli elementi, manda in rovina. Una lima che in questo magnifico romanzo vuol dire comunque salvezza oltre ogni suo possibile uso, di recidere o levigare, scrostare. Nella prima parte, storia di una famiglia, per esempio, accompagna le gesta eroiche del Vecchio Girosa tra le trincee della prima guerra mondiale. La Der des Ders, l’ultima delle ultime,  come l’avevano chiamata i francesi riservando il maschile ultimo ai fanti che l’avrebbero combattuta. Dopo quella non ci sarebbero state più guerre, dopo di loro non ci sarebbero stati più soldati. I Gerosa, tutte e cinque le generazioni messe in campo dall’autrice, combattono la loro penultima guerra, contro il tempo, paesi inospitali, la miseria, padri contro figli, mettendo in conto insieme ai rischi e pericoli,  l’estinzione stessa della famiglia e delle risorse delle eredità. Il patrimonio, per quanto custodito dalle madri, è una casa-cassa, una villa che di stanza in stanza trattiene le voci di tutti, e innanzitutto della voce narrante, quella di Lorenzo Girosa che di questa guerra ne porta le stimmate; nei pugni stringe una lettera anonima, un segreto di famiglia, che brucia. Solo una lima bastarda potrà proteggerlo; con quella dovrà limare le sbarre della memoria,  evadere dalle stanze, dal passato, per guadagnarsi qualcosa di simile al futuro. Si tratta davvero di una guerra degli ultimi. 

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Come nel pregevole libro precedente della Ruotolo, Ho rubato la pioggia, Blacmàn, al pari di “Leggenda” nei racconti, incarna il male necessario, l’uomo nero, a modo suo un mago, un affabulatore, artista di strada che, nella costruzione della paura del proprio figlio, sa di dovere sacrificare al buio la propria luce.  Allo stesso modo Elisa Ruotolo  guida il lettore attraverso tutti i chiaroscuri di una vicenda che vuole essere esemplare per ogni perdono; lima le sue frasi rendendole riconoscibili per grazia, invenzione, ma soprattutto per far sì che sia sottile la sua esplorazione dei personaggi, verosimile la voce di maschio che lei femmina ha deciso di indossare. Un libro da Premio Strega? Quasi.

La ruggine, sembra in alcuni punti prendere il sopravvento anche nella narrazione. Si ha come l’impressione che dispositivi narrativi, cambio del piano narrativo  da soggettivo a oggettivo, rallentino la narrazione.  Il passaggio dai paesaggi interni fisici e mentali, comunque predominanti, a quelli esterni, minori per numero ma assai felici, appesantisce a volte lo scorrere fluido del recitato, rendendone incerto il passo. Come se stridessero forma romanzo e forma racconto in cui Elisa Ruotolo offre le migliori prove. Al pari del protagonista, Lorenzo Girosa, da lettore, ho pensato:

“All’intonaco che non teneva e c’era bisogno di una sistemata. Alla ruggine da piovana che ogni volta mi impediva d’aprire la cassetta della posta”

Vorrei però aggiungere che è valsa la pena percorrere il viaggio fino in fondo; seguirne gli itinerari; affrontarne ogni paura fino a scoprire che “Villa Girosa non era più un’enorme  scatola in uno spiazzo di terre disabitate” e  confortarci  così con l’idea dell’avvenuta evasione,  del potere dell’immaginazione. Un libro da cinquina, certo.

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2 Commenti

  1. (Che poi l`anno prossimo partecipo anche io allo Strega. Ho gia` la sinossi, anche se non e` proprio un capolavoro di originalita`. Due boscaioli vogliono conquistare le grazie della nonna di cappucetto rosso, cosi` ne parlano col lupo che suggerisce loro di intascare furtivamente i denari chiusi nella cassaforte della segheria per comprarsi i costumi adeguati e sostituirsi alla nipote della vittima prescelta, non prima di averla convinta a partire in campeggio con la falsa speranza che la nonna l`avrebbe raggiunta in un secondo momento. Una volta fattisi aprire la porta gli stessi risparmiano la vita all`ottuagenaria ormai regredita per consunzione a uno stadio infantile in cambio di vitto,alloggio, e dei risparmi di una vita, comprandosi la sua accondiscendenza dietro la minaccia di non rivedere piu` sua nipote, nel frattempo trattenuta in vacanza dalla compagnia di frati trappisti che gestisce il campeggio come a suo tempo concordato. Certo poi bisognera` farcire la storia con civette, montagne e qualche scia chimica, aggiungerci una gravidanza isterica, interpolare il tutto alla luce delle regole della grammatica e dell`analisi logica, ma poi penso che alla fine della giostra una storia non completamente scevra di fascino possa uscirne fuori)

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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