Articolo precedente
Articolo successivo

I poeti appartati: Nunzio e Giuseppe Festa

gli alberel

Gli alberelli del dopolavoro

di

Nunzio Festa

Nella loro innata semplicità, sono creazioni che riempiono due momenti vitali.

I loro compiti: coprire il momento del riposo prossimo al lavoro e posizionato quotidianamente tra lavoro e lavoro, dopo una giornata di cantiere e prima d’un’altra giornata di cantiere; riempire l’immagine del regalo a chi si vuol bene o a chi, in maniera più semplice, si vuol ringraziare. Gesti d’affetto; il primo per se stesso, il secondo per gli altri – a cominciare dalla più prossima delle persone che si hanno a disposizione.

Il rame s’intreccia ai pensieri. Ed, evidente che sia, spinge i suo colori (dello zincato come del rossiccio) verso l’unico rinfrancarsi possibile. Quando la famiglia dista circa un migliaio di chilometri dal posto di fatica e mentre lo spazio del lavorare abita, quindi, migliaia di metri dalla propria casa.

Giuseppe Festa, mio padre, ha iniziato a rapportarsi con i mestieri in genere all’età di dodici anni. In un caseificio gli han innanzitutto insegnato a “fare le mozzarelle”. Ma è stato l’incontro con un anziano del suo paese d’origine, Ginosa, provincia di Taranto e provincia d’alluvioni che fanno danni su danni, a regalarsi un altro segreto, che questa volta è da custodire nella cesta, poco spaziosa sicuramente, del tempo libero.

Anche se l’opera delle mani è incontra la dimestichezza che ci vuole per preparare la pasta di latte, epperò cresciuta nella lucidità e nella fermezza della carpenteria.

Da sempre lui si sposta dal suo paese d’adozione, Pomarico, provincia di Matera e provincia di frane e smottamenti che fanno paura legata col nastro della rassegnazione ad altra paura, per “non restare fermo”.

Giuseppe Fest

Però l’operaio, se messo in condizione di ‘procurarsi il pane’, ha pure la necessità di togliersi dalla testa cattivi pensieri e solitudine. Dove non conosci persone, per esempio. Oppure mentre sei in zone difficili da scoprire. Almeno che tu non voglia o sia costretto dalle condizioni imposte a stare nelle lamiere di quelle baracche montate tipo sul correre delle autostrade – panorama di molti spostamenti e viaggi. Ché i cantieri, specie nell’ex Belpaese, son sempre aperti. E da secoli i padroni dunque han studiato una formula sicura: issare nelle zone d’intervento dell’appalto di turno, quando tipo il lavoro durerà molti mesi, casette in lastre di lamiera che dovrebbero garantire agli operai il riposo del ‘trasfertista’. Che poi possono trasformarsi, alla bisogna certo, in veri e propri alloggi temporanei. Si legga, come a prendere una fotografia recente e famosa, la letteratura di settore sui cantieri aperti dalle parti del Mugello. (Perché là, inoltre, gli interventi finanziati han messo le maestranze e gli operai generici, vedi i lucani di Lauria, partiti per salire senza valigia di cartone ma con certezze di stabilità di cartone sui monti della Toscana, in un’ulteriore situazione imbarazzante: ché son essi stessi, insomma lo è il loro ‘normale’ lavoro, nel contempo contro popolazioni in opposizione ai progetti e immediatamente coinvolti nelle operazioni a danno delle fonti acquifere dell’area ospitante).

Con finto distacco, mio padre posiziona le sue opere sul tavolo che accoglierà la cena. Pronti per la foto.

Questa volta è quasi testimone d’un successo. Soddisfatto che finalmente qualcuno torni a interessarsi delle sue cose.

Ogni volta che ho regalato a qualcuno le sue creazioni, lui era “fuori” almeno dalla Basilicata.

Adesso gli alberelli che ha intrecciato nel recente passato sono soltanto un ricordo. Che però potrà ritornare in forma di futuro. Scostando, su tutti, relax più di sicuro più dispendiosi.

Non è andato e non andrà a giocare a carte nelle osterie di Massa e Carrara ripresi da Rovelli, Giuseppe Festa. Comunque i suoi alberelli sono un brindisi del lavoratore.

Print Friendly, PDF & Email

3 Commenti

  1. Molto bella l’arte del padre raccontata dal figlio, è lì, nel germoglio azzurro di quell’alberello curatissimo che sembra nascere dal filo spinato che nasce la poesia di Nunzio festa. I rami sono le lingue di fuoco della sua Lucania che brucia. Forse si inaugura in questo modo una rubrica impossibile (una delle tante e bellissime e impossibili rubriche di Forlani), quella del figlio artista che racconta l’arte di un padre?

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Uno spiritello si aggira per l’Europa: Incurables.

di Incurabili
Oggi 21 novembre 2024 uno spiritello si aggira per l'Europa. Un movimento generazionale e rigenerativo di cui vi diremo meglio, e racconteremo il Manifesto, articolo per articolo, il 30 dicembre prima di fare il botto.

Evviva Sud. Nuovo numero 24: Itinera

di Francesco Forlani
Come ogni anno, con salti mortali e piccoli miracoli tra amici, fresco di stampa il nuovo Sud esiste, su supporto cartaceo in una tiratura limitata e disponibile gratuitamente in edizione digitale insieme all'intera serie a questo indirizzo.

Il mio manoscritto di Saragozza

di Francesco Forlani
Da meno di un mese il romanzo manoscritto del Furlèn dedicato a Errico Malatesta, in parte nato proprio qui con il diario di Saragozza, è in giro. Una spedizione ambiziosa ma con cognizione di causa e di possibilità di scacco.

Les nouveaux réalistes: Cristina Pasqua

di Cristina Pasqua
Sapendo di incorrere nelle ire di sua madre e del nonno, che quella casa l’aveva tirata su spezzandosi le reni, all’alba, prima di coricarsi, eliminava le tracce del suo passaggio con attenzione maniacale.

Note da Gerusalemme: Lucia D’Anna (suite)

di Lucia D'Anna
“Come da manuale” quando si suona in ensemble d’archi, prima di iniziare a produrre suoni, succedono una serie di piccole cose che di solito nessuno nota ma sono importanti. Si poggia l’arco sulle corde del proprio strumento, passa una frazione di secondo, poi si alza il proprio sguardo per incontrare quello di chi sta dirigendo.

Note da Gerusalemme: Lucia D’Anna

di Lucia D'Anna
Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: