I poeti appartati: Massimiliano Damaggio
da “Edifici pericolanti”
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1) Sell in, sell out
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Poesia della forza vendita
Esiste il tempo degli uomini in affitto
ripiegati in due dentro il contratto
nell’atto di spalancare la bocca
per ingoiare la moneta: Complimenti
mi dice il manager, Lei è in progressione
tuttavia non sa gestire le persone
ci vuole la carota, e ci vuole il bastone
Esiste il tempo dei ruminanti
che sanno l’intimo piacere del bastone
il Suo obbiettivo è essere una molla
caricare il significato dei corpi: Lei
deve scavalcare la catasta dei giorni
sopra cui sta un obbiettivo, che ci segna
La responsabilità del fatturato
Di notte invio i dati di vendita del giorno
nel silenzio dei condomini appesi nel sonno
lo stormo di cifre che trapassa il corpo
in ginocchio sulla statistica, e la paura
che chiamino, a quest’ora, per avere spiegazioni
Dino sta sotto budget da almeno tre mesi
ti dicono di dirgli che è un coglione
non è un insulto, ti dicono
è questo il risveglio
La cessazione del rapporto di collaborazione
Gianluca, hai il sorriso ferito
dalla forbice fra obbiettivo e fatturato
sulla sedia blindata della riunione
carichi in canna il resoconto ultimo
e ti si sente
attorno un largo silenzio, e nel rumore
del tuo dissesto interiore ognuno sta
nella posizione da contratto
Dietro questi piccoli quadri
si muovono gli uomini abbaiati
dal cane del credo quotidiano
Lei ora appartiene, ti dicono
all’archivio dei nomi in disuso
Maurizio il caposettore e il Rackjobber
Tutto il giorno ho allineato
i prodotti sullo scaffale
come fossero versi
e ora sto con l’ordine in mano
fra i carrelli abbandonati
dove dormono i bambini
consumati, nel silenzio
e in questa devastazione, Maurizio
stiamo, fra i carrelli abbandonati
È questa la semina del bulbo
per le voglie del margine
il campo defunto, e il feto coltivato
che sboccia sul ripiano e si apre in sconto
Questa la trincea per il significato
l’obbiettivo, e poi il punto
che l’orario ci mette al nome
2) Iperghetto
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Parla Sankara
Certo, si scrive per la purezza
per questa cosa bianca fra le due virgole
per questo toccare le grandi questioni
dell’origine e della morte: si deve
tentare di essere uomini e
rivestire di parole il fatto
di esseri bipedi
Decliniamo in segni cose e avvenimenti
ma quello che interessa è la sintassi
per l’esatta definizione del mondo
il mondo altrimenti domani scompare
Ma è anche una parentesi di carne
in questo defluire di cognomi
digressione di ossa in movimento
non altro: sono i molti
dove le grandi questioni coincidono
con la data della nascita
e con la data della morte
Il bambino di quindici mesi
si è guardato in giro e ha visto
la sua propria immediata estinzione:
è passato di qui, come un caso
poi è subito morto in diretta
perché non c’era molto da mangiare
Si scrive non per salvarlo, poiché è morto
ma per farlo vivere, nella sua morte
Allo svincolo per l’autostrada
Ti trovo la sera seduto sulle parole
inefficaci dell’uomo evacuato
fra gli scarti della giornata
ti porto del pane
Ma sono gli allarmi a rispondere
questo vento che scende nel tuo silenzio
dove attendi nel fondo della notte
un suono riemergere dal fondo della carne
Faccio una battuta e sopravvivo
ma prendo per amore l’elemosina
e sosto, senza amore, perché è semplice
condividere del prossimo
il meno e non il più a me prossimo
Dissonetto novenario del simposio
Ritornando a piedi da Fàliro
perché s’era scassata l’auto
nel traffico di Kifissoù
che una volta era stato un fiume
mica facevo Apollodòro
o parlavo di ragazzini
o pederasti innamorati
Il solo simposio concesso
contrattare col pakistano
per l’acquisto di tre accendini
sotto il ponte dell’autostrada
fra i bambini vuoti e avariati
un tossico quasi cariato
un morto che ingoiava asfalto
3) Essere e benessere
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Jeff Buckley
Siamo qui per la bellezza, ma
come rifugiati fra due porte
in attesa di un fuoco qualunque
che commuova il calendario
In questo venire e andare di corpi
non hai nemmeno il tempo di dargli un nome
lanciano sul tavolo poche parole, si alzano
Siamo qui per la bellezza, ma
come pieni di linee scure
che potevano essere albero, nuvola: attendiamo?
nell’apnea delle disattese
sul fiume galleggia un ragazzo
la sua acqua nella voce
modula una fiamma
per chi, liquido, sta
Coito interrotto
Affacciato sopra un foglio o
alla campana del vetro
dove giacciono i frammenti io
sto
nella scarsa alternativa
fra maneggiare segni
e segnarmi le mani
Per questo la pagina
è un brandello, per questo
io sono interrotto, come il coito
di un amore incompleto
Reparto gastroenterologia
Questo uomo sul fondo del letto
che a fatica riemerge, a fatica
ruba un pugno d’aria
è il tuo ritratto, nei ritratti infiniti
di ogni uomo sul fondo di ogni letto
È un dolore cordiale, una mezza allegria
regalare due gocce d’acqua
alle labbra spaccate, che sono state tue
che sono state d’altri
sepolte da luci diplomatiche
che non separano le ombre dalle ombre
nello scambio di respiri dell’ultimo minuto
Adesso è molto tempo che tutto questo vuoto è tuo
questo luogo
disabitato da un morto, abbandonato da un vivo
4) Epiloghi e simulazioni
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Il sig. Lieto Neri Pellegrini
Nessuno sa dove sia, pare
non dorma più, roso
dai rimorsi, il ponočnik, il pomočnik
il luogotenente nottambulo, forse
nelle gole del Montenegro, in Grecia
murato in un monastero, rifugiato
in grembo alla Russia, banalmente
nascosto nel bunker di Pale, in Bosnia
si aspettano di trovarlo morto: era
dicono di lui, si chiedono: chi era?
*
Kara significa nero
Hadzi pellegrino
Radovan esser lieti
Sig. Radovan Karadzić
Lieto Neri Pellegrini:
settantacinquemila vittime civili
quattrocentodiciassette massacri
trecentosettantotto lager
novantatré fosse comuni
*
Pellegrini ragazzino rumina
la sua povertà, pascola capre
nei lunghi inverni, suona
la guzla, Lieto, immigrato sedicenne
scende dai monti, entra smarrito
a Sarajevo, apprendista poeta, ma
ha una pancetta borghese
la salute cagionevole
ama la vita comoda
è un codardo, ha paura
anche della moglie, soffre
di crisi umorali, ipocondria
la gente ricorda di lui
la vanagloria, il barare al poker, insomma
un piccolo innocuo cacciaballe, tipico
prodotto di un’allegra baracca
che si chiama Jugoslavia
*
Nel mille novecento ottanta quattro, non per le poesie ma per i soldi, è arrestato
per aver messo le mani sui fondi di edilizia allo scopo di costruirsi una villa
si fa undici mesi di carcere, viene assolto, è il segno
è già legato mani e piedi al sottobosco jugoslavo
*
Torna
completamente cambiato, si dà
al gioco d’azzardo, tira l’alba
nelle bische, in carcere
ha imparato a bluffare
ha sposato Liljana, così tetra
da noleggiare ai funerali
Lieto la decanta a gran voce
millanta di sapere l’inglese
ma entra in un negozio londinese
per acquistare dolci, ne esce
con scatole di carne per cani
*
Quando Belgrado lo mette a capo del partito democratico serbo
i bosniaci, serbi compresi dicono: questo chi è?
dopo, qualcuno dirà che fu una scelta mirata, che si cercava uno psichiatra
per costruire la guerra prima di tutto nei cervelli
ma
*
tutto è più banale, è una nullità
ambiziosa, ubbidiente, talmente
poco serio, nessuno
potrà credere che con lui
i serbi si preparino alla guerra
tanto più che in quel momento
nulla annuncia il mattatoio
Lieto non sente l’odore del sangue
Lieto sente il profumo dei soldi
coglie l’occasione per ambizione
o forse è costretto a coglierla
non sembra un manipolatore
ma un manipolato
*
Si arricchisce, e lo ostenta
gira in auto blindata
ascolta Bach, smette
di fumare, di vedere
film porno, di bere
whisky, si sottopone
a un corso intensivo
d’inglese, va in chiesa
per la prima volta
in vita sua, si dice
discendente di Vuk
Karadzić, padre
della lingua serba
falso, ovviamente
La moglie colleziona
centinaia di scarpe
usa l’elicottero
per portare il cane
dal veterinario
La figlia, direttrice
del centro stampa
accoglie i giornalisti
dipingendosi le unghie
*
Le radici, sempre negate
diventano un vanto
Sono un figlio del monte Durmitor
la galera per malversazione
diventa persecuzione
ingrassa, mente
sistematicamente:
facile con i contadini, tra cui diffonde un elenco di donne serbe
destinate agli harem dei musulmani
meno facile con i giornalisti, che convoca anche di notte
nella sua stanza all’Holiday Inn
*
Lo incontro, gli dico
attorno a Sarajevo
ci sono posizioni di mortai serbi
lui ride, ribatte non è vero
allora gliele elenco, una per una
farò controllare
gli parlo di serbi, mobilitati
con la forza da altri serbi armati
gli indico nomi e indirizzi
scuote la chioma
farò controllare
*
Ma appena comincia la guerra
scopre che il mondo se le beve
tutte
Altro materiale
I cadaveri sono molti
impossibile conversare
con un uomo e la sua tasca
dove si nasconde
quando incontra un altro uomo
che lo spia dal portafogli
Esiste il tempo degli uomini nascosti
nel fondo del corpo stanno
gonfie di istinti le cose incerte
Esiste il tempo in cui bisogna stare
complementari come accessori
oggetti che non sanno la sommossa
come un abbonamento
*
Molta la decomposizione, l’estinzione
in corso d’opera
in fondo all’acqua acida
perdiamo la sintassi
Insistiamo a camminare
come sintomo di esistenza
non vivere, ma qualcosa
È superflua la sintassi
al monosillabo di corpi in forma di dolore
confusi nell’urlo gutturale delle cose
frutti preoccupati del verme anticipato
che ancora tentano una rima
da accoppiare al corpo e alla sua durata
Alcune note
(Maurizio il caporeparto e il Rackjobber) Per un certo periodo, ho lavorato come venditore in una multinazionale che opera nella grande distribuzione organizzata. Durante un meeting (e non riunione) scoprii di essere diventato un rackjobber (e cioè lavoratore dello scaffale o meglio scaffalista). Questa figura è l’involuzione del venditore e del rappresentante. Il suo scopo è di presidiare lo spazio espositivo al fine di ottimizzare la vendita del prodotto.
(Dissonetto novenario del Simposio) Fàliro è esattamente la stessa Faléro citata da Platone nel Simposio. Durante il tragitto da Fàliro ad Atene, Apollodòro narra a un amico di quanto avvenuto al Simposio e dei ragionamenti sull’amore di Socrate e Diotima. Kifissoù, detta anche Potàmi (fiume), è chiamata l’autostrada che congiunge Atene con Lamìa e che, nel tratto urbano ateniese, scorre sopra il fiume Kifissòs (ital. Cefiso), che sfocia presso Fàliro.
(Il sig. Lieto Neri Pellegrini) Poesia estratta dall’articolo “Karadzić, il prescelto”, di Paolo Rumiz, Il Diario, 1996. Questo è uno dei pochi testi sopravvissuti a un trasloco, e ritrovati per caso. Scritti fra il 1998 e il 2000, formavano un lavoro chiamato “Storie”. Si tratta di poesie composte partendo da un articolo di giornale da cui prelevavo le cose necessarie che potessero combinarsi fra loro secondo un senso ritmico, evocativo, o giocoso, ironico. Non utilizzavo le frasi che più m’interessavano per poi rimontarle a mio piacimento, seguendo un mio senso estetico e dando loro un significato diverso rispetto a quello del testo originale in cui erano contenute, ma l’esatto contrario: mi attenevo all’originale utilizzando quanto ritenuto essenziale e ridisponendolo poi nell’ordine esatto in cui si trovava. La differenza con lavori simili, cioè di poesia estratta dalla cronaca, sta in questo. La mia non era un’interpretazione di ciò che leggevo, ma un’elisione del superfluo per giungere a una poesia popolare, per sottolinearne il carattere narrativo, come le ballate dei cantastorie di un tempo. Ho ultimamente ripreso questo lavoro concentrandomi sulla pubblicità. Mi sembra che la pubblicità, nella sua pseudo poeticità, sia in realtà la forma evocativa che meglio racconta il nostro periodo storico.
I commenti a questo post sono chiusi
un prezioso traduttore di poesia greca contemporanea e poeta “appartato” che rende giustizia al “nostro essere bipedi” e al senso necessario della traduzione dell’esperienza vita in “memoria”.
grazie.
bravo Max! mi piace il ritmo e la musicalità che dai al già solido tema sociale delle tue poesie…la pasoliniana terzina ti va a pennello: provala con più audacia…
Stupende, Massimiliano. Questa idea dell’elisione del superfluo per giungere a una poesia popolare e’ molto interessante, ma solo un vero poeta potrebbe raggiungere simili risultati…bravissimo.
Probabilmente il più autentico e intenso poeta civile del nostro asfittico panorama italiano. Il suo senso di commozione rispetto alla sofferenza del mondo non è – come fanno in tanti – una posticcia scelta tematica, ma una vera e propria dimostrazione delle proprie cicatrici sulla pelle.
molto apprezzate
molto bravo Massimiliano, molto densi questi tuoi testi, come sempre.
un caro saluto
Antonio Bux
Grazie. Grazie a Francesco.
Alcune cose strepitose
complimenti massimiliano. ho davvero apprezzato soprattutto le prime poesie “contrattualistiche” il loro senso del ritmo che trascende il contenuto apparentemente prosaico per farne vera poesia di intensa forza civile. ben costruito poi il dissonetto. davvero ottime cose. non conoscevo bene la tua poesia ma adesso mi rallegro del fatto che esistano ancora cose pregevoli come queste
Stupende. Grazie.
Non voglio fare il jerk ché non è più tempo né aria, ma mi spiegate dove sta la poesia in queste disamine di agra realtà quotidiana? La pars destruens è alla portata di tutti, sulla propria pelle, come *risveglio* dal torpore dei diritti acquisiti su duemila miliardi di debito pubblico. Qui non c’è alcuna forma poetica propria, a parte che in “tutto il giorno ho allineato”. Saluti.
A me sembra che la poesia sia lì ,esattamente dove lei non la vede. Mi scusi cos’è la pars destruens? Perdoni la mia ignoranza…
Saluti
Poesie veramente stupende…
Complimenti Max
ciau GiusCo
mi sembra cosa ricca il controcanto
in generale
dunque benvenuto
effeffe
Le prime poesie sono la migliore risposta alla sfilza di numeri che dettano il mio agire quotidiano. Grazie
Questa è la cosa più bella che mi potesse capitare. Grazie a te.
Ciao effeeffe, mi sono permesso perché “tutto il giorno ho allineato” è davvero una bella poesia (diciamola montaliana), che ben calza la voce e lascia margine al pensato. Il resto è didascalico, urlato o mimetico, adatto a reading orali che devono far presa immediata ma che -a mio modesto parere- non si depositano quando la foga è passata. Saluti di nuovo a te e a Damaggio. Giuseppe
Bravo GiusCo, o fu. Ma leggamoci la Calandrone. FF ti adoro, lo sai, ma non amo le macine rimacinate e neanche la sfilza di amichetti invitati a cena per festeggiare un compleanno. Certamente ci troviamo davanti ad uno dei 300 migliori poeti italiani e cconsiderando che ce ne sono 1.234.360 secondo le ultime stime, va bene.
NI deve essere agone e produzione.
Elogio hai vinto, lo riconosco. Sulla signora Calandrone, qui, giusto 20 giorni fa: http://vibrisse.wordpress.com/2014/01/27/la-formazione-della-scrittrice-3-maria-grazia-calandrone . Troppo razionale per farmi prendere dallo sciamanesimo (sciammannesimo?) in versi, pur riconoscendo lo spessore della voce (top 4 nell’antologia Nuovi Poeti Italiani 6 con Frene, Pugno e Mancinelli). Ciao, continua a farti vivo qui sopra che sei degno contraltare a noi mentaloni. Giuseppe
Mi piacciono molto. Bravo Massimiliano.
Molto interessante.