Articolo precedente
Articolo successivo

La mia terra

di Vincenzo Pardini

5decemb1 Con la terra ho sempre avuto un legame di viscere e di mente. Non potrei vivere in città; mi sentirei peggio di un orfano o di un recluso. Debbo guardare la terra ogni giorno, alla stregua di un volto e di un corpo che si ama. Quando la lavoro (taglio di erba e seminagione) avverto che mi trasmette un’insolita energia: un contraccambio di sentimenti e di sensazioni. Non ricordo quando, ho veduto un documentario: c’erano dei negri, forti e alti che, poggiati a terra sulle braccia, mimavano un rapporto sessuale con lei. La visione di quei corpi trasmettevano una forza primitiva insuperabile: quella che anche noi siamo fatti di  terra, impastati da Dio nella sua polvere e poi modellati a immagine e somiglianza di Lui. Non posso sopportare chi getta rifiuti nei boschi e nei prati. Sento che la terra se ne offende, alla stregua di una madre insultata e percossa dal figlio. Stanco durante il lavoro, mi siedo su un poggio, il cane accanto. I suoi sguardi e il contatto con il suolo mi infondono prima serenità di  spirito, poi energia. La terra non mi ha mai tradito. Ogni volta che torno in quella natale, mi accoglie e mi fa rivivere quanto di bello ho avuto. Non solo i ricordi. Ma i suoi odori, specie vicino ai torrenti o al fiume: dove acqua, sassi, alberi e rena sono un mondo di quiete e di armonia. Quando la raccolgo, tenendola in pugno, non la stringo mai. Mi sembra di avere tra le dita un cucciolo di cane, di gatto o di lupo, a cui potrei far male. Perché la terra, pur essendo immensa, è anche delicata e sensibile. Vuole sentirsi amata, vuole sentirsi dire che le si vuole bene. Deturparla e inquinarla è un’autentica bestemmia. Un peccato che, mi pare di capire, grida vendetta davanti al cospetto di Dio, perché è Lui che l’ha creata, dandoci, oltre la madre naturale, lei. Io sono innamorato della mia terra.

Print Friendly, PDF & Email

2 Commenti

  1. LA MIA PIANURA
    .
    Amara nostalgia della mia terra
    piana, per vaste lande senza limiti,
    senz’orizzonte certo, mai immobile
    per essere raggiunto dallo sguardo.
    .
    Sconfinata pianura dell’Emilia
    distesa al sole o invasa dalla nebbia,
    lambita dal maestoso lento fiume
    con silente carezza alla sua sponda.
    .
    In lei mi specchio, anch’io senza orizzonte
    certo e ben definito, l’animo teso
    all’infinito vago e irraggiungibile,
    unica meta per il mio vagare.
    .
    Giorgina Busca Gernetti

  2. mi permetto – e spero che lui non me ne vorrà – di riportare la mail che mi ha mandato il grande Vincenzo Pardini il giorno dopo avermi spedito il suo testo:

    “Grazie a te. Mi ha portato bene. Poco fa sono caduto a terra, rovinosamente. Una scivolata. Ho riportato solo qualche doloretto. La terra è con noi. Un abbraccio.”

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Nessuno può uccidere Medusa

Marino Magliani intervista Giuseppe Conte
Io lavoro intorno al mito dagli anni Settanta del secolo scorso, quando mi ribellai, allora davvero solo in Italia, allo strapotere della cultura analitica, della semiologia, del formalismo, una cultura che avevo attraversato come allievo e poi assistente di Gillo Dorfles alla Statale di Milano.

Dogpatch

di Elizabeth McKenzie (traduzione di Michela Martini)
In quegli anni passavo da un ufficio all’altro per sostituire impiegati in malattia, in congedo di maternità, con emergenze familiari o che semplicemente avevano detto “Mi licenzio” e se ne erano andati.

Euphorbia lactea

di Carlotta Centonze
L'odore vivo dei cespugli di mirto, della salvia selvatica, del legno d'ulivo bruciato e della terra ferrosa, mischiato a una nota onnipresente di affumicato e di zolfo che veniva dal vulcano, le solleticavano il naso e la irritavano come una falsa promessa. Non ci sarebbe stato spazio per i sensi in quella loro missione.

Un’agricoltura senza pesticidi ma non biologica?

di Giacomo Sartori
Le reali potenzialità di queste esperienze potranno essere valutate in base agli effettivi risultati. Si intravede però un’analogia con la rivoluzione verde, che ha permesso l’insediamento dell’agricoltura industriale nelle aree pianeggianti più fertili, e ha devastato gli ambienti collinari e/o poveri.

Pianure verticali, pianure orizzontali

di Giacomo Sartori
I viandanti assetati di bellezza avevano gli occhi freschi e curiosi, guardavano con deferenza i porticcioli e le chiese e le case, ma spesso anche le agavi e le querce e le rupi. Sapevano scovare il fascino anche dove chi ci abitava non lo sospettava, per esempio nell’architrave di castagno di una porta decrepita o nell’acciottolato di un carrugio.

RASOTERRA #2

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)
A Mommo gli orti e i campetti sono striminziti, in un secondo zampetti da una parte all’altra. E sono in pendenza, perché lì sul fianco della montagna non c’è niente che non pencoli in un senso o nell’altro, anche le case e le strade e i prati si aggrappano saldamente per non scivolare a valle.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: