Articolo precedente
Articolo successivo

In mezzo alla terra

di Franco Arminio

5decemb1 Oggi ancora Puglia, ma è un viaggio muto, non voglio portare a casa impressioni particolari, non voglio trovare niente di nuovo. Vago tranquillamente nella campagna. Mi fermo davanti a una masseria semiabbandonata. Poi passo per Ordona, ma oggi i paesi non mi attirano, potrei andare a Stornara e a Stornarella, preferisco camminare un poco a piedi su queste strade tra i campi dove non passa nessuno. Si vede tanta terra da ogni lato, ecco, sono qui per la terra, sono qui lontano dall’Italia urbana e anche da quella paesana. Oggi sento di avere la giusta densità umana per stare tra le cose. Sono qui anche per stare lontano dal computer e dalla scrittura. A un certo punto mi avvio verso Foggia, poi ci ripenso, proprio non me la sento di vedere semafori e file di macchine, prendo ancora una via che non so dove porta. Quello che mi piace è non avere umori precisi, intenzioni precise, sono come il grano che cresce, sono leggermente commosso dalla luce che declina, il giorno di maggio non finisce mai a precipizio, il giorno di maggio è accogliente, sono i giorni migliori per stare all’aperto. La giornata di oggi spiega tante cose dei miei ultimi due anni in mezzo ai paesi. Poco alla volta l’interesse per le cose è cresciuto ed è diminuito quello per le persone. Non ho incontrato tanti sindaci, non ho parlato con tanti ragazzi. Non si può dire che mi sono preoccupato di approfondire la conoscenza dei paesi. In molti casi mi sono limitato a passarci dentro e oggi non ho fatto neanche quello.

Il pensiero del momento è questo: i paesi non sono la soluzione e la soluzione non è la città e neppure la campagna e neppure i nostri affari. La grazia è infilare le ore con un filo di svagatezza, giocare con il tempo che passa senza inseguire niente e nessuno. Un puro stare con le cose e nelle cose, un puro stare lontano dal mormorio degli umani per qualche ora e poi tornarci dentro, ricominciare a sentirli, cercando di non assillare nessuno e di non farsi assillare, scivolare lungo un margine silenzioso, mettersi anche al centro, ma con un cuore molto leggero, non spingere nessuno a vedere dove siamo, sentirsi come un cardo, come certi fiori che crescono fuori dall’aratura, come una stalla che ha perduto il tetto e anche le bestie che c’erano dentro, eppure a vederla ti fa piacere, ti fa sentire qualcosa. Non mi interessa che nella mia scrittura la voce sia grossa e il passo militare, mi interessa che dentro le frasi ci sia un senso di terra, ci sia quest’aria di oggi, dove niente è gonfio, anche la paura di morire è un pensiero che dura giusto il tempo che occorre a una lucertola per nascondersi dentro una fessura. Il Sud che amo è il Sud dove non c’è nessuno. Oggi non ho visto neppure quelli che lavorano la terra, mi danno fastidio i macchinoni, le insegne dei bar, mi danno fastidio quelli che parlano dei problemi dei paesi. Oggi non ci sono problemi e non ci sono idee brillanti da illustrare, non ci sono progetti da lanciare. Penso che per me ormai la direzione sia questa. Cercare la terra, cercare gli spazi che gli uomini trascurano. La paesologia era già fatta di poche cose e quasi tutte le lascia andare. Sento che lascia andare anche i grovigli della mia testa, rimane poco, rimane il fatto di essere per qualche ora all’aperto e mettere fuori parole semplici, asciutte, senza gonfiori, senza muscoli. La paesologia diventa sempre più lontana dai pensieri che ci sono in giro, senza pretendere di piazzare chissà quali invenzioni. È un semplice stare a metà tra se stessi e le cose. Io sono una terra di mezzo, me ne sono accorto oggi che ero in mezzo alla terra. Io sono aria e vento e creta e niente. Faccio parole con la carne e con la terra. Con le parole faccio carne e terra e niente.

(questo brano è tratto da “Terracarne”, Mondadori, 2011)
Print Friendly, PDF & Email

1 commento

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Giudici (Letteratura e diritto #3)

di Pasquale Vitagliano
Con uno scritto del 1981, "I burocrati del Male", Leonardo Sciascia, commentando la manzoniana Storia della colonna infame, mette in guardia dal pericolo anti-illuminista e totalitario di utilizzare la funzione giudiziaria come strumento etico.

La corriera

di Graziella Belli
Era il primo giorno di vacanza, Giusto era uscito di casa di buon'ora e portava nella destra una valigia e nell'altra una grossa gabbia. Teneva la gabbia un po' per la maniglia e un po' come un pacco sottobraccio.

Il destino del primo figlio

di Marzia Taruffi
Sfumavano gli anni in quel fazzoletto nero legato sotto la gola, nelle rughe appena accennate ai lati degli occhi dove il nero dell’iride sembrava mandare lampi di luce. Non era mai stata giovane e non era vecchia: era eternamente ferma in una dimensione artefatta.

L’infinito non basta

di Saverio Simonelli
Già dalla sera Franz ha preparato il frac. Lo stesso che indossa per i concerti. Si adatta perfettamente alla snellezza del suo corpo. Lo accompagna. Suona assieme a lui.

Avventure di uno scrittore affettivo

di Mauro Baldrati
Angelo Maria Pellegrino, attore, letterato, marito e curatore delle opere di Goliarda Sapienza, scriveva che sua moglie apparteneva – purtroppo – alla sfortunata categoria degli “scrittori affettivi”. Perché sfortunata?

Un genere anglosassone (Letteratura e diritto #2)

di Pasquale Vitagliano
Intanto cosa è accaduto in Italia? Se la collana Urania-Mondadori dà il nome di “giallo” al genere, va riconosciuto che questi libri sono sempre stati considerati di serie B, libri adatti per le stazioni ferroviarie.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: