Santi in Gran Paradiso
Gentile dottor Forlani,
le allego la risposta del Festival alla lettera di Raul Montanari relativa al Premio Scerbanenco.
Cordialmente
La nostra risposta definitiva a una polemica strumentale sul Premio Scerbanenco.
La polemica di un lettore/scrittore come Raul Montanari contro il Noir in festival di Courmayeur, che organizza da oltre un ventennio il Premio Giorgio Scerbanenco-La Stampa per il miglior romanzo noir italiano dell’anno, per noi non è particolarmente nuova. E’ difficile far accettare alla mentalità italiana, così incline alle consorterie e alle dietrologie, che qualcuno cerchi invece un metodo trasparente per combattere intrallazzi e favoritismi su valori immateriali come quelli della cultura e dei libri.
Il metodo da noi sperimentato e adottato negli anni forse non sarà il migliore o l’unico, di certo è semplice: consultiamo la platea dei lettori sulla rete e ne bilanciamo le scelte e le preferenze col voto ponderato di una giuria di esperti. Sul nostro sito per due settimane si possono votare 23 libri che rappresentano una prima selezione rispetto agli oltre 100 iscritti al Premio e la votazione viene promossa anche dalle nostre pagine Facebook e dal supplemento letterario de La Stampa.
Alcuni di questi titoli non sarebbero nemmeno arrivati a importanti recensori come lo sono diversi dei nostri giurati se non fosse stato per il Premio, altri non avrebbero avuto l’attenzione che con gli anni il Premio ha richiamato, e non perché siano dei cattivi prodotti culturali, ma perché non sempre le case editrici investono sulla promozione dei loro libri o perché sono piccole o perché troppo grandi e con troppi titoli in catalogo.
Anche i giurati oltre ai lettori esprimono il proprio voto ed è ovvio che il loro “peso specifico” abbia un valore
diverso, proprio perché lo fanno per mestiere e con competenza (non certo per un compenso che di norma è poco più dell’ospitalità al festival e la nostra gratitudine). Capita ovviamente che non sempre il loro giudizio coincida con quello degli appassionati lettori e che quindi la somma delle due classifiche vada a vantaggio di opere magari non specialmente “promosse” sulla rete, ma certamente eccellenti come dimostra negli anni il palmarès del Premio Scerbanenco. Altre volte capita invece che i giudizi si sommino o che il favore popolare porti un titolo fino alla rosa della cinquina dei finalisti. Quest’anno è stato il caso del libro di Claudio Paglieri, arrivato quarto nella classifica dei più votati dai lettori e premiato con i voti di alcuni giurati che però, da soli, non avrebbero potuto farlo entrare nella cinquina ufficiale. Il solo voto dei lettori non ci garantisce che il titolo sia quello giusto, ci vuole la scelta combinata di lettori e critici. Gli uni controllano gli altri, e insieme si arriva alla trasparenza.
Come è inevitabile le polemiche fioccano lo stesso, quasi naturalmente. Spesso ci siamo chiesti chi ce lo fa fare ogni anno ad ascoltare l’amico degli amici degli scrittori o degli editori di turno che polemizza, per lo più in maniera maleducata, contro il Premio, spesso i giurati ci chiedono di lasciar perdere il voto dei lettori, perché troppo “fazioso”.
Ma noi siamo testardi, come spesso lo sono gli appassionati di questo genere, e continueremo a promuovere i libri noir in tutti i modi possibili, facendoli votare, facendone parlare, ma soprattutto facendoli leggere.
Marina Fabbri
Ndr Il titolo del post si avvale di una piccola licenza poetica geografica giocata sulla prossimità del luogo in cui ha sede il festival, Courmayeur e la vicina vetta del Gran Paradiso dal cui versante orientale, verso la Val di Cogne, scende il Ghiacciaio della Tribolazione.
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Ho smesso, istintivamente,di leggere letteratura ‘d’evasione’ cioè gialli, noir, rossi etc. presto. Poi uno cresce, la vita lo sottopone a dure prove e le letture (e lo scrivere) si circoscrivono versus la profondità. Leggere per passare il tempo è come masticare chewingum. L’intervento di cui sopra come risposta al tizio lascia il tempo che trova. Penso che NI possa e debba concentrare interessi, prove, interventi sempre più intorno all’essenziale. Questo povero mondo è messo sempre più male, le giovani generazioni saranno chiamate a sforzi sovrumani e perdere tempo con il noir dell’esistenza…..No?
Derivazioni culturali del romanzo d’appendice.
È da vedere il fascicolo della «Cultura» dedicato a Dostojevskij nel 1931. Vladimiro Pozner in un articolo sostiene giustamente che i romanzi di Dostojevskij sono derivati culturalmente dai romanzi d’appendice tipo E. Sue ecc.
Questa derivazione è utile tener presente per lo svolgimento di questa rubrica sulla letteratura popolare, in quanto mostra come certe correnti cultu rali (motivi e interessi morali, sensibilità,ideologie ecc.) possono avere una doppia espressione: quella meramente meccanica di intrigo sensazionale (Sue ecc.) e quella «lirica» (Balzac, Dostojevskij e in parte V. Hugo). I contemporanei non sempre si accorgono della deteriorità di una parte di queste manifestazioni letterarie, come èavvenuto in parte per il Sue, che fu letto da tutti i gruppi sociali e «commuoveva» anche le persone di «cultura», mentre poi decadde a scrittore letto solo dal «popolo» (la «prima lettura» dà puramente, o quasi, sensazioni «culturali» o di contenuto e il «popolo» è lettore di prima lettura, acritico, che si commuove per la simpatia verso l’ideologia generale di cui il libro è espressione spesso artificiosa e voluta).
http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/gramsci/letteratura_e_vita_nazionale/pdf/letter_p.pdf
Utile osservazione la sua, utile per puntualizzare. Jurij Olesa narratore russo del quale struggente è il suo ultimo libro ‘Nessun giorno senza una riga’ (Garzanti 1981)summa di ricordi (in assoluta libertà) narra appunto che stava leggendo distrattamente un libro (qualsiasi) delle edizioni di stato. Appena seguiva la vicenda narrata allorchè, voltando pagina, avverti una improvvisa vibrazione, una sorta di tensione nuova che improvvisamente lo scuoteva….Che era avvenuto? Semplicemente i distratti rilegatori, per sbaglio, avevano inserito un fascicoletto destinato altrove e la narratio contenuta era appunto di Dostojewskj. Shakespeare è un esempio calzante in assoluto, i suoi drammi riempivano il Globe Theatre di Londra di folle composite:gente del popolo, letterati, nobili. Il plot era per tutti e forse anche lo stile, ma il tutto era manovrato da una mano invisibile, altissima, eterna. Ancora un esempio calzante e ad hoc. Per una vocazione didattica e moralista che forse sopraffece Tolstoj, Shakespeare dallo stesso Tolstoj era stigmatizzato, criticato e in definitiva rifiutato dal grande scrittore russo. Forse non semplice il mio argomentare ma quanto da lei portato mi è servito per piegarmi meglio.
caro Carlo lei confonde letteratura di massa e letteratura popolare. I generi servono solo a organizzare il pensiero, l’uso, per quelli letterari come per gli alimentari. Se Il Conte di Montecristo è un romanzo di evasioni, ciò non significa affatto che si e-vada verso il nulla. Cosa vuole che le dica, Gadda passà a nuttata. effeffe
Due osservazioni sulla gentile nota di Marina Fabbri:
1. Quello che lei definisce “consultiamo la platea dei lettori sulla rete e ne bilanciamo le scelte e le preferenze col voto ponderato di una giuria di esperti” si è tradotto qust’anno in questi numeri:
– Ogni membro della giuria tecnica ha avuto a disposizione un voto che ne valeva 160 di quelli della giuria popolare; non solo ma, a differenza dei giurati popolari, ogni giurato tecnico poteva votare per 5 diversi autori, per cui il suo pacchetto voti complessivo arrivava a 800.
Questo sarebbe “bilanciare”?
– Rimando al mittente espressioni come “polemica strumentale”, “l’amico degli amici degli scrittori” e così via. Io non mi metto in tasca niente con questa polemica, anzi mi attiro la naturale irritazione dei giurati, che sono quasi tutti critici influenti. Ho sollevato la questione perché mi sono sentito preso per il culo come lettore votante, nello scoprire che il mio voto vale 1/800esimo di quello di uno qualsiasi dei giurati tecnici, e a vedere la classifica dei voti popolari completamente sovvertita dal voto tecnico.
Centinaia di semplici lettori, e diversi altri scrittori e addetti ai lavori, hanno fatto eco a questa mia obiezione e NESSUNO, ripeto: NESSUNO ha difeso il meccanismo di voto dello Scerbanenco, per non parlare del fatto che né i lettori votanti né gli autori erano informati di come funzionasse il conteggio dei voti.
Mi pare che basti.
totalmente d’accordo con montanari.
La leggerezza e` il contrario della superficialita`,diceva Calvino.e mi sembra che non ci sia molto da aggiungere(comunque terrei in debita considerazione un noir nella cui trama si ripercorressero le gesta di un fantasmatico “gruppo 69” che tiene sotto scacco l`industria culturale di un paese con mezzi idonei a screditare qualsiasi cosa profumi di avanguardia o molto piu`semplicemente non abbia il benestare della casa)
Gentile Marina Fabbri, anche infischiandosene del proverbiale vox populi vox dei che da sempre sostiene le democrazie, qui i casi sono due: o il meccanismo di voto è, appunto, macchinoso e disonesto o lei ritiene che centinaia di persone scontente e deluse siano talmente stupide e ignoranti da non capire il ” metodo trasparente per combattere intrallazzi e favoritismi su valori immateriali come quelli della cultura e dei libri”. Dunque le dico: io accetto di valutare che il mio e quello di tanti altri sia un delirio collettivo dettato da una mentalità italiana incline alle consorterie. Lei valuti, per favore, la disonestà con cui avete escluso gli scrittori votati dai più e la dubbia legittimità della matematica cui vi aggrappate. grazie
Non vorrei che il premio scerbanenco diventi, e per ottime ragioni, una metafora particolarmente riuscita del peso del voto nelle attuali democrazie o del rapporto tra salario di un’operaio non qualificato e salario (tutti premi e premietti inlcusi) di un dirigente di un’azienda: molti pesano 1 ma pochi pesano 800, molti guadagnano 1 ma pochi guadagnano 800.
Continuo a non capire questo calcolo di Marina Fabbri:
“Quest’anno è stato il caso del libro di Claudio Paglieri, arrivato quarto nella classifica dei più votati dai lettori e premiato con i voti di alcuni giurati che però, da soli, non avrebbero potuto farlo entrare nella cinquina ufficiale.”
A quanto comprendo i primi sei classificati hanno preso questi voti (ricordo che un voto degli esperti conta 160, http://www.noirfest.com/2013/scerbanenco.asp ):
¤ Donato Carrisi, L’ipotesi del male, Longanesi [4 popolari]+[6 esperti]=[964 totali]
¤ Simone Sarasso, Il paese che amo, Marsilio [61]+[4]=[701]
¤ Claudio Paglieri, L’enigma di Leonardo, Piemme [98]+[3]=[578]
¤ Massimo Gardella, Chi muore prima, Guanda [12]+[3]=[492]
¤ Marco Malvaldi, Milioni di milioni, Sellerio [4]+[3]=[484]
¤ Romano De Marco, A casa del diavolo, Fanucci [69]+[2]=[389]
Paglieri con 0 voti popolari avrebbe 3 voti degli esperti ovvero 480 voti totali, numero comunque molto superiore ai 389 del sesto classificato.
Dove sbaglio?
La solitudine dei numeri
http://youtu.be/vZ-MaMEk4VI
La solitudine dei numeri
http://youtu.be/vZ-MaMEk4VI
Milioni di milioni l’ho letto e, francamente, non è niente di che. Anzi: bruttino. Infatti quei furbacchioni dei giurati popolari se n’erano accorti e l’avevano votato solo in quattro. Meno male che l’hanno ritirato su i tre giurati di qualità!
forse Montanari ha preso un granchio. Dietro suggerimento di qualcuno. Ma adesso è difficile tornare indietro, dopo le sparate ad alzo zero…
Non capisco cosa lei intenda, ma il granchio lo hanno preso in centinaia, a quanto pare. Probabilmente tutti dietro suggerimento di qualcuno(???)