Cari signori con i piedi neri
di Giacomo Sartori
Cari signori
con i vostri piedi neri e magri
che spuntano dalle cerate
(donate da noi
teniamo a precisare)
ci accusate di questo e di quello
ma è facile biasimare
bisogna che capiate
che la colpa non è nostra
sono i nostri colleghi
(voi non lo sapete
ma esiste una cosa
che si chiama
Unione Europea)
sono loro
che dovrebbero convincervi
a restare a casa vostra
o insomma intercettarvi
in acque internazionali
(voi non lo sapete
ma da noi le acque
hanno sempre un padrone)
rimettere le prue
dei vostri barconi
verso sud
questi nostri colleghi
sono davvero schifosi egoisti
pensano solo a loro
(credete che vi avrebbero dato
dei lenzuoli loro?)
adesso però gli parliamo noi
ai nostri colleghi
vedrete che la risolviamo
(il nostro vicepresidente
lo ha dichiarato
con parole solenni)
Cari signori che ve ne state zitti
(il silenzio è l’arma
dei vigliacchi!)
noi vi abbiamo sempre accolti
a braccia aperte
per aiutarvi
vi abbiamo fatto raccogliere
i pomodori e le zucchine
sotto il sole
(voi amate il sole, no?)
vegliati da scrupolosi caporali
e spaccare il porfido
e asfaltare le strade
(sempre sotto il sole
non certo in insani uffici!)
vi abbiamo lasciato passeggiare
nelle nostre antiche vie
e nelle nostre bucoliche campagne
vi abbiamo comprato gli accendini
(lasciamo adesso stare
certe intemperanze)
vi abbiamo sempre dato del tu
se lo meritavate
potevate succhiare l’affare
del nostro capo del governo
ora non potete dire
che vi abbiamo trattato male
vorremmo vedervi
se qualcuno sbarcasse da voi
e volesse buttarvi fuori
dai vostri tuguri
rubarvi i vostri giacigli
e le vacche scheletriche
bisogna che facciate
uno sforzo per venirci incontro
invece di restare lì
immusoniti
Cari signori con i piedi neri
noi vi capiamo
e vi compiangiamo
siamo gente sensibile
(abbiamo perfino indetto
il lutto nazionale!)
voi però bisogna
facciate un piccolo sforzo
dovete cercare di evitare
queste scene macabre
dovete cercare
di non venire più da noi
non in questo momento
magari tra un po’
noi adesso
abbiamo la crisi economica
e la crisi di governo
ognuno ha le sue
cosa credete
è facile accusarci
mica possiamo stare lì a sorvegliare
giorno e notte
tutti i mari
per vedere se arrivate
magari i mezzi li avremmo anche
ma chi è che paga
certo non voi
che neanche ascoltate
quando vi si parla
e non parliamo
di quegli altri quattro egoisti
che non sganciano un euro
(voi non sapete
come sono complessi
i nostri rapporti)
Cari signori con i piedi magri
noi siamo uomini come voi
per noi il colore della pelle
non è poi così importante
siamo un popolo alla mano
tutti ci riconoscono
la nostra grande umanità
siamo gente generosa
e buona come il pane
siamo religiosi
o comunque saturi
di principi cristiani
(adesso abbiamo perfino
un papa francescano!)
lo vedete voi stessi
che vi trattiamo con i guanti bianchi
(la plastica non vi va bene?)
lì sul molo
però insomma
dovete capirci
siamo anche noi
pieni di rogne
i conti pubblici non tornano
la gente non può nemmeno comprarsi
la macchina nuova
e allora le fabbriche di automobili
chiudono
e la gente si ritrova
anche senza lavoro
(voi non potete sapere
quanto è complessa l’economia!)
Cari signori senza passaporto
e senza scarpe
(e non parliamo dei calzini)
noi vi capiamo
e siamo generosi
(vi diamo perfino
i lenzuoli
per coprirvi!)
ma smettete per piacere
di insinuare
che non vi abbiamo aiutato
se permettete
la nostra guardia di finanza
ha un sacco da fare
(con tutti i traffici
e traffichetti
dal vostro continente!)
e i nostri pescherecci
devono pescare i pesci
non possono adesso
mettersi a pescare
gli uomini ancora vivi
(già si ritrovano
le scarpe nelle reti!)
questo non è proprio possibile
dovreste capirlo anche voi
anche se purtroppo non parlate
la nostra bella lingua
Cari signori senza arte né parte
(non vi offendete
ma le cose vanno dette!)
noi vi capiamo
e vi compiangiamo
(abbiamo riempito i giornali
e i telegiornali
di parole sdegnate!)
ma c’è un limite a tutto
i vostri colleghi
la settimana scorsa
erano tredici
questo noi lo possiamo accettare
ma trecento è davvero troppo
mettetevi d’accordo tra di voi
(saprete mettervi d’accordo!)
bisogna che la capiate
noi già facciamo il massimo
(dove vi mettiamo adesso?)
così ci rovinate il turismo
l’Unione Europea
deve assolutamente aiutarci
organizzare almeno dei corsi di nuoto
così arrivate vivi
e possiamo rinchiudervi
nelle nostre belle strutture
(chi ha osato chiamarli lager?)
(e per ora paghiamo tutto noi!)
e poi rispedirvi a casa vostra
(ce l’avrete una casa, no?
tutti hanno una casa)
noi più di così non possiamo
siamo pieni di problemi
e di pensieri
tra l’altro quelli sono i veri razzisti. Una volta un padano è andato in Burundi a dislocare la fabbrichetta che li un operaio prende 20 euro al mese e quelli gli hanno chiesto di pagare le tasse(quando si è rifiutato di parlare senza un avvocato gli hanno confiscato il borsello leopardato e la ricetrasmittente che la segretaria gli aveva regalato per l’onomastico, griffata pure quella, minacciandoli che avrebbe fatto chiamare all’ambasciata da un assistente di un ex ministro per l’integrazione e la coesione nazionale con cui aveva combinato un paio di affari qualche mese prima)
http://www.youtube.com/watch?v=aCel6t5h-Sw
bella… (la poesia…ma questo è un sito di poesia)
Non mi sembra riuscito questo testo, cola da tutte le parti. Retorica e nient’altro e poi andava meglio se scritto in prosa. Cosa c’entrano gli a capo? Non arriva alla sufficienza.
Testi osceni, nel senso di brutti.
Testo efficacissimo che dà una bella rimescolata all’indicibile sedimentato. Di niente m’importa se, formalmente, possa trattarsi o meno di poesia.
Anche a me questo testo non convince. Di Sartori mi erano piaciuto parecchio gli autismi. Con quella voce e con quel profilo lì secondo me avrebbe smaltito molto della retorica di questa poesia (che tanto poesia non è).
c’è una correzione da fare:
pensano solo a loro
non: pensano sono a loro.
per il resto si lascia leggere
ma certo non cambierà le cose.
diciamo che: è una poesia che transita.
corretto, grazie
(e forse transita, ma NON è una poesia)
Boh.. semmai suonerà retorico l’appello di Arminio, a mio modo di sentire.
qui temo che il contesto bruci le potenzialità del testo.
nel senso che una poesia come questa poteva essere utile e importante in un contesto aperto, in cui svelando le ipocrisie degli uni e degli altri a sè stessi ne pungesse le suscettibilità scatenando l’inevitabile dibattito.
ma qui temo che si sia più o meno tutti dalla stessa parte, che poi è quella dell’autore, e allora il testo risulta depotenziato, loffio, quasi una forma ironica e frizzante del triste rito apotropaico autoconsolatorio esemplificato dalla lettera di Arminio.
un modo migliore per chiamarsi fuori, ecco, che poi probabilmente si fa bene a chiamarsi fuori, però a dircelo tra noi poco vale, sa di pacca vicendevole sulla schiena, o addiridittura di autopacca sulla schiena.
e lo so, è vero che questa poesia il corriere o la padania o il messaggero ecc. non la pubblicherebbero mai, non sto colpevolizzando di alcunchè l’autore, però il suo posto sarebbe lì, a urtare la bella gente che pensa davvero certe cose ma non se le dice. qui non si può che sogghignare saputelli alle spalle della gente che sappiamo/immaginiamo pensa/pensi queste cose ma sappiamo/immaginiamo non se le dice/dica.
concordo pienamente con questa riflessione sul mio testo (che naturalmente non è e non ha alcuna pretesa di essere una “poesia”), o meglio sul suo problematico e forse “sbagliato” rapporto con il contesto;
devo confessare però che per me è molto importante, questa relativa indifferenza, che spesso diventa appunto decalage, nei confronti del “contesto”, in questo caso del blog, che pur mi è molto vicino (e che a sua volta si inserisce in una blogosfera con certi caratteri comuni …); dove peraltro c’è forse una buona dose di ingenuità innata, ma anche una necessità di dire (io che non sono né un analista né un intellettuale, ma solo una persona che scrive dei testi narrativi) quello che ho da dire, e nella forma che reputo adatta;
correndo il rischio (anzi qualcosa di più, vista la frequenza), di dire cose che suonano banali/già sapute, o al contrario (questo succede ancora più spesso) fuori luogo/incondivisibili; ma che proprio per questo restano mie, e accompagnano i miei testi di narrativa;
confesso anche che una delle facce del conformismo nazionale mi sembra proprio essere una virtuosistica e autoddisfatta e furba capacità mimetica di adattarsi ai contesti (e per converso la stigmatizzazione di chi non lo fa), in un sistema di compartimenti stagni nel quale ho difficoltà a posizionarmi;
detto questo, ero qualche giorno in Italia, e mi è capitato di ascoltare (sull’autobus, al bar … e notavo che se ne parlava davvero molto) commenti assolutamente allucinanti (“bisognerebbe prenderli subito, prima che sbarchino, e rispedirli …”), seppure cattolicamente non privi di pietas per i morti;
sartori, nno ti fare condizionare dalle critiche, il testo è finissimo, giocato su un punto d’equilibrio evanescente fra amarezza, sarcasmo e sudistico fatalismo… basti pensare all’iniziale irresistibile “donate da noi/teniamo a precisare”… forse è pure meglio delle prose, e cmq secondo me i criticanti non ne capiscono un tubo di poesia…che appunto poi, la poesuia a poco serve, nè capirla…
E’ poesia civile: un testo poetico non può cambiare il mondo. Denuncia bensì l’indecenza..e annuncia, nonostante tutto, speranze, scuotendo le coscienze.
Cordialmente,
Rosaria Di Donato
non so se si tratti di finzione letteraria o meno,ma su “la lontananza del tesoro”, Paco Ignacio Taibo II fa riferimento al fatto che durante il periodo più burrascoso per il Messico,su un giornale chiamato “la chinaca”, “pubblicavano uno spassosissimo diario apocrifo di uno zuavo”. Non sarebbe male declinare quell’esperienza adeguandola alla nostra triste surrealtà padana sui media di queste parti(“un po per celia un po per non morire”)
ottima proposta, anche se forse un po’ fuori tema (ma forse no)! (si tratterebbe solo di trovare un giornale con un direttore con uno sviluppato senso dell’umorismo, superiore comunque – di questi tempi! – alle preoccupazioni finanziarie/di vendite; e si tratterebbe anche di trovare un autore spassosissimo: mi scervello, ma me ne viene in mente – ahimé – uno solo; e si tratterebbe forse anche di trovare dei lettori con uno sviluppato – di questi tempi! – senso del’umorismo, o comunque con una gagliarda e aperta voglia di sghignazzare; tanti, forse troppi, condizionali …)