Albert Camus, une valse à trois temps. Milosz, Micromega e Berardinelli (terzo tempo)
di
Francesco Forlani
E così eccomi giunto alla terza ed ultima puntata di questa incursione su Camus. Le puntate precedenti qui e lì, e una considerazione che devo subito fare e che potrei riassumere con questa formula: ma per essere intellettuali bisogna per forza essere stronzi?
Le pluriel ne vaut rien à l’homme et sitôt qu’on
Est plus de quatre on est une bande de cons.
Il plurale non vale niente per l’uomo e non appena si
è più di quattro si diventa (subito) un branco di stronzi
Georges Brassens, le pluriel
Leggere dapprima l’editoriale di Paolo Flores d’Arcais uscito sull’ultimo numero di Micromega consacrato alla figura dell’intellettuale e, subito dopo, la mite, argomentata, frontale stroncatura di Berardinelli apparsa sul Foglio , permette a mio parere di capirci un po’ di più su questa benedetta faccenda degli intellettuali e proverò a dirvi perchè.
Innanzitutto cercherò di mettere in relazione le due voci attraverso la figura del contenzioso, Camus in persona, proponendo una piccola scoperta fatta proprio mentre studiavo più a fondo la questione.
In una conferenza di Albert Camus al McMillin Theater Columbia University (New-York) il 28 marzo 1946, intitolata, la crisi dell’uomo (la crise de l’homme camus è possibile leggerla tutta, in francese) c’è un passaggio su cui vale la pena soffermarsi.
Camus si rivolge a degli studenti americani, la sala sicuramente piena, molta emozione e a un certo punto dopo avere parlato di sè come di una generazione confrontata a fatti storici notevoli, due guerre, il nazismo, dice:
“Et que justement, il sera plus intéressant pour vous que je parle, plutôt qu’en mon nom personnel, au nom d’un certain nombre de Français qui ont aujourd’hui 30 ans et qui ont formé leur intelligence et leur Coeur pendant les années terribles où, avec leur pays, ils se sont nourris de honte et ont vécu de révolte. Albert Camus ha trentatrè anni (Mondovi, 7 novembre 1913) e parla a nome di giovani che si sono nutriti di vergogna e che hanno vissuto di rivolta.
Poi aggiunge: Après quoi, il leur a fallu s’occuper de la terreur ou plutôt la terreur s’est occupée d’eux. Et ils se sont trouvés devant une situation que, plutôt que de caractériser dans le général, je voudrais illustrer par quatre histoires courtes d’un temps que le monde a commencé d’oublier mais qui nous brûle encore le coeur.
(Al che, hanno dovuto farsi carico del terrore o piuttosto il terrore si è fatto carico di essi e si sono trovati davanti a una situazione che piuttosto che caratterizzarla su un piano generale, vorrei illustrare attraverso quattro brevi storie di un tempo che il mondo ha cominciato a dimenticare, ma che ci brucia ancora il cuore”)
A questo punto Albert Camus ( avrà chiesto il permesso di accendersi una sigaretta? Gli sarà stato accordato? Fumavano in aula all’epoca? Ma Berardinelli fuma? ) traccia le sue quattro storie ( sembrano affreschi, c’è qualcosa dell’ordine del pittorico più che del cinematografico nei racconti)
1) Dans l’immeuble de la Gestapo d’une capitale européenne, après une nuit d’interrogatoire, deux inculpés encore sanglants se trouvent ligotés et la concierge de l’immeuble [fait soigneusement le ménage], le coeur en paix puisqu’elle a pris sans doute son petit déjeuner. Au reproche d’un des torturés, elle répond avec indignation une phrase qui, traduite en français, donnerait à peu près ceci : « Je ne m’occupe jamais de ce que font mes locataires. »
2) À Lyon, un de mes camarades est tiré de sa cellule pour un troisième interrogatoire. Comme on lui a déchiré les oreilles, lors d’un interrogatoire précédent il porte un pansement autour de la tête. L’officier allemand qui le conduit est le même qui a assisté déjà aux premières séances et c’est pourtant lui qui demande avec une nuance d’affection et de sollicitude dans la voix : « Alors,comment vont ces oreilles ? »
3) En Grèce, à la suite d’une opération des Maquis, un officier allemand se prépare à faire fusiller trois frères qu’il a pris comme otages. La vieille mère se jette à ses pieds et il consent à en épargner un seul, mais à condition qu’elle le désigne elle-même. Comme elle ne peut se décider, on les met en joue. Elle a choisi l’aîné, parce qu’il était chargé de famille, mais du même coup, elle a condamné les deux autres comme le voulait l’officier allemand.
4) Un groupe de femmes déportées parmi lesquelles se trouve une de nos camarades, est rapatrié en France par la Suisse. À peine entrées sur le territoire suisse, elles aperçoivent un enterrement civil. Et ce seul spectacle les jette dans un fou rire hystérique :« C’est comme cela qu’on traite les morts ici », disent-elles.
Tralascio le ultime tre e mi concentro sulla prima.
Dans l’immeuble de la Gestapo d’une capitale européenne, nel palazzo di una città europea, après une nuit d’interrogatoire, dopo una notte d’interrogatori i due prigionieri ancora sanguinanti deux inculpés encore sanglants se trouvent ligotés sono legati e la portiera del palazzo et la concierge de l’immeuble [fait soigneusement le ménage sta facendo meticolosamente le pulizie], il cuore in pace le coeur en paix puisqu’elle a pris sans doute son petit déjeuner. dal momento che, (e qui Camus ci va pesante), ha fatto certamente colazione. Au reproche d’un des torturés, al rimprovero di uno dei due torurati, elle répond avec indignation risponde indignata con una frase che tradotta in francese suonerebbe all’incirca così: une phrase qui, traduite en français, donnerait à peu près ceci :
« Je ne m’occupe jamais de ce que font mes locataires. » « Non bado mai a quello che fanno i miei inquilini »
La stessa storia, ma con alcune modifiche che reputo non inessenziali, la troviamo nei Carnets II,(janvier 1942 – mars 1951) e più precisamente nella sezione che reca come data il 1943; tre anni prima della citata conferenza.
La concierge de la Gestapo installée dans deux étages d’un immeuble rue de la Pompe. Au matin, elle fait le ménage au milieu des tortures. « Je ne m’occupe jamais de ce que font mes locataires. »
Se nella versione americana si parla di un palazzo di una città europea, in questa, precedente, non solo veniamo a sapere che la scena si svolge in Francia, a Parigi, ma conosciamo perfino l’indirizzo, Rue de la Pompe. (quartiere molto borghese, si noti) E ovviamente la portiera non esprime qualcosa che in francese suonerebbe più o meno così, ma dice esattamente la frase che dice:
« Je ne m’occupe jamais de ce que font mes locataires. » « Non bado mai a quello che fanno i miei inquilini »
Perché questa dislocazione? Camus di certo non mente quando dice nella conferenza che si tratta di una città europea, però generalizza un racconto che nella prima stesura, senza la drammatizzazione della seconda, riempie il vuoto del dialogo tra la donna delle pulizie e il torturato, dialogo che la battuta della donna lascia intendere.
Riprendendo i Carnets ci accorgiamo di un altro dettaglio per nulla insignificante. La pagina comincia infatti con un titoletto: Création corrigée. Il riferimento è a un episodio riveduto e corretto? Ma più avanti troviamo una riflessione che rende questa nostra analisi ancora più interessante, se vogliamo. Proprio verso il finale, Camus scrive:
“Démonstration. Que l’abstraction est le mal. Elle fait les guerres, les tortures, la violence, etc.
Problème : comment la vue abstraite se maintient en face du mal charnel – l’idéologie face à la torture infligée au nom de cette idéologie.”
Dimostrazione, Che l’astrazione è il male. Fa le guerre, le torture, la violenza, ecc
Problema: come la vista astratta si regge di fronte al male carnale – l’ideologia di fronte alla tortura inflitta in nome di questa ideologia
consclusions
Bene. Per tornare alla querelle Berardinelli vs Micromega, la questione non è tanto quella di sapere se è stronzo Berardinelli a dire che stronzi sono quelli di Micromega per il semplice fatto di mettersi in quattro ( il riferimento è alla canzone pluriel di Brassens che tra l’altro, nel video che ho postato sembra insieme a Ferrat tener testa al sosia di Giuliano Ferrara sulla questione degli intellettuali.) o che più generalmente è da stronzi fare gli impegnati sia che si tratti dell’impegno intellettuale o degli impegni di regime.
Berardinelli per esempio insiste molto sulla dimensione “solidaire solitaire” di Albert Camus e tradita dagli intellettuali italiani, attribuendo però alla felice formula un senso completamente diverso da quello originario, e riducendola a intellettuale in solitaria, che in qualche modo, altrove, lo stesso Berardinelli si attribuisce. D’accord, però Camus si definiva solidale della gente comune.
La querelle si gioca, ce ne rendiamo subito conto, sul piano della concretezza.
Facciamo astrazione dell’infelice sottotitolo dell’articolo: Tra Sartre e Camus, Vattimo e Heidegger, meglio la sentenza di Pasolini ( più in là nel testo: “Niente è più ridicolo dell’impegno di uno stronzo”.) Ma soprattutto del titolo dell’articolo di Berardinelli: Intellò, ridicoli e stronzi. Fare astrazione del giornale su cui scrive Berardinelli quello, però, non si può.
Come non sottoscrivere certi passaggi di Berardinelli, come quando per esempio, proprio a proposito dell’editoriale di Flores d’Arcais, scrive:
La democrazia è una bella cosa. Credo che sia l’ultima vera utopia.Ma la democrazia culturale ha riempito l’ambiente di prodotti di quart’ordine, ha lavorato a diffondere consumi culturali quotidiani che minano e tendono a vanificare la cosiddetta libertà di pensiero e di coscienza dei cittadini. E poi: quali scontri filosofici e culturali si sono visti fra intellettuali schierati a sinistra? Si discute, ci si scontra su Repubblica o anche su MicroMega? Non mi pare.
L’intellettuale che si ribella lo fa per ragioni sue e lo fa anche se è solo. Ma se lo fa da solo può succedere che sia accusato, come è avvenuto con Orwell e Camus, di essere un individualista irresponsabile e di essere di destra. Paolo Flores delinea un modello di intellettuale impegnato, ma un modello non c’è, o è meglio evitarlo. Eccezionali critici della società moderna, borghese e mercantile, o delle dittature, sono stati cristiani, liberali, individualisti, conservatori, scrittori e poeti del tutto antipolitici. E’ un impegno anche non avere nessuno interesse a quello che i ricchi e i potenti possono regalarti e mostrare, in privato e in pubblico, questo disinteresse.
Riprendendo la storia delle due versioni del racconto fatto da Camus, sull’origine del male, l’impressione che si ha è che l’editoriale di Paolo Flores d’Arcais sia in qualche modo la versione americana, quella rivolta agli studenti, narrativizzata per quanto meno concreta, mentre la riflessione di Berardinelli più restìa all’astratto, succinta, diretta come nella versione dei Carnets. In una Camus parlava agli studenti e nell’altra a se stesso. Questo ho pensato. Poi però rileggendo la recensione di Berardinelli, un passaggio attira la mia attenzione, la imprigiona, la soffoca:
Fare bene il proprio lavoro non è un ripiego, come dice Flores. Farlo bene significa farlo secondo l’etica che quel lavoro prevede e anche contro le condizioni sociali, istituzionali in cui lo si fa.
« Je ne m’occupe jamais de ce que font mes locataires. » Risuona la frase della donna delle pulizie che rifiuta di dare un bicchiere d’acqua a un torturato. Sembra dire proprio così anche se a rigor di logica, e stando a quanto lo stesso afferma da qualche anno sulla libertà che gli è data in certi giornali, sembra piuttosto la frase del suo direttore, magari leggermente parafrasata: « Je ne m’occupe jamais de ce que font mes rédacteurs. »
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Gran finale Furlén!
Dirò chiaramente quello che penso senza inutili paratesti. Mi sembra estremamente offensivo definire “borghesi” gli abitanti di un particolare quartiere di Parigi. è ovvio che Parigi è molto più grande di un borgo, enormemente più grande. Non c’è paragone tra Parigi e, per esempio, Borgo Panigale. Gli abitanti di Parigi non possono per nessun motivo essere etichettati come “borghesi”, perché il loro centro abitato è quantitativamente e qualitativamente diverso da un borgo, medievale o moderno che sia. Esigo che sia adoperato il termine corretto “cittadini”, o al massimo “cittadini metropolitani”.
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“Negli anni ’60 sono arrivati i metacritici poststrutturalisti, hanno capovolto gli assunti dell’estetica letteraria, quegli assunti che i suoi maestri avevano considerato come autoevidenti e, fondendo teorie del discorso creativo e posizioni metafisiche radicali, hanno reso l’interpretazione dei testi molto più complicata. Che si sia o meno fan di Barthes, Foucault, de Man, Derrida, occorre almeno riconoscergli il merito di un fertile meticciato fra critica e filosofia: per un giovane filosofo americano che si interessi tanto di poetica continentale quanto di pratica analitica di stampo angloamericano, la teoria della critica costituisce oggi un degno campo di studio. H.L. Hix è uno di questi giovani filosofi americani (a giudicare dalla foto, ha dodici anni), e sono certo che la sua dissertazione di dottorato, Morthe d’Author: An Autopsy (“Morte d’autore. Un’autopsia”), del 1992, ha più che meritato di vedere la luce nella collana “The Arts and Their Philosophies” della Temple University Press.”
Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più) -D. F. W.
http://www.youtube.com/watch?v=tcUZD4PkBMs
p.s. « Je ne m’occupe jamais de ce que font mes locataires.
http://www.youtube.com/watch?v=y4m9M6CYulM