I muri di K.
di Giacomo Sartori
Cari muri di K.
siete divenuti superflui
nei vostri marsupi di terra
prodiga e rossa
(importa a qualcuno?)
squatterano pini possenti
e lucenti corbezzoli
Cari muri di K.
ora foraggiate solo
le pubblicità turistiche
e gli olivi
di qualche anziano
(lasciamo stare per piacere
i giardini dei villini balneari)
L’agricoltura industriale
vi ha epurato:
siete rozzi
e duri di comprendonio
non collaborate alla soluzione finale
Voi però non demordete
non crollate
manifestate anzi
in cortei impettiti
il vostro arcaico dissenso
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Cari muri di K.
dovete scusarmi
se vi violo
lo sapete bene
per tante estati
vi ho solo sfiorato
con le dita appaiate
come si carezza
il pilastro di una cattedrale
solo quest’anno
(che è l’ultimo)
mi sono procurato una reflex
(non la so tanto usare)
solo quest’agosto vi molesto
Non intendo certo possedervi
o sfruttarvi
solo parlare un po’
sentire le vostre voci
di pietra cretacica
i vostri fiati carsici
Presto me ne andrò di qui
presto mi chiameranno:
verranno i mattini diafani
verrà l’istante del sogno premonitore
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Alveari di fini
tavelle fatte a mano
o anche di mattoncini più spessi
o blocchi oblunghi
o cubi bislacchi
a volte perfino
pietroni informi:
siete sempre diversi
sempre pertinenti
mai davvero brutti
(esiste bruttezza che non sia
compromissione morale?)
Siete lunghi o mozzi
alti o tracagnotti
slanciati o curvi
paciosi o nervosetti
seriosi o sbarazzini
solitari
o più spesso assembrati
in ligi battaglioni
che assaltano i versanti
nell’indifferenza globalizzata
(in versione postsocialista)
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L’etica di un muro
è conservare
la terra e l‘acqua
nascondere il gruzzoletto
sotto il materasso
i muri sono anticapitalisti
rifuggono le mietitrici con il servosterzo
e gli atomizzatori automatici
non parliamo poi
dei derivati finanziari
e del prodotto interno lordo
se ne fottono
pretenderebbero che la gente cammini
come nel Medioevo
amano fare sudare
adorano la fatica degli uomini
rimpiangono gli zoccoli degli asini
sono dei temibili fondamentalisti
hanno insomma quello che si meritano
(che crepino sotto il solleone
d’una degradante notte mediatica)
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Qui non crollano i muri
non siamo nella Val Prino
né a Tavernaro
qui i muri sono tarchiati e forti
larghi come stradette
franeranno tra tremila anni
o cinquemila
non ora
sono troppo massicci
troppo ben fatti
Forse solo la pioggia
potrà leccarli via
(come si beve le montagne
nei cicli dell’orogenesi)
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Cari muri di K.
quante dita di legno duro
quanti giorni di bora nervosa
quante facce erpicate
quanti sincopati passi di asini
quante divinità e santi
e struggenti parti
sono sussunte
nei vostri paleolitici merletti?
Il sangue lo nascondete
(quasi vergognandovi
di campare ancora)
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I muri vivono
più a lungo dei muratori
(o insomma di chi li ha eretti)
questo lo intuiamo
anche nella nostra barbarie
digitale e globalizzata
Quanto a loro
i muri di K.
assistono impassibili
tacciono testardi
sopportando le cosiddette intemperie
contemplando i tramonti
senza peraltro sentimentalismi
e senza imparare niente
semplicemente tengono duro
(come si faceva una volta
come insegnava mio padre)
aspettando il seguito
sorridendo dalle fessure
delle loro bocche sdentate
poi però crolleranno a terra
sfiniti anch’essi
di tanto silenzio
di tanto essiccarsi di senso
La solitudine
e l’eternità
sono per gli dei
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Estromessi pure voi
dal cosiddetto mercato globale
(un nuovo dio
come tutte le divinità
celato alla vista)
demotivati e apatici
ridotti a
negletti monumenti
(all’arretratezza?)
cotti dal sole
lisciati e lisciviati
dagli inverni dalmati
Nessuno che vi dia il blasone
di land art
(per morire
in pretenziosi musei
di acciaio e cristallo)
nessuno che vi dichiari
patrimonio dell’umanità
(la tomba patinata
della celebrità mediatica)
Il vostro problema
è non poter morire:
agonizzate nell’indifferenza
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Cari muri di K.
cosa ne pensate di Stavrogin
e del perpetuarsi del male
(le ipostasi contemporanee
appaiono sempre
meno tremende
meno colpose:
quasi interessanti)
come valutate
l’aggressivo individualismo
dell’era neoliberale
e lo sdilinquimento dell’etica
nelle ragioni dell’economia
(le stesse che governano
la distruzione totale)
il culto integrista della tecnologia
l’estinzione della trascendenza
e di tutto ciò che è alto
(compresa la letteratura)
la dittatura interiorizzata
dei cerimoniali mercificati
cosa sogghignate
quando vi parlo
come vi permettete
di snobbare
i miei rustici filosofeggiamenti
non sapete tutto
nemmeno voi siete eterni
la vostra eleganza primitiva
si arrenderà all’intrico vegetale
le radici dei pini
(ordinarie radici
di ordinari pini
geneticamente immodificati)
vi piegheranno
(la seconda e ultima parte arriverà la prossima settimana)
davvero bellissimi questi tuoi muri.
e lo sdilinquimento dell’etica
nelle ragioni dell’economia
(le stesse che governano
la distruzione totale) . . . . .
Accarezzare i muri di un paese è sentire battere il cuore della terra, sentire la memoria del sole chiuso dentro la pietra.
Bella la poesia che sveglia questa memoria. Mi sento vicina delle queste parole. Mi piaca camminare su sentieri nelle Alpilles. Non trovo mai nessuno.
Cammino e tocco i muri, la pietra di un acquedotto.
Passa il vento. Mi sento privilegiata di vedere
la traccia calda di un altra vita. Di sentire nella mano il vestiggio della vita dentro la natura.
murmures che sembrano grida.
grazie Giacomo
effeffe
Intense emozioni le grida che fuoriescono da queste mura!
Le monde muet est notre seule patrie
F. Ponge
[ bellissimo – grazie! ]
Veramente molto molto bello, Sartori, complimenti.
Non c’entra (quasi) niente, ma la leggo sempre con grande piacere… e mi fa pure piacere comunicarglielo.
Saluti.
Che bello quando anche la scrittura se ne fotte del *capitalismo* e si ricorda di dire qualcosa. Leggere Sartori e rincuorarsi. Finalmente, grazie.
[…] (la prima puntata si trova qui) […]
caro Giacomo, grazie per i suoli e per i muretti.
Vorrei solo
che si sapesse che non sei l’unico che si interessa della bellezza e dell’importanza, anche ai fini del mantenimento della biodeversità, dei muretti a secco come elementi caratteristici del Paesaggio Rurale Italiano ed Europeo.
Costanzo Massari direzione generale sviluppo rurale ministero agricoltura
[…] e immagini sono tratti da Nazione Indiana, dove sono stati pubblicati il 19 agosto e il 28 agosto 2013. Ringrazio l'autore per aver gentilmente concesso di ripubblicarli qui. […]