WATT Magazine: la fucina senza alternativa
di Alessandro Chiappanuvoli Gioia
Qualche mese fa, Giuliano, il mio pusher di fiducia, mi molla in mano questi due volumi, diversi tra loro ma di egual peso, uno grigio e grande con un pallino rosso al centro della copertina, l’altro nero, copertina rigida e un bel ragnetto blu preciso nel mezzo. Erano i primi due volumi della “rivista” WATT Magazine, pubblicati rispettivamente nel 2011 e nel 2012, il numero 0 e in numero 0,5. Rivista l’ho obbligatoriamente messo tra virgolette perché WATT non è una vera e propria rivista, è una fucina piuttosto, un laboratorio dove si elaborano scrittura e illustrazione, si fondono insieme, dove si creano nuove armi di culturalizzazione di massa. A capo di questo innovativo progetto ci sono – spulciando un po’ internet – due “vecchi volponi” del mondo dell’illustrazione e grafica e di quello dell’editoria, Maurizio Ceccato e Leonardo Luccone. L’innovazione non sta certo nella dicotomia disegna/racconto, quanto nella forma, sempre nuova e spiazzante, e nell’idea generatrice essenziale. Quando li tenni in mano, da feticista librofilo quale sono, ebbi una strana sensazione in basso, un leggero gonfiore proprio in prossimità del cavallo dei pantaloni. Mi scoprii barzotto, come si dice a Roma, in procinto di avere un’erezione. Me ne feci subito uno, a distanza di qualche settimana, comprai anche l’altro.
Qualche giorno fa, sempre Giuliano, il mio pusher di fiducia, mi telefona e mi chiede se voglio presentare il terzo volume di Watt, il 3,14. Io l’avevo già visto a Torino, alla Fiera del Libro, e l’avevo subito desiderato, poi le sue dimensioni, 33X33 cm, il peso, i soldi che sono quelli che sono, desistetti. Mi dissi, lo comprerò in seguito. E quale occasione migliore allora? Ma c’è dell’altro, Giuliano aggiunge, vieni a prenderlo quando vuoi, te ne metto da parte una copia. Questo significa gratis, questo significa una cazzo di dose gratuita, significa viaggio pagato all inclusive. Capite ora perché Giuliano è il mio pusher di fiducia? Spaccia letteratura e lo fa indipendentemente dalle grandi distribuzioni, dai cartelli, lo fa da dentro la sua piccola libreria, il Polar, lo fa con grande rispetto per il consumatore. Giuliano spaccia prodotti di qualità, WATT ne è un esempio, prodotti che puntano sulla qualità, e lo fa perché…beh, perché anche lui è un dannato tossico di libri.
E Ceccato e Luccone? Ecco, loro invece è come se fossero dei piccoli chimici, al posto di molecole e atomi, maneggiano parole e disegni. Il risultato è il medesimo, alla fine ottengono comunque una reazione chimica, una droga, per i più “deboli” una dipendenza.
Quindi, eccomi venerdì 12 luglio, alla “Festa della Cultura” organizzata dal Partito Democratico, in piazza San Basilio all’Aquila, con il mio volume 3,14 sotto braccio, questo libro grande come un vinile e cromato di bianco, nero e oro, che stringo la mano a due degli autori che hanno contribuito alla sua realizzazione. Sono Pier Franco Brandimarte e Mario Sammarone, sono abruzzesi, sono due di quei pazzi che affollano sempre più le nostre bacheche di Facebook con quella malsana idea di voler fare gli scrittori – «chi è senza peccato scagli la prima pietra». Sono simpatici, alla mano. Viene fuori un bel dibattito. Presentiamo il terzo volume di WATT, poi i loro rispettivi racconti, L’interno della Mercedes e Purificazione, due lavori diametralmente opposti, ma solo di primo acchito. Discutiamo dell’idea di fondo del 3,14, questo numero irrazionale chiamato Pi Greco. Ed ecco che pian piano affiora il fil rouge: l’irrazionalità, la Grecia, e quindi la mitologia, e quindi, rapportato ai giorni nostri, la crisi culturale oltre che economica, l’incertezza che ne consegue, la decadenza (qui per saperne di più); il punto di partenza e i vari snodi dell’avventura wattiana per il 2013.
E il punto di arrivo invece? Beh, facile. Il punto di arrivo è la consistenza qualitativa e materiale dell’oggetto, questo volume grande come un vinile, bello da vedere, da tenere tra le mani, con il suo odore particolare, e ancora queste illustrazioni bianconere e dorate che erompono dalla pagina e si stampano nell’iride, e poi queste voci, queste diverse interpretazioni narrative di echi mitici così lontani e, al contempo, di paure quotidiane così incipienti. Una goduria insomma, per tipi strani come me, per tossici disperati, l’arrivo di un vero e proprio orgasmo.
Ho buttato lì un paio di domande per Maurizio Ceccato e Leonardo Luccone, ecco cosa ne è uscito fuori:
A tre anni dalla nascita, cos’è diventata oggi Watt? E come sono cambiati i suoi due “papà”? Quali nuove consapevolezze avete maturato sul vostro “bambino” e quali sul mondo nel quale crescerà?
MC: WATT non ha cambiato sostanzialmente la sua natura autarchica. Quello che affliggeva il mondo della comunicazione quando siamo nati editorialmente era la domanda secolare se nella battaglia per la sopravvivenza si dovesse scegliere tra carta o digitale. Ora direi forbice. E intanto WATT ha continuato ad uscire superando questi dilemmi. Per quello che riguarda IFIX, lo studio continua a interpretare il presente con lo stesso spirito di quando si incartavano fanzine con la spillatrice davanti a un camino.
LL: non è cambiato niente.
Facciamo finta che voi due abbiate risorse infinite e che il mercato editoriale italiano sia grande come quello americano, qual è la prima cosa che fareste? Come diventerebbe Watt magazine? In definitiva, quali sono i vostri desideri più “perversi”?
MC: La perversione del sottoscritto è quella di non stancarsi mai di sperimentare e di raccogliere lo stupore di chi guarda e legge. WATT non potrebbe essere meglio di così anche se lo producessimo su Marte in assenza di gravità.
LL: WATT sarebbe stampata in più esemplari, costerebbe di meno e avrebbe un meccanismo di promozione e distribuzione ancora più organizzato e capillare. Tutto il resto non presenterebbe differenze.
È già in cantiere il prossimo numero? Avete già in mente il filo conduttore per il quarto volume? Dobbiamo aspettarci altre sorprese dal punto di vista stilistico?
MC: no comment. Senza alternativa.
LL: Sì.
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bellissima iniziativa
ho tra le mani l’ultimo numero ed è un piccolo capolavoro
effeffe