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Del perché ho deciso di non rispondere alle domande della prova orale del concorso docenti

di Gualtiero Bertoldi

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Sono appena tornato dalla prova orale del famigerato concorso docenti voluto dall’ex ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Francesco Profumo. La prova consisteva in questo: preparare e presentare oralmente per 25-30 minuti una lezione su di un argomento estratto a caso dal candidato stesso il giorno precedente (nel mio caso appunto ieri), e rispondere quindi ad alcune domande di carattere generale (che potevano riguardare la lezione stessa o l’intera disciplina) della commissione. Si è trattata di una prova di breve durata, dal momento che mi sono presentato, ho consegnato alla commissione un elaborato contenente la lezione da me preparata e ho dichiarato, affinché venissero verbalizzate, le testuali parole: “Iniziamo, ma penso finiremo subito, dal momento che, per protesta nei confronti del concorso, ho deciso di non presentare questa lezione e di non rispondere alle domande. Tutto qua.”

 

Mi sono laureato in lingue e letterature straniere nel 2004, con un punteggio di 110; dopo un paio d’anni passati svolgendo vari lavori ho iniziato a insegnare nel 2006, con una supplenza della durata di un mese presso l’Istituto Comprensivo Statale “U. Floriani” di Recoaro Terme (VI). Al contempo ho frequentato l’VIII ciclo SSIS, accedendovi dopo aver superato l’annesso concorso statale (e che concentrava in una sola giornata due delle prove che, nel presente concorso, sono state situate a circa due mesi di distanza – ovvero il quizzone e la prova scritta riguardante la propria disciplina di studio). Conclusa la scuola (che prevedeva circa una dozzina di corsi e relativi esami nel giro di un anno e mezzo, con l’aggiunta di un paio di brevi tirocini), e superato un ulteriore concorso statale per ottenere il titolo finale (in questo caso l’esame, oltre a un colloquio riguardante una tesina preparata in precedenza, concentrava in 3 ore selezione di un argomento a caso e strutturazione di una lezione inerente lo stesso – quello che fra ieri e oggi ho avuto 24 ore di tempo per fare), ho ottenuto l’abilitazione con il voto di 72/80 e l’inserimento nelle famigerate graduatorie ad esaurimento. Da allora in poi ho sempre insegnato, con alterna stabilità, nelle scuole superiori di Padova, scalando poco a poco la graduatoria e vedendo svanire nel nulla, di volta in volta, le solite promesse dei gestori dell’istruzione pubblica che si sono avvicendati al ministero negli ultimi anni (li definisco gestori perché più che tagliare e comprimere, seguendo le direttive di altri ministeri, non sono stati in grado di compiere). A dicembre del 2012 ho preso parte al concorso docenti, superando la prova pre-selettiva con 41,5/50 e, a febbraio 2013, la prova scritta con 36/40. Oggi, giovedì 11 luglio 2013, invece di affrontare anche l’ultima prova orale, ho deciso di gettare un sasso contro una vetrina.

 

Ricordo alcuni dialoghi avuti con colleghi e amici nel novembre dello scorso anno, riguardanti l’indizione del concorso: come questo fosse uno specchietto per le allodole per distogliere da tutta una serie di questioni più urgenti (le mancate assunzioni, i pensionamenti rinviati, lo sfacelo di buona parte delle strutture edilizie, il continuo rinvio di un organismo di valutazione del sistema), come dividesse la categoria e azzerasse la (già bassa) solidarietà presente fra colleghi, dispersi su di una raggiera che spazia dal menefreghismo più ottuso al sindacalismo più convoluto e contorto, come andasse a duplicare inutilmente e con ulteriore dispendio titoli e competenze già acquisiti e verificati, e quali, infine, potessero essere le forme di protesta da mettere in atto per cercare di contrastare questo ennesimo sberleffo ad ampia risonanza mediatica nei nostri confronti. A conclusione di ogni discussione buttavo là, un po’ come boutade, un po’ come desideratum, che l’ideale sarebbe stato quello di passare tutte le prove, arrivare all’orale e, invece di rispondere, fare scena muta per protesta. Situazione che, alla fine, è effettivamente venuta a realizzarsi e che, mentre la stavo mettendo in atto, ovvero nella mezz’ora buona in cui la, per altro gentilissima, commissione cercava di convincermi a sostenere comunque l’esame, mi ha portato a pensare alla metafora del sasso e della vetrina.

 

La vetrina sono io, e il sasso è un sasso che ho, particella dopo particella, aggregato in fondo allo spirito in questi anni di insegnamento precario.

 

So benissimo che si tratta di una singola vetrina, e che, a fronte di altre centinaia rimaste intatte, non farà se non un rumore limitato, nessun danno visibile (a meno che non metta in conto quello che mi sono ipoteticamente autoinferto) e non cambierà nulla – esattamente come tutte le decine di manifestazioni in piazza alle quali ho partecipato negli ultimi anni. Solo, ho la consapevolezza di non avere accettato di superare un limite oltre il quale mi sarei personalmente sentito una testa di paglia, e sono comunque convinto di aver agito meglio sottraendomi a questo percorso che non seguendolo fino in fondo. È poco, ma è quello che, al momento, ho. Quello, e tutta l’aria che sta finalmente entrando dalla vetrina in frantumi.

 

*

 

[da Indizi dell’avvenuta catastrofe, 12 luglio 2013]

 

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24 Commenti

  1. Caro collega, rispetto profondamente il tuo gesto: purtroppo, il tuo Paese probabilmente non lo merita.

    In bocca al lupo per tutto.

    • Immagino la scena e rispetto l’atto ma, avendo lavorato nella Scuola per 10 anni, temo che il livello culturale e umano dei membri della Commissione – dove per cultura non intendo quelle quattro nozioni impartite ogni anno allo stesso modo agli studenti e apprese dai libri di testo per rimediare a lauree dimenticate – non abbia permesso loro di capire praticamente niente del tuo gesto se non il fatto che in questo modo si era liberato un posto in più per qualche loro amico.

  2. Massimo rispetto. Anch’io, come te, ho fatto una SSIS che era stata presentata come vero e proprio concorso, e pensavo onestamente che bastasse. Invece non basta mai. Ecco perché mi sono auto-boicottata al concorso e non farò nemmeno il TFA speciale. Per conservare quel minimo di dignità professionale che ancora mi resta.

  3. caro Gualtiero Bertoldi, a me invece dispiace che tu non abbia sostenuto l’orale. Mah, più che un sasso contro una vetrina, mi fa l’effetto di un sasso gettato nell’acqua..

  4. Mia moglie ha una laure in lingue, un diploma di esperta in insegnamento dell’italiano a stranieri, la certificazione Ditals rilasciata dall’Università per stranieri di Siena come insegnante di italiano per stranieri, il Master Itals dell’Università Ca’ Foscari in insegnamento dell’italiano a stranieri, la Ssis sperimentale di Ca Foscari come insegnante di italiano a stranieri, oltre che 12 anni di esperienza nel settore all’estero e in Italia, è autrice di libri e formatrice di insegnanti… e si è rifiutata di fare il concorso, perchè per fare quello su cui e super qualificata deve diventare di ruolo in un’altra materia e poi chiedere il trasferimento per andare ad insegnare agli immigrati. Di fatto chi lo fa spesso non ha preparazione ma solo un ruolo (parola che sembrerebbe non avere ambiguità semantiche, e invece…) e va a fare un tipo di insegnamento che richiede competenze molto specifiche senza avere nemmeno idea di quello che fa. Questa è l’Italia. Massimo rispetto per il gesto di Gualtiero.

  5. hai tutta la mia ammirazione. non serve a nulla, ma sono un granellino del macigno che spero si stia formando

  6. Inizia la conta dei giusti!
    A dieci siamo salvi…
    ma mi sa che qui
    non si arriva a tanti.

    Se così sentivi,
    hai fatto bene:
    andare contro
    la propria coscienza
    è “cosa non priva
    di pericolo e disonesta”.

  7. sei stato molto coraggioso….spero che il destino te ne renda merito…..per quello che vale voglio tributarti la mia stima….buona fortuna

  8. Io, nella tua stessa situazione lavorativa (avendo superato la ssis etc etc), quando ho sentito del concorso ho raggiunto il mio limite di saturazione. Per non ledere ulteriormente la mia Dignità non ho pensato un solo attimo di partecipare a una giostra che aveva come unico scopo quello di gettare fumo negli occhi mascherando un ennesimo atto propagandistico di un politico Indegno di ricoprire il ruolo che aveva. Tu hai deciso per un gesto eclatante. Mi è capitato, in passato, di farne a mia volta e… sono un balsamo per l’anima.
    Buona fortuna, ne abbiamo bisogno tutti.

  9. Per quanto la tua ribellione mi sembri un atto degno di Don Chisciotte e come quelli del noto cavaliere della Mancia trasudi di follia sana, anzi sanissima, purtroppo non indenne tuttavia da una certa dose di autolesionismo, devo dirti che essendo di ruolo da ormai diverso tempo, ti do comunque ragione sul fatto che sforzi, competenze e sacrifici nella Scuola italiana non vengono MAI riconosciuti e che non bastano mai, a causa del continuo cambiar le regole e le carte in tavola, vuoi per il reclutamento che poi per la carriera…valeva l’anzianità una volta, ora la minore età, valeva l’esperienza nell’acquisizione degli incarichi, ora arrivati neppure a 45 anni con 11 di funzione strumentale alle spalle, ti dicono che forse è il caso di far spazio ai giovani che magari hanno solo 5 anni meno di te e tu che torni a fare, l’insegnante di settima funzione statale con quel magro stipendio che arrotondavi con un misero incentivo. In quale struttura aziendale merito e competenze e sacrifici di tempo e di danari (bhe sì anche quelli, perchè dopo il ruolo il gioco al rincorrere i punti- altri magari- mica finisce) sono più bistrattate che nella scuola? Dopo tutto se hai la schiena così dritta da aver fatto un gesto del genere, dopo l’inesorabile pentimento, sono certa ti toccherà un buon risarcimento da parte della sorte. Perchè? Perchè tanto coraggio è ora che lo meriti. Saluti

  10. Il gesto rimane ammirevole. Temo però che l’unica concreta conseguenza sarà che qualcuno meno preparato, qualcuno di levatura inferiore si sarà fatto avanti al posto tuo. Questo mi fa rabbia.

  11. Nella scuola insegnano con c.T.I., senza nessuna competenza, tantissimi docenti. Quelli che dovrebbero insegnare di ruolo(chissà perché )restano sempre fuori. Il sistema scolastico italiano non ha mai premiato i meritevoli, ma i furbi, i cialtroni con tante tante conoscenze ma senza nessuna dignità. Tu continua fieramente a guardare a testa alta tutti. Sei riuscito a compiere qualcosa che in pochi riescono. Ti auguro con tutto il cuore di continuare con coraggio, determinazione e fierezza di batterti per un posto di ruolo. La scuola ha bisogno di persone come te.
    Patrizia

  12. Gentile Patrizia, mi spiega il nesso de lei stabilito tra la “cialtroneria” secondo lei imperante nella nostra scuola e il gesto del collega? Mi pare tanto un riflesso condizionato, anche fin troppo facile: di fronte a un Davide che si immola, mettere tutti gli altri nel fascio dei Golia grossi ottusi e ripugnanti e sputarci su. Sono precario anch’io, da anni, nonostante l’abilitazione Sis e ormai molti anni di esperienza in classe già sulle spalle. Eppure mi guardo bene dal fare, come lei, l’assalto alla diligenza della scuola in cui sono rintantati i colleghi a tempo indeterminato, a lasciar intendere, grosso modo, che i vecchi son tutti ignoranti abusivi e i giovani coraggiosi idealisti pronti a qualsiasi sacrificio e per ciò stesso degni e migliori di quegli altri.
    Mi guardo bene dal dire tutto questo perché se io sto tentando il concorso, che è un’obiettiva umiliazione, forse è IL SISTEMA (l’attuale organizzazione della scuola e le politiche scolastiche) che non va; se Gualtiero è arrivato a decidere di fare il suo nobile gesto, è IL SISTEMA che non va; se dentro la scuola ci sono, sì, insegnanti che sarebbe meglio fossero altrove, è IL SISTEMA che non va; se nella scuola ci sono, oh sì, tanti insegnanti a tempo indeterminato che fanno degnamente quando non benissimo il loro mestiere, e qualcuno può metterli tutti nel mucchio dei cattivi e sputarci sopra, è IL SISTEMA che non va.
    La prego, non facciamo questioni personali: voi bravi, voi cattivi. I problemi della scuola non li risolveremo certo né io né lei, perché c’è bisogno di denaro e di volontà politica lucida; noi però, almeno, possiamo evitare di contribuire al caos delle opinioni e delle discussioni trinciando giudizi divini all’ingrosso e sforzandoci invece di ragionare e capire. Non offenda quei bravi insegnanti che pur ci sono e la cui unica colpa è quella di essere costretti a lavorare in un edificio che scricchiola e le cui crepe si allargano ogni giorno di più.

    • Daniele, non era mia intenzione offendere gli insegnanti, mi scuso… forse non mi sono espressa con chiarezza. Insegno da tanti anni e credimi… di docenti bravi, professionali e che credono nella scuola ne conosco tantissimi. Tuttavia, in 35 anni di carriera, ho avuto modo di conoscerne anche svogliati, demotivati, che non sanno lavorare in team e che non condividono nulla. Docenti che guardano in cagnesco i bambini disabili e/o con DSA. Docenti che seguono solo gli allievi brillanti (sai che sforzo!). Ho conosciuto, mio malgrado, docenti di sostegno che che non hanno mai offerto nessun sostegno, che non si sono mai presi cura dei bambini con bisogni speciali.
      Daniele, sono convinta che la qualità della scuola sia garantita soprattutto dalle risorse umane, sono le uniche che permettono che la scuola funzioni. Certo, le risorse economiche lasciano a desiderare.
      Credo nella formazione continua degli insegnanti, per questo motivo all’età di 48 anni mi sono iscritta all’università e dopo quattro anni mi sono laureata. Sono convinta che la continua formazione permetta di attuare strategie e metodi nuovi. Non ho nessuna intenzione di fermarmi … anche se ho 56 anni.
      Ti auguro di essere incluso in posizione utile per l’immissione in ruolo. So cosa provi, ne ho superato sei prima di avere l’incarico a tempo indeterminato.

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renata morresi
renata morresi
Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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