Corona
di Paul Celan
Dalla mano l’autunno mi mangia la sua foglia: siamo amici.
Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare:
il tempo rientra nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca dice il vero.
Il mio occhio discende al sesso dell’amata:
ci guardiamo,
diciamo cose oscure,
ci amiamo l’un l’altra come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel fiotto della luna.
Abbracciati stiamo alla finestra, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
E’ tempo che la pietra si accomodi a fiorire,
che all’inquietudine batta un cuore.
E’ tempo che sia tempo.
E’ tempo.
Aus der Hand frißt der Herbst mir sein Blatt: wir sind Freunde,
Wir schälen die Zeit aus den Nüssen und lehren sie gehn:
die Zeit kehrt zurück in die Schale.
Im Spiegel ist Sonntag,
im Traum wird geschlafen,
der Mund redet wahr.
Mein Aug steigt hinab zum Geschlecht der Geliebten;
wir sehen uns an,
wir sagen uns Dunkles,
wir lieben einander wie Mohn und Gedächtnis,
wir schlafen wie Wein in den Muscheln,
wie das Meer im Blutstrahl des Mondes.
Wir stehen umschlungen im Fenster, sie sehen uns zu von der Straße:
es ist Zeit, daß man weiß!
Es ist Zeit, daß der Stein sich zu blühen bequemt,
daß der Unrast ein Herz schlägt.
Es ist Zeit, daß es Zeit wird.
Es ist Zeit.
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È tempo che il Tempo rientri nell’essere umano. Che torni reale e non mera misura misurata e misurante.
CORONA
Dalla mia mano l’autunno bruca la sua foglia: siamo amici.
Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo ad andare:
il tempo torna al guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca profetizza.
Il mio occhio scende sul sesso dell’amata:
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure,
ci amiamo l’un l’altra come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio di sangue della luna.
Stiamo abbracciati alla finestra, ci guardano dalla strada:
è tempo che si sappia!
È tempo che la pietra si decida a fiorire,
che all’inquietudine batta un cuore.
È tempo che sia tempo.
È tempo.
scusate, ma l’attrezzo non rispetta gli stacchi da strofa a strofa.
CORONA
Dalla mia mano l’autunno bruca la sua foglia: siamo amici.
Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegnamo a andare:
il tempo torna al guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca profetizza.
Il mio occhio scende sul sesso dell’amata:
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure,
ci amiamo l’un l’altra come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio di sangue della luna.
Stiamo abbracciati alla finestra, ci guardano dalla strada:
è tempo che si sappia!
È tempo che la pietra si decida a fiorire,
che all’inquietudine batta un cuore.
È tempo che sia tempo.
È tempo.
Forse Celan avrebbe bisogno per questi primi poemi, di un traduttore-poeta-interprete, su schemi non-classici… ai quali Celan arrivò da solo
Nello specchio, la domenica è,
Non sono affatto d’accordo con lei, cara Helena Janeczek, l’interpretazione non è approssimazione. E il punto non è mai questo… ma il “perché” si traduce. Perché, è vero, Pasolini interpreta Eschilo, anche con il testo francese vicino. Perché lo fa? Per allontanare le versioni auliche e classiche, e perché ha già una lingua sua. E perché tradurre è connaturato al suo “essere scrittore”. Ricerca letteraria, funzionale al suo lavoro, anche. Si suppone, oggi, che uno scrittore, se traduce Celan, ne conosca l’opera nell’originale e in traduzione. Quindi l’ultima frase qui appare al non troppo sprovveduto navigante retorica-finta-ingenua: “… se… ne conoscete altre…”. Reputerei più giusto, se lei lo ritiene, dire qual è la sua edizione di riferimento per l’opera originale, da cui ha tratto il testo, e se “lei” conosce altre traduzioni, che ha letto prima di cimentarsi nella “sua” traduzione. Altrimenti resta tutto un bel gioco fine a se stesso, che con la letteratura ha poco a che fare, non crede. E allora non mi interessa.
Guardi, Alfredo, io non solo prediligo il “profilo basso” ma penso davvero quel che ho scritto in quelle righe. Il che non vuol dire tradurre in maniera approssimativa, “come viene viene”; ma approssimarsi alla poesia secondo la propria sensibilità del testo: della sua lingua e della sua semantica.
Anch’io ho tradotto Celan perché le versioni più facilmente disponibili in italiano di quel componimento non mi convincono.
Apprezzo il lavoro di Michele Ranchetti, di Dario Borso e di altri, ma non sapevo chi avesse tradotto “Corona”.
Qui una delle raccolte tradotte da Borso
http://www.einaudi.it/libri/libro/paul-celan/oscurato/978880620015
L’edizione che ho usato è quella completa Suhrkamp.
Ora, almeno, sappiamo che lei sapeva… e che lei ha tradotto perché aveva già letto altre traduzioni che non la convincevano… è un punto di partenza. La “sua” traduzione non s’allontana molto da quella del “Meridiano Mondadori”… (che penso sempre un traduttore di Celan abbia a portata di mano) non vedo uno sforzo convincente… e “accomodarsi” per la pietra mi lascia perplesso, ma ammetto di non conoscere il tedesco “Es ist Zeit, daß der Stein sich zu blühen bequemt”.
“ma non sapevo chi avesse tradotto Corona” – mi permetta di dubitarne; per la traduzione di Celan (quella del Meridiano) basta un clic, e lei mi pare non essere una novizia:
http://blog.quotidiano.net/marchi/2012/07/03/antologia-del-novecento-corona-di-paul-celan/
Non sapevo chi avesse tradotto la poesia oltre a Bevilacqua.
“Apprezzo il lavoro di Michele Ranchetti, di Dario Borso e di altri, ma non sapevo chi avesse tradotto Corona”… “oltre a Bevilacqua”
Esatto, il “meridiano” lo davo per scontato.
Grazie, Dario, molto bella…
CORONA
L’autunno mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici.
Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli apprendiamo a camminare:
lui ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca fa profezia.
Il mio occhio scende al sesso dell’amata:
noi ci guardiamo,
noi ci diciamo cose oscure,
noi ci amiamo come papavero e memoria,
noi dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio sanguigno della luna.
Noi stiamo allacciati alla finestra, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
E’ tempo che la pietra accetti di fiorire,
che l’affanno abbia un cuore che batte.
E’ tempo che sia tempo.
E’ tempo.
– Traduzione di Giuseppe Bevilacqua
mb-
il borsiano “È tempo che la pietra si decida a fiorire” mi sembra imbattibile.
Grazie Helena, molto bella, anche se non so il tedesco, quindi parlo solo di suggestioni, ma così come la voce di Celan e la musica della sua poesia ammorbidisce e rende un fluida, dolce , una lingua che tu sai meglio di tutti che memoria abbia – e mai papavero – così la tua traduzione conserva l’altezza delle immagini restituendo l’orizzontalità e la piana locuzione ad un italiano che trovo più adeguato se lo immagino legato qui ad una dimensione intima dell’io-tu. poi Bevilacqua fa scelte strane: quel “gli apprendiamo” non so da dove sia sbucato, non ripete al terzo la parola “tempo” umanizzandolo con un “lui” e poi l’anafora del “noi” ripetuto laddove l’Italiano usando la prima persona plurale del verbo non lo rende necessario (e lascia quella dimensione intima, che col “noi” ripetuto invece me lo proietta più in una locuzione pubblica – vedo che Celan ripete “wir”, in tedesco è obbligatorio il pronome come elemento distintivo?
Ultima curiosità: nella pur interessante traduzione di Dario Borso, alla parola “wahr” si usa il concetto di profezia – come fa Bevilacqua – Helena invece usa “vero”, tra dire una profezia e dire il vero c’è differenza: presente/futuro e soprattutto c’è una ieraticità, perentoria, un vaticinare un legarsi a una semiosfera di oscurità inevitabile nel proiettare con questa scelta la bocca (che è in un contesto amoroso e sessuale) verso la profezia. Per questo mi piace più “vero” lo vedo, lo vedo nella limpidezza di un amore che pur chiuso in una camera sta lì, è presente a sé stesso nel potersi vero e come dire tale pronunciare la parola amore.
Mi rendo conto che magari la parola tedesca non è né l’una né l’altra, ma sono curioso, di sapere dove pende di più “wahr”? la lingua è arbitraria per eccellenza (Wittgenstein insegna) ma c’è questa differenza nell’italiano tra vero e profezia
Non c’entra nulla, ma volevo accostarla, qui, come un pensiero per Helena e per il suo lavoro sulla lingua tedesca, non solo per l’ambito della traduzione, ovviamente.
L’AUTOSTOP
GIUDICI GIOVANNI
Poco dopo l’imbocco
dell’autostrada che porta da Firenze a Bologna
tagliando fuori da un lato Castiglione
dè Pepoli,Marzabotto
-mi fece segno:NO,
subito io risposi meccanicamente.
Ma poi:
fra qualche anno potrebbe essere uno dei miei,
soggiunsi sempre a me stesso rallentando sul bordo.
Ossequioso salì,sorridente,sordo
ai miei pensieri-giovane talmente
che poi mi parve inutile domandargli l’età.
Tedesco inevitabilmente.
Sprechen Sie Deutsch?
Niente
da fare-tutto dimenticato quel poco.
E poi meglio tacere con chi si deve odiare,
m’imposi,pensa ai morti su queste stesse montagne.
Eppure che era tedesco tu lo dovevi sapere.
Do you speak English?
Ma sì-non posso
adesso sbatterlo fuori,che male c’è,
un ragazzo non c’entra dopotutto,
domandargli se studia,la sua città qual è.
Eppure che era tedesco tu lo dovevi vedere.
chiunque l’annuserebbe lontano un miglio.
Di Dortmund mi parlò,del padre ferroviere.
Di qualcuno di quelli è certo il figlio.
Niente di male,comunque,se fosse il figlio di Schupp.
Obergefreiter,telegrafista:
a Dortmund casa mia-mi disse un giorno
(servizi sedentari a causa della vista)
-moglie e un marmocchio-in un buffo corretto italiano.
Ma adesso già ventidue anni avrebbe il figlio di Schupp,
di lui che osò confessarmi:egregio amico,è finita.
Wasser,Brot,spazieren,kein zuruck,
vor der kaserne bei dem grossen Tor-non tutto
a essere sinceri è dimenticato.
Raus!Raus!-sbraitavano quelli
sfondando porte,scardinando infissi…
Com’è possibile oggi tanto gentili e belli?
Ho sfilato davanti a Hitler-gli dissi.
E lì per lì quel nome non afferrò,
forse non aspirai l’acca abbastanza.
Hitler,Goering-don’t you understand?
Ah si,-risero gli occhi la loro innocente risata:
quello dei gran discorsi,quell’altro con la panza?
Pensai,ma inutilmente,ai morti su queste montagne.
Studiai,ma inutilmente,di far la mia voce più grave.
Ecco Bologna-al vandalo soave mostrai.
Lontan dagli occhi anche l’odio è lontano dal cuore.
Addio,non traversare,attento dove vai.
Così tagliavo fuori le vecchie loro magagne.
740: il numero del salmo
un sogno irrealizzabile ora, e per sempre
era un altro tempo, un altro tutto, un altro altro…
p.s.
la splendida versione db-ana (o db-esca) ha già chiuso il gioco, probabilmente
anche se quel profetizza qualche dubbio lo lascia – un piccolissimo neo, comunque
la “bocca-bambina” (del tempo e degli uomini ritornati nel guscio) dice il vero – il “vero” del “sogno” – non “pro-fetizza”
Ecco, nel caso che tu hai indicato è necessario prendere una direzione interpretativa che non può fare a meno di sacrificare una parte della polisemia originale.
“Wahrsagen”, verbo composto dall’aggettivo “wahr” (vero) e “sagen” (dire) sta per “predire il futuro”, “profetizzare”. Ma Celan scrive “redet wahr”, con un piccolo spostamento metaforico della lingua. Quindi si tratta di decidere se si vuol far emergere quel “vero” o se si ritiene più importante veicolare il senso del profetizzare.
“Sich bequemen” è diffilissimo sotto un certo profilo. Viene da “comodo”, “bequem” ma nel suo uso comune significa “fare finalmente qualcosa con sforzo o riluttanza” ed è espressione sarcastica.
Ho provato a tradurre così per vari motivi. Vuoi per trasmettere la nota di ironia, vuoi per evocare espressioni italiane come “prendersela con comodo”, “accomodarsi” nel senso di “aggiustarsi” e simili.
Nella versione di Dario è più chiara l’impazienza, nella mia più la fatica di “smuovere” la pietra.
l’unica soluzione capace di inglobarle entrambe è (può essere):
la bocca dice vero
(tra l’altro, è la soluzione scelta da Masini, illis temporibus)
la brevissima postilla di helena non fa una grinza.
io non so come alla gente piaccia celan leggendolo da bevilacqua. aberrante la scelta di tradurre tutti i pronomi personali soggetto, che in tedesco sono obbligatori e in italiano no, quando di norma il tedesco rispetto all’equivalente italiano è di circa 70% di sillabe. con celan poi, che fa della concisione la crux, non si può assolutamente aberrare così. a prop. di aberrare, non si deve tradurre gehen con camminare: il tempo va, non cammina. (per ragioni metriche, ho tradotto “a andare” invece che “ad andare” – non solo metriche: senza d il tempo va di più)
dal contesto direi: profetizzare. il sogno del verso prima diventa profetico. certo, è la bocca della verità. (poi: diciamo cose oscure, tipico delle profezie.)
nel carteggio timpanaro-cases il primo segnala un granchio di ppp da eschilo indegno di un maturando.
Postilla per postilla : hai idea delle traduzioni da Eschilo. Pasolini traduceva “en poète”, ma con un “avvicinamento alla prosa, alla locuzione bassa, ragionante”. Il resto sono quisquiglie. E cosa sana, non nascondeva i suoi debiti, anche verso i traduttori francesi. Post-postilla: a me il meridiano lo hanno dato scontato, non potevo ridarlo (per) scontato. Post-post-postilla: non è che dopo l’ennesima “corona” ci berremo anche il latte della sera.
cose meravigliose
fuori qualcuno nasce e qualcuno muore (anche di fame)
tanto per dire.
Dario, sul tempo hai ragione.
Tradurre la poesia è accaturare il rifletto della lingua. E’incantare la luce per nominarla nella sua lingua sorgente.
Per Helena: dare presenza alla voce della sua infanzia (il tedesco) nella lingua della vita presente.
Grazie per la traduzione.
La sua simplicità invita a sognare:
“siamo amici”
Vèronique riesci a postare la traduzione francese? curiosità.
effeffe
Corona
Du dedans de la main, l’automne dévore sa feuille: nous sommes amis
Nous libérons le temps de la coquille de noix
Et nous lui apprenons à marcher
Le temps retourne vers sa coquille
Dans le miroir c’est dimanche
Dans le rêve nous dormons
La bouche parle vérité
Mon regard descend vers le sexe de l’aimée
Nous regardons
Nous nous parlons des ténèbres
Nous nous aimons comme pavot et mémoire
Nous dormons comme vin dans les coquillages
Comme mer dans les rayons de sang de la lune
Nous nous tenons enlacés près de la fenêtre
Ils nous dévisagent de la rue
Il est grand temps que l’on sache
Il est grand temps que la pierre s’habitue à fleurir
Que le non-repos batte au cœur
Il est temps que le temps soit
Il est temps
(Trad. di Gil Pressnitzer)
Caro Effeffe,
Non ho più il libro di Paul Celan. L’ho perso nel trasloco Amiens Arles. Non ho mai rimediato a questa mancanza.
Spero trovare la traduzione in francese domani.
Amo la mia lingua come un’amante.
Ma la lingua italiana mi sembra di forma più poetica nel verso.
La lingua francese mi incanta nella sua limpidità della frase , mentre la lingua italiana compie la magia di dare un corpo alla parola. E’più vicina della vita. In un senso immediato.
Preferisco la versione italiana di Helena.
Salve.
C’è la bella traduzione di Moshe Kahn e Marcella Bagnasco (Poesie, Garzanti, 1976; introvabile).
Ma belle, devo dire, sono quasi tutte le traduzioni offerte da Kahn/Bagnasco.
CORONA
Dalla mia mano l’autunno mangia la sua foglia: siamo amici.
Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare:
il tempo ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca dice il vero.
Il mio occhio scende giù al sesso dell’amata:
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure,
ci amiamo come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel fiotto di sangue della luna.
Stiamo abbracciati alla finestra. Ci guardano dalla strada:
è tempo che si sappia!
È tempo che il sasso si adatti a fiorire,
che per l’inquietudine batta un cuore.
È tempo che sia tempo.
È tempo.
Salve.
C’è una bella traduzione di Moshe Kahn e Marcella Bagnasco (Poesie, Mondadori, 1976; introvabile).
Ma belle sono quasi tutte le traduzioni offerte dalla coppia Kahn/Bagnasco.
CORONA
Dalla mia mano l’autunno mangia la sua foglia: siamo amici.
Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare:
il tempo ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca dice il vero.
Il mio occhio scende giù al sesso dell’amata:
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure,
ci amiamo l’un l’altro come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel fiotto di sangue della luna.
Stiamo abbracciati alla finestra. Ci guardano dalla strada:
è tempo che si sappia.
È tempo che il sasso si adatti a fiorire,
che per l’inquietudine batta un cuore.
È tempo che sia tempo.
È tempo.
sul Blutstrahl del v. 11. ho tradotto “raggio di sangue”. helena condensa bene, fors’anche troppo, in “fiotto”, che in italiano penso richiami più il sangue che altri liquidi. “sanguigno” invece è quasi errato, e “fiotto di sangue” esagerato. a prop. moshe kahn, con cui sono in corrispondenza da molto, ha tradotto anni fa in tedesco ragazzi di vita di ppp e sta ultimando l’orca di d’arrigo
ragazzi: helena, db, pinto, quando ci traducete un pastior, o un Franz Mon? facciamo tradurre tutto ai francesi, che di solito traducono molto meno di noi? epperché?
http://aig.humnet.unipi.it/rivista_aig/baig1/17.Scuderi.pdf
Inglese, diciamo più semplicemente che traducono, poi tiriamo le somme:
http://www.deastore.com/search/french_books/usr/keywords/heissenbuttel
http://www.deastore.com/livre/tactiques-de-mots-franz-mon-heike-fiedler-le-clou-dans-le-fer/9782917824115.html
http://www.deastore.com/auteur/Oskar%20Pastior.html
http://www.deastore.com/livre/groite-et-dauche-poemes-ernst-jandl-atelier-de-l-agneau/9782930440446.html
http://www.deastore.com/livre/retour-a-l-envoyeur-ernst-jandl-grmx/9782953860511.html
grazie alfredo delle indicazioni
sul Pastior segnalo un’ulteriore chicca per i rabdomanti della poesia non conforme: Pastior, “Pétrarque/33 poèmes”, Les Cahiers de Royaumont, 1990. Per chi non può leggere il tedesco, ci son questi contentini francesi…
ciao andrea, vuoi una risposta sincera: anche subito. però, come diceva san socrate, c’è un piccolo però…
gli editori non che che non vogliano solamente mon, non vogliono nemmeno celan e arno schmidt. parlo ovviamente a titolo personale, e parlerei di entrambe le mie disavventure anche in un post su nazione indiana (titolo provvisorio: “io non ho paura, e non mi chiamo niccolò ammaniti”), un post di quelli con nomi e cognomi, per intenderci. le ultime mie speranze sono nell’e-book, ma è una fede cieca essendo io tecnicamente peggio che imbranato. per il momento sperimento alla cazzo altri media, tipo questo (per restare a mon): http://www.youtube.com/watch?v=QzlvsBX_PHE
ps. sai che vincenzo ostuni ha vinto il premio ex-ex-equo del baghetta 2013 (tr. it. “campa cavallo”)? fatti raccontare da lui com’è andata, anzi fagli scrivere un post per nazione indiana: ne sentirete delle belle!
caro db
Cage a parte, sono un grande estimatore di asfalti, e quindi ho apprezzato anche il tuo cazzeggio con il video…
quanto a un resoconto delle miserie non del traduttore ma della traduzione, credo che ce ne sarebbe bisogno e su NI avresti ospitalità
Ma, forse db preferisce le gare in cui s’arriva secondo, terzo, quarto, olimpionica-mente. Eppoi, si può anche cominciare dalla rete. Inglese, dimentichi Heissenbuttel, perché a parte le felici riproposizioni su GAMMM (GB) delle traduzioni di E. Picco… fuori c’è un mondo di sordi… e poi sai, scrivi Celan e accorrono in massa… scrivi Heissenbuttel… vanno a ordinare una birra…
[…] Corona | Nazione Indiana. […]
https://fbcdn-sphotos-a-a.akamaihd.net/hphotos-ak-frc1/s720x720/311166_364279870331850_1772688140_n.jpg
http://dmilith.verknowsys.com/Public/Daffodil%20Lament%20%28Live%20In%20Stock.mp3
il tempo forse fugge
[ Sed fugit interea fugit irreparabile tempus ]
più che camminare o andare
Franz Josef Haydn Sinfonia N. 101 in Re maggiore “L’Orologio” dall’Andante
e raramente si nasconde per poco in un guscio di noce
Ecco una versione francese da Jean-Pierre Lefebvre, per Gallimard.
Corona
L’automne me mange sa feuille dans la main:
nous sommes amis.
Nous délivrons le temps de l’écale des noix
et lui apprenons à marcher:
le temps retourne dans l’écale.
Dans le miroir, c’est dimanche,
dans le rêve on est endormi,
la bouche sans mentir.
Mon oeil descend vers le sexe de l’aimée:
nous nous regardons,
nous nous disons de l’obscur,
nous nous aimons comme pavot et mémoire,
nous dormons comme un vin dans les coquillages,
comme la mer dans le rai de sang jailli de la lune.
Nous sommes là enlacés dans la fenêtre, ils nous regardent depuis la rue:
il est temps que l’on sache!
Il est temps que la pierre se résolve à fleurir,
qu’à l’incessante absence de repos batte un coeur.
Il est temps que le temps advienne.
Il est temps.
écale mi piace. Ho l’illusione di sentire lo scricchiolo della noce, il colore del tempo mordorè.
Da una lingua verso un’altra tiene l’assenza della forma di una parola.
Posso interpretare l’écale come la forma magica della parola.
Si libera in realtà la parola chiusa.
orsola (a parte che fugge non c’è nel testo di celan): e il tempo andato? e il ritorno del rimosso? e l’eterno ritorno? e le stagioni di scardanelli?
db, col tempo sai, col tempo tutto se ne va, correggimi se sbaglio, ma nel libro da te curato per Einaudi “Oscurato”, tra le tante note, non ne trovo neanche una piccola per dire che esisteva già una traduzione (dello stesso editore tra l’altro) di buona parte di quelle poesie, dieci anni prima (Sotto il tiro di presagi / Ranchetti). Non sarà anche questo un dare per scontato. Però, anche se così fosse, non chiederemo il rim-borso…
e orsola, en fin de compte, ci dà la “chiave” di ogni traduzione che si rispetti… quindi grazie
Sono d’accordo con db, qui il tempo va.
Inoltre, se Celan avesse voluto dire che fugge, o passa, avrebbe avuto a disposizione läuft, o verstreicht, o vergeht, o geht vorbei, invece dice geht, come Keller in Die Zeit geht nicht.
Non so perché non ho usato gli infiniti, credo per colpa di Keller, comunque, il succo resta.
Il tempo poetico di Orsola è il tempo dell’infanzia che continua nella parte magica della nostra vita.
ma dove siamo, a radio maria ?
il primo verso determina la stagione: autunno. il secondo verso surdetermina l’autunno: come sanno tutti i vegani, è d’autunno che si raccolgono indi sgusciano le noci.
achtung: i crucchi per stagione hanno jahreszeit, ma spessissimo, soprattutto se il contesto rende pleonastica la specificazione, solo zeit. quel tempo è stagione. le stagioni vanno e vengono. come del resto in italiano (v. fratelli righeira), l’estate se n’è andata e ritorna l’autunno. claro?
l’ultima cosa da decidere è l’incidenza di questi indicatori temporali sulle vicende di celan con bachmann e viceversa. celan infatti (non per niente aveva uno scaffale intero di kierkegaard) poeta sempre e solo in situazione.
e il significato del verbo “gigioneggiare”… db la chiave è sempre nascosta… e indicata da Orsola…
Spero che il commento di DB non sia per me. Non ho lo spirito religioso.
Il tempo di Corona attizza il presente.
Non c’è stagione nel tempo.
Il tempo nasconde l’urgenza della poesia.
Il desiderio di scrivere, non di amare.
Un altro senso ho dato al commento di Orsola.
Il tempo della frattura ( il desiderio del padre per la figlia) rompe il tempo. Il padre vuole domare il giorno e la notte, il sole e la luna.
Qualcosa è spezzato, ma il tempo continua in una parte chiusa. Nella noce.
dalla mano l’autunno mi divora le sue foglie: siamo amici.
sgusciamo il tempo dalle nici e gli insegniamo ad andare:
il tempo fa ritorno al guscio.
è domenica nello specchio,
si dorme in sogno,
la luna parla il vero.
il mio occhio discende al pube dell’amata;
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure
e ci amiamo come papavero e memoria,
dormendo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio di sangue della luna.
restiamo abbracciati alla finestra, dalla strada ci vedono:
è tempo che si sappia!
è tempo che la pietra si metta a fiorire,
che d’inquietudine batta un cuore.
è tempo che sia tempo.
è tempo.
Commenti sbloccati solo ora perché ho visto solo poco fa che erano in moderazione.
dalla mano l’autunno mi divora la sua foglia: siamo amici.
sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo ad andare:
il tempo fa ritorno al guscio.
è domenica nello specchio,
si dorme in sogno,
la luna parla il vero.
il mio occhio discende al pube dell’amata;
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure
e ci amiamo come papavero e memoria,
dormendo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio di sangue della luna.
restiamo abbracciati alla finestra, dalla strada ci vedono:
è tempo che si sappia!
è tempo che la pietra si metta a fiorire,
che d’inquietudine batta un cuore.
è tempo che sia tempo.
è tempo.
D’accordo la libertà dell’anonimato in rete. Ma trovo un po’ assurdo non sapere il nome di chi ha fatto lo sforzo di tradurre.Caro pc – non faccia il timido!
non è libertà dell’anonimato, gentile Helena. è la partecipazione a un’iniziativa interessante, dove mi preme esprimere un’ulteriore passaggio: tradurre come dare voce alla voce dell’Altro. l’io si mette in sintonia, si dilata nell’intuizione dell’originale, si fa originale a sua volta, ma in accordo: così si può sentire meglio il respiro nel letto di chi ti dorme accanto…
Una gigantomachia, niente di meno…
su fb il lavello è + alto
C’è ancora qualcuno? Fuori dagli scherzi… “wird unsereins nicht satt” (Oscurato, p. 59)… la tua traduzione mi sfugge completamente…
sì, la luna dice il vero:
e guardo il mondo dall’oblò
mi annoio un po’
ho sbagliato indirizo (per l’emozzione):
cfr. pc il 30 giugno 2013 alle 12:43
http://www.youtube.com/watch?v=x8cc4izcRbY
http://www.youtube.com/watch?v=TrTypvynAsk
http://www.youtube.com/watch?v=LFv9WGncaAk
semplicemente sublime!
*
Dalla mano di autunno mi mangia la mano: siamo amici
Abbiamo sbucciare il tempo dalle noci e di insegnare a camminare:
il tempo viene restituito alla shell.
Nello specchio è Domenica,
il sogno sta dormendo,
la bocca parla la verità.
Il mio sguardo si sposta verso il sesso della persona amata;
guardiamo,
ci scambiamo scuro,
ci amiamo come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel sangue della luna.
Noi siamo alla finestra abbracciando, e la gente guarda dalla strada:
è tempo sapevano!
E’ tempo che lo sforzo di pietra a fiore,
inquietudine aveva un cuore batte.
E’ ora che è tempo.
E’ il momento.
Lalo m’hai fregato, volevo farlo io il giochino di “google translate”! ;-)
@nfratture: la trad. di p. 59, oscurato, v. 4, è letterale: cosa ti sfugge precisamente?
“uno par noi non si sazia”… che vuol dire ?
[al] par [di] noi
è dialetto bergamasco, o italiano? “uno come noi”. è così semplice, così chiaro. Però è la traduzione Ranchetti. A tratti, mi sembra, che per staccarsi da precedenti traduzioni, si cada in pesantezze (allorché? – p. 57). Ritorno sulla precedente “question”, vorrei capire perché questa volontà di scordare precedenti traduzioni. Non teme che questo possa essere percepito anche come mistificazione? Diciamo che rientra anche nelle politiche editoriali, per cui tutto deve apparire inedito, nuovo, e non lo è.