Francesca Canobbio – Poesie inedite
CONCERTO AL MINIMO
hai scavalcato il pianoforte fino alla sua coda- fino a tastare le corde che tese a capestro con un pizzico o più di follia davano la morte sospesa nel nastro fatto scorrere al collo che pendendo una nota sul petto fanno il cuore maiuscolo più dello spazio- stella nana- stellina di ottave in colonne di marmo sonoro- e cerchi- dall’alto scorgo e cerco dalla cupola quanto di celeste ormai giunto- quanto dista l’oscuro nell’ordine spartito da dio- se ha un suono il suo passo sulla scala o porta- un profilo di mani giunte fanno un coro su questo pavimento che hai ormai tentato capovolto quando con tutta la voce- tutte le voci sono uno schianto?
* * *
QUELLA RISATA CHE PARTE DALLA FINE
Ho cambiato il colore dei miei occhi su una pagina di legno che frutta marciapiedi per i sorrisi mai recapitati alla posta del mio cuore a trampoli. Sono caduta al primo sbattere di ciglia, ma adesso tutto è celeste, mia pupilla. Domani ti regalerò anche qualche nuvola per coprirti come un occhiale, e sarai perfetta al microscopio, come il virus del singhiozzo che mi ha ucciso
Il cobalto è soltanto l’inizio. Mi eserciterò su ogni capriccio di sfumatura possibile, sino alla fine del nero che inchioda una luna come un pulsante premuto per sbaglio in un quarto argento secondo su un podio di cielo che suona l’inno apolide con mano sul cuore del donatore e l’organo pizzicherà sui tasti una marcia funebre in ricordo delle sue canne
Giratevi pure di schiena senza scatto alla risposta della mia domanda quando vi si dice nel foglio che si approssimano incertezze, come l’esempio che azzarda i ricordi, sempre, su coste divise da mari antartici e non si viene per trovare che un ago in un pagliaio, senza filo per ricamo, ma sfilato dal braccio di un malato che ha trovato la sua cura, il suo ricovero
Spingere tutto. Come una carrellata sui volti scomposti dei neonati affamati di fiati dopo la chiusa. Urlano l’aria e tacciono terra che non conoscono, sul braccio che si tatua a cifre di carcere, tacche alle sbarre del tribunale di una vita senza giudizio e la pena scolpita a sangue nei geni, fino a che scompaiono in una x di giorni i ricordi primi o in un punto senza ricordo di secondi o restano ignoti, terzi
Ti raccoglierò i suoli per sola salita fra le pietre ad ago di scalzo piede, in questo passo arreso che compio con il legno fra le mani, ad entrata libera nella sagra delle nostre età, così diverse sugli scampoli di stoffa, così uguali sulla carta d’identità, così differenti per un pelo, mio amico cane accanto, a cui sorride la coda
La mia cartolina è tutta un cielo di cicogne che portano vita. Colori da spazi en plen air come i pittori e i loro tubetti lasciati a seccare sui davanzali delle giostre panoramiche delle mie finestre che danno sul vuoto della ragione a favore di un volume altissimo della mia voce, che sento, qui, con le oche, e con lo stupido tono con il quale ti dico ti amo. Affrancata.
Lui è un trompe l’oeil, che vedo solo io e che esce dal foglio con la mano aperta a portarti il saluto delle parole turchine. Volano in cielo le sue donne, come le anime degli insetti morti nei cimiteri dei bambini e gli uomini si fanno piccoli come le case delle lumache. E il mare copre ogni sua ultima lettera nello spazio fra me e un suo punto, come un’ onda che bacia ogni altra onda
Ti mostrerò l’esorcista di fiori che è in me, sciogliondo la paralisi di petali e foglie. Un trucco senza inganno, quello di sfogliare tutto come fanno le stagioni, il libro del tempo non risolto, viaggio che non ha assoluzione e chiama allo stadio, in una partita persa in partenza e con un rigore perfetto, d’arrivo con ghirlanda, che rimanda a casa senza punto. Di ritorno
Aveva una voce di carta con un suono d’inchiostro, che conteneva tutti gli endecasillabi sibilanti del canto delle sirene incantatrici e prendeva le curve sul foglio come la s di un cavalluccio di mare. Non poneva barriere coralline con il suoi punti d’interpunzione, ma già sapeva che fra lui e un paesaggio marino c’era un abisso, perché il cielo è più grande. E lui ,ora, è lì
Vorrei rincorrere il tuo sorriso amletico per i marciapiedi di tutto il paese, fino a piangere per i miei piedi scalzi asciugando le lacrime col fazzoletto di desdemona perché noi siamo la tragedia che si ripete sulle nostre bocche come un titolo di coda sino alla parola amen. E senza gli angeli
Guarda le macchie dei fiori sul prato e dimmi se non c’è qualcosa di più pulito. Guarda i puntini delle stelle nel cielo e dimmi quale sospensione potrebbero darti questi miei giocattoli bui….. Guarda la coda di un cane felice e dimmi quanti denti ha quella risata che parte dalla fine
in
due parole
c
r
o
c
e
* * *
ACCENTO MINIMO (del plagio)
ti strangolerò
con del filo-
il filo del
discorso
spezzato in
ogni briciola
del tuo silenzio-
……….
(ingurgitata pausa
sosta e plagio
che si nutre di
te nello
scarto di
noi)
* * *
SENZA ISPIRATORE
Ave gloria dei poeti!
Sappiate che l’ispirazione
È quella che prende
Al mercato del pesce
Al discount
All’ ospedale
Quando dalla lista depenni
La tua piccola morte quotidiana
* * *
INTERLUDIO O DANZA
Nelle fughe e nei ritorni,
correvano le 2.10 del 2.6.20…
quando mi ricordai di dimenticarmi su di un prato bianco,
di nuovi neri superiori
d’altri i dondolii
scattare oltre il portale delle Città
aperte alle bocche
e ai seni
fiumi e fiumi
di lattee vie
che sgorgano allo Spazio
nella chiave che m’appunta ora scolorita
come la rosa bianca
la cui curva dolce scopre i pendii dei suoli e dei picchi
per confessarle l’artificio
di una parola d’Ordine
prima della nota
così ch’io possa co(n)/mossa
sgorgare limpida e libera
scivolare
oltre le sfere e ruote
oltre ogni quadro
che tiene in sé
l’inquadrabile
ed il contenuto
al quale
non regalare il peso
né gravità
* * *
PERCHE’ MERAVIGLIA HA FOCE DI TERRA E FONTE D’ARIE
T’avrei adorato l’avorio con il mio lavorio
fino che ogni misura d’ogni sfera sferra
la bianca perla che m’appunto agli occhi
e sfila con le sorelle nei templi irriproducibili
ora un velo che cela il cielo se questo cade
e tutti ne abbiano una dose se vogliono salire.
Io ti do pace nell’esserti salda come nel volo
piana plana l’ala che t’accolse e si fece di piuma
retta o parabola tornerà dopo aver mosso l’incanto
perchè meraviglia ha la foce di terra e la fonte d’arie
a Claudia Ruggeri
* * *
CONCORDI IN CORDE
Concordi in corde confluire
creando costellazioni celesti
confermando congiunzioni connaturate
Crepare di capricci di carne
cancellando concetti consueti
di città cariate
e cariatidi di chiese
Cogitabondi coincidere
contrapponendo carteggi costernati
Carezzandoci corretti
costeggiando
corridoi e corsie corrotte
Cantando in curve
complici in complotti
curvare capi corteggiandoci
Confusi congegni concatenati
cresciuti in corse controvento
conturbati
culminando curvi in culle di cute
Con coraggio
comprendiamo
comprensibili compromessi
Curiamo
compenetrarsi di complessi
concependo concerti complicati
Confortandoci nel confondere confini di conflitti
contempliamo contorni
congedandoci casti
Cavalchiamo clessidre
chiare calamite
di un caos
corto
* * *
L’ACROBATA
In bilico fedele di dubbio
persuaso all’instabile asse
su un fievole centro volubile
costante a un provvisorio certo
attendo l’inatteso imprevisto
sul perno di un binario effimero
retto da un principio mutevole
accolgo insospettato l’inaspettabile
flessibile a un reale fittizio
predisposto a un autentico artefatto
tenace ad un saldo variabile
sostenuto da un occulto manifesto
*
E’ un pianto di carta straccia
Secchi
gli occhi accartoccia
Di goccia in goccia
s’arriccia crespa
come carta
la faccia
Righe sul foglio
Sul viso
Una traccia
resta
pesta
Nel pugno chiuso
*
Mi corse incontro a cominciarmi i passi
scomposti incerti di spioventi fossi
le mani morse tese in archi flessi
bramose forze pronte di riflessi.
Leste di intrecci lacci ai fusti
liane in capricci sospese e tonde
appese ai rami baci le fronde
in freschi boschi alzati su crepacci
nascosti nella curva degli abbracci
BATTITO DI BRACE
Burbero bussasti al bulbo di bellezza
belva boriosa, barando alla bisca
Bianca di brividi brilla la bambola
bellico briglie e bastoni brandisce
Barda di barbaro barrica al bivio
bacia la bocca beata e benigna
Battito in bilico brucia alla branda
biblica biscia bisbiglia alla bolgia
Buca il brigante bramoso la buccia
batte il bolero ballando bizzoso
beve bagnato il bersaglio alla breccia
Brucia di brace bollata la bozza.
* * *
IL FUNAMBOLO
Funambolo fantoccio
fumato fino al filtro,
sul fondo a fiato fiacco
fedele al suo feticcio,
fagociti falangi
fondendole col fuoco,
farfugli le tue favole
in un farsetto fioco.
Felici fai le femmine
fatali delle frasche;
frantumi via il frasario
del frate a frasi fresche.
Filmando la tua fiction
dal filtro di una fogna,
la fodera forata,
la faccia da felino,
un fiasco come farmaco,
fiutando del formaggio
frodasti la formica
col furto di un fiorino.
Finché ti falciò un fulmine
la faida fu fatale:
un foro sulla fronte
fatto a fette sul finale.
Un fiore sopra al fosso
alla fiera della falce,
la ferie fu forzata,
la fine del fracasso.
Il fascino di un fauno
fa fertile una foglia.
Un fazzoletto fradicio
fratello nella folla.
I commenti a questo post sono chiusi
Grazie,
Daniele Ventre,
per i miei ventricoli felici :-)
ed in festa oggi più che mai
a Milano con Nazione Indiana!
Francesca*
originale, giocoliera, fresca
Francesca è questo, e molto altro
complimenti!
Fra i tanti pregi di questa scrittura, agile, funambolica, scattante nella (re)invenzione della parola, voglio sottolineare come per Francesca sia splendidamente familiare costruire un universo fluido e magmatico affidandosi alle infinite risorse di una sola lettera dell’alfabeto.
quando leggo Francesca in alcuni suoi lacerti mi vengono in mente echi della Frezza, ma anche la Ruggeri, la Rosselli, CONCORDI IN CORDE o PERCHE’ MERAVIGLIA HA FOCE DI TERRA E FONTE D’ARIE ad esempio, sono testi molto buoni, in altri invece ci sono dei passaggi che rivedrei perché forse formano figure già usate. Tuttavia molto godibile la musicalità, ma anche in alcuni suoi testi più prosastici che ho avuto modo di leggere noto una certa forza propulsiva che carica di suono compatta tutto, e forma immagini concentriche. Continua così, per la tua strada.
Un abbraccio
Antonio Bux
[…] OGGI ON LINE… Inediti di Francesca Canobbio […]
Francesca è davvero un impulso ad alto numero di ottani. Mi pare vero quanto affermato nei commenti precedenti. In più ho notato un tono esortativo, se non addirittura imperativo, talvolta sotto sabbia nascosto. Linguaggio dinamicissimo, sì giocoso e funambolico, ma anche imprevedibile e originale, come certe affermazioni-versi delle prosette:”Ho cambiato il colore dei miei occhi su una pagina di legno”; “Lui è un tromp-l’oeil che vedo solo io e che esce dal foglio con la mano aperta a portarti il saluto delle parole turchine”.
Certe immagini, colori e oggetti parrebbero govoniani, mentre la composizione “Funambolo” accoglie al suo interno un gioco quasi palazzeschiano, dove le allitterazioni (specie della “f”) visitano la poesia con fittissimi voli centrifughi.
Complimenti, Francesca.
Gianfranco
Ringrazio i miei grandi amici, il mio editore e Daniele sempre*
Francesca