Articolo precedente
Articolo successivo

Non la rivoluzione, ma forse qualcosa di rivoluzionario…

di Andrea Inglese

Non so se in questa campagna Bersani, Vendola o addirittura Ingroia abbiano detto qualcosa di sinistra. Mi sono reso conto, però, anche se tardi, che Grillo ha fatto qualcosa di rivoluzionario. Ognuno ha il suo dio delle giustificazioni, in ogni caso il 2,2% di Ingroia la dice lunga sulla stagione della politica fatta dai magistrati, e la dice lunga anche su quel che resta di Rifondazione Comunista e sulla sua attuale capacità di aggregazione dei movimenti. Con tutto il rispetto di quei magistrati che sono in perpetua lotta contro la metastasi del sistema italiano, non basterà il loro lavoro per venirne fuori. E non solo per i limiti del legalismo democratico, ma per i limiti intrinseci del metodo: una classe dirigente disastrosa non si rinnova con la moltiplicazione delle perquisizioni. Da tangentopoli si gioca a guardie e ladri senza che il tasso di corruzione e di collusione con la criminalità organizzata sia mai davvero declinato.

Grillo ha fatto qualcosa di rivoluzionario. E lo ha fatto senza bisogno di spaccare le vetrine, ma facendo diventare il Movimento 5 Stelle il primo partito italiano. Vendola, d’un tratto, è sembrato ieri sera rendersene conto, che Grillo era, in fondo, dalla sua parte. È stato come rompere un tabù: lui è dei nostri, fa le battaglie che condividiamo, è di sinistra in fondo. Rottura di tabù fuori tempo massimo?

Ma il problema non è solo di Vendola, o dei rintronatissimi dirigenti del PD, ma è pure mio, di molti amici, di molti compagni, che hanno ritenuto Grillo un fenomeno irrilevante dal punto di vista politico, o in ogni caso un fenomeno puramente sintomatico. (O ancora, un esempio di controrivoluzione, come lo vedono i Wu Ming. Ma sul loro giudizio tornerò alla fine.) E invece Grillo, e i suoi, andavano verso il bersaglio (qualche buon bersaglio). E facevano segno, non solo sintomo.

Anch’io ho pagato il pegno alla mia pigrizia mentale, e al mio conformismo. Qualche anno fa avevo assistito alla registrazione video di uno spettacolo di Grillo. Non era ancora nato il partito. E i suoi popolatissimi show erano quelli di un comico, che fa ridere e riflettere toccando grandi questioni d’attualità. Mi aveva colpito un passaggio, in cui mostrava, supportato da statistiche, come i ceti popolari finissero sotto i ferri del chirurgo molto di più dei ceti medio-alti. “Notevole, – pensai all’epoca – di tutte le personalità di sinistra sfilate in questi anni nei talk show televisivi, mai che ne abbia sentita una sollevare un tema così sacrosanto”. Ne avevo parlato con un amico, che votava Rifondazione come me, e lui tirò fuori l’inoppugnabile argomento del populismo di Grillo, la sterilità del “Vaffa”, ecc. ecc. All’epoca era forse comprensibile limitarsi a tale analisi. Dopo la grande crisi del 2008, liquidare realtà politiche con il termine populista, è diventato però un po’ più problematico, soprattutto a fronte di terapie inesistenti nei confronti della cosiddetta “rabbia” dei ceti popolari e medi. In alcuni paesi europei, il populismo è ormai lo strato più simpatico di movimenti che hanno nuclei ideologici inequivocabilmente xenofobi e reazionari, quando non apertamente razzisti. L’unico nostro vantaggio è stato quello di aver già avuto al governo, e ben piazzata nelle istituzioni a succhiare quanto può, la Lega. E qui bisogna ringraziare Berlusconi. Oggi, poi, da noi, seppure convertiti, e doppiamente ex, i fascisti non hanno riscosso alcun successo.

C’è, invece, questo Grillo. E il termine ancora più spregiativo di “grillino”, che anche nella bocca di veraci compagni della sinistra radicale è sinonimo di minus habens. Questo Grillo, però, grazie ai suoi grillini, è divenuto il più grande partito d’Italia, lasciando al PD e al PDL i resti di un poco glorioso bipolarismo. Anche il tecnocrate, che pure piaceva parecchio al PD, è andato a fondo, ma serenamente e con intima soddisfazione – dice lui. Stranamente Bersani, e Vendola sua spalla, insieme non sono stati più convincenti dell’eterno Berlusconi: arzillo vecchietto sparapalle, che sembra ormai uscito da qualche spettacolo tipo la Corrida o Paperissima. Lui che appena sale sul palco, fa una scoreggia con l’ascella, dà un pizzicotto sul culo alla presentatrice, spiega che la mafia ha creato milioni di posti di lavoro, e si incamera un po’ di migliaia di voti, risalendo baratri di svantaggi elettorali.

Invece questo Grillo, di cui personalmente mi ero informato pochissimo, finendo per lasciarlo nel limbo del puro “sentito-dire” o “letto sul giornale”. (Alla mia età!) E mi è sfuggito che questo tizio sta facendo, senza bisogno di inneggiare all’insurrezione mondiale anticapitalista in passamontagna, qualche cosa di rivoluzionario. Ha messo nel suo programma i temi tabù della decrescita. E con questi temi nel programma è divenuto il primo partito italiano, per dire. Ha battuto indefesso il chiodo sulla democrazia partecipativa, e con questo tema da gruppuscolo extraparlamentare è divenuto il primo partito italiano, ad esempio. Ha impedito l’accesso sotto il palco ai giornalisti italiani, e non gli ho ancora spedito un mazzo di fiori. Ha fatto una campagna elettorale senza accasciarsi sui divanetti dei talk show televisivi, che sono più sacri delle grotte di Lourdes, dopotutto. Sembra che abbia mobilitato i giovani, quei giovani di cui si diceva, appunto, che sono rincoglioniti da Facebook, qualunquisti, apatici, fatalisti, disperati, fascistoidi. Giovani che hanno persino ottenuto seggi all’Assemblea regionale siciliana. Giovani che scorazzano d’ora in poi in mezzo ai notabili, e proprio in Sicilia, una regione che più di altre può vantarsi di annichilire sistematicamente le risorse straordinarie, in generosità e intelligenza, dei propri ventenni e trentenni.

Proprio in questo, magari, c’è qualcosa di rivoluzionario. Abbiamo, alla fine, quasi tentato di convincerci che chi governa non è in fondo peggio di chi è governato. Ma così non è. (L’esperienza quotidiana lo dimostra, e non solo in politica, ma anche nelle aziende e nelle istituzioni.) L’ingovernabilità non è frutto dei grillini, ma è la conseguenza di una classe dirigente che ha fallito l’ultimo suo obiettivo, che non è certo quello di governare per il bene comune, ma di produrre almeno consenso per governare. Sì, la nostra classe politica è fallimentare, ma non perché abbia sbagliato a comunicare, ma perché ormai non sa fare più neppure quello: essere una decente agenzia di comunicazione. Pur avendo tutti i soldi e i mass-media, che dovrebbero permetterglielo.

Grillo ha fatto qualcosa di rivoluzionario, anche se ciò non equivale certo a fare la rivoluzione. Ma penso che la vicenda sua e del Movimento 5 Stelle abbia fatto esplodere svariate contraddizioni, che riguardano anche la sinistra radicale. Scrivevo all’inizio che si tratta di un fenomeno che non funge solo da sintomo da decifrare, ma fornisce già esso stesso qualche riposta, chiarimento, indicazione concreta. Di queste indicazioni ne voglio rilevare qualcheduna.

Partiamo dalla nozione di carisma. A sinistra, e per ottimi motivi storici e sociologici, il carisma in politica fa paura. Ma non possiamo sognarci di rispondere collettivamente ad una situazione di crisi estrema, facendo l’elogio della grigia responsabilità, che tanto piace ai benpensanti del PD. Grigia responsabilità, che si risolve poi in brillante sacrificio, per i ceti che se lo devono, più di altri, accollare. Il carisma è sempre pericoloso, in politica, sia che si parli di politica diretta, orizzontale, che di politica istituzionale, e rappresentativa. Ma l’assenza totale di carisma non è neppure una ricetta che si può propinare sempre e comunque, speranzosi nelle sue miracolose virtù. Discorso simile va fatto per le emozioni, o i sentimenti. Qualche indicazione il laboratorio delle destre estreme in Europa dovrebbe alla fine averlo dato. L’emozione è un materiale ineliminabile della politica: va lavorato, non semplicemente neutralizzato. Soprattutto non si può costruire qualcosa di rivoluzionario prescindendo dalla sofferenza e dalla gioia sociale. Ogni tentativo di muovere le persone, coinvolgerle, mobilitarle, che abbia il terrore di muovere anche le emozioni, è condannato a trasformarsi in elitaria, sterile, argomentazione intellettuale.

Lo ripeto: Grillo ha mobilitato milioni di italiani intorno ai temi tabù della decrescita. Di per sé ciò non significa ancora nulla in termini di obiettivi raggiunti. Ma mostra che esistono tematiche antisistema in grado non solo di mobilitare una maggioranza di persone, ma anche di dare loro senso e prospettiva etica. Fino ad ora, la litania delle sinistre istituzionali è stata: siamo timidi e remissivi, perché altrimenti nessuno ci segue, e se nessuno ci segue nulla è possibile. La litania di molta sinistra radicale è stata: siccome non siamo timidi e remissivi, nessuno ci segue, quindi facciamo tutto tra noi, nel nostro gergo, con i nostri segni distintivi, che ci permettono inequivocabili identificazioni. Magari, adesso, qualche dubbio è stato instillato, almeno sul piano del metodo.

Un’ultima osservazione sulla democrazia partecipativa. Credo che si tocchi qui uno degli ideali più alti dell’umanità. Ci vuole una grande maturità, una grande forza, una grande costanza, per partecipare attivamente e fino in fondo al gioco della democrazia. In termini di energie mentali, è mille volte più facile delegare, e accontentarsi del compromesso ormai sempre meno dignitoso della democrazia rappresentativa. Ancora meglio, è affidarsi poi a un’autorità, che sistemi una volta per tutte la nebulosa delle opinioni. Quindi è ben poco perspicace colui che ad ogni occasione celebrerà i limiti, gli errori, le fragilità della democrazia partecipativa. Nessuno può immaginarsi, lucidamente, che si tratti di una pratica facilmente generalizzabile. Ma d’altra parte oggi essa emerge quasi come un’opzione obbligata, necessaria, epocale di fronte all’inanità della classe dirigente e alle sfide del mondo presente. Non sono certo Grillo e il suo partito ad aver inventato la democrazia diretta, ma essi stanno contribuendo a diffonderne la moda. Forse, davvero, c’è qualcosa di rivoluzionario in tutto questo.

(Io non ho votato Grillo, né so se lo voterò mai in futuro, ma di certo gli dedicherò ora una grande attenzione. Certo, non è che non veda i tanti limiti della sua retorica, o del suo programma, e soprattutto il limite più grande: il fatto di essere un movimento che si vuole partecipativo, ma che è guidato da una persona sola. Questo rende fin d’ora le grandi conquiste numeriche del suo partito fragilissime, ma non vane per principio. Sarà il confronto con la realtà parlamentare a sancire quanto resterà del potenziale critico del movimento. Nell’articolo che ho citato, i Wu Ming precisano: un movimento guidato da due “ricchi sessantenni”. E aggiungono che il Movimento 5 Stelle non solo non è un movimento rivoluzionario, ma addirittura è una diversione. Sembrerebbe, insomma, una sorta di provvidenziale fatalità, che sia sbucato Grillo a imbrigliare forze che altrove stanno esprimendosi in modo autenticamente rivoluzionario (Gli indignados, Occupy, ecc.). Sarebbe interessante seguire nel dettaglio le argomentazioni dei Wu Ming, ma ne verrebbe fuori un’altra riflessione, quella sui professori della rivoluzione. È inevitabile che anche la rivoluzione abbia bisogno di certificatori e certificazioni, ma questo non sempre giova alla sua salute, anche se sembra giovare alla sua purezza. Certo, è davvero difficile pensare che Grillo stia facendo la rivoluzione anticapitalista, ma è abbastanza singolare non cogliere gli elementi di critica radicale, gli elementi oggettivamente progressisti in molte pratiche e parole d’ordine che ha contribuito a innescare e soprattutto a diffondere con un certo successo. Si può allora augurare ai nuovi “impegnati” – i militanti del Movimento – di emanciparsi sempre di più dal guru e di acquisire nel frattempo consapevolezza e strumenti nella battaglia politica concreta.)

 

 

Print Friendly, PDF & Email

126 Commenti

  1. gentile Andrea Inglese,

    mi permetto alcune oservazioni generali al suo articolo. Non sono sicuro che la “democrazia partecipativa” debba essere un concetto per forza inscrivibile nell’orizzonte progressista o di sinistra, una “democrazia partecipativa” puó essere l’ideale o l’espressione ideologica di una forma di conservatorismo. In questo caso, quello del M5S mi pare che vi sia effettivamente una componente coservatrice, una sorta di reincarnazione dell’eterno guelfismo italiano, questa volta senza papa, piú senza papa che mai! Lo definirei un postneoguelfismo, un neoguelfismo post-moderno. Insomma niente che abbia a che fare con l’universo concettuale della rivoluzione e del progresso, che a noi italiani ripugna profondamente. È il sogno delle libertá comunali, il mito di Simone Martini, quello che, forse, inconsciamente rappresenta il M5S, magari con un tocco di Savonarola. Dai sogni della politica sorgono peró, spesso, realtá inaspettate. I francesi nel 1789 stavano rifacendo la repubblica romana vista da Plutarco e si vestivano di toghe, pepli e berreti frigi, poi fecero il potere della borghesia. Il M5S sta rifacendo “il comune rustico” digitale (la metafora storica piú corretta sarebe la Lega Lombarda che peró giá è stato usato dal neoguelfismo escludente e xenofobo dei seguaci di Bossi) a quale realtá storici-politica dará luogo non lo so immaginare anche se purtroppo sono pessmista. (Per lo meno semra certo che ci abbia liberato per sempre dalla insopportabile sinistra radicale trozkoecolorifondarola).
    Dreiser Cazzaniga

  2. […] E ora che come farò la rivoluzione, che tutti i posti sono occupati? (Dovunque indossano splendidi occhiali da sole: persino mia madre somiglia a Poncharello o a Buscetta, mentre io ho una stanghetta che si allenta, un nistagmo progressivo nella visione binoculare, un senso di resa che… guarda… tremo… di notte il bruxismo mi uccide i denti… non so spiegarlo, è una reale allegria parrocchiana che mi atterra tutto il tempo del disastro già previsto). […]

  3. Un po’ tardi come resipiscenza…ma questo è un suo problema non del M5S, mi sembra tuttavia che lei continui a non capire: Grillo è solo un megafono, la rabbia è dei cittadini non garantiti, e questa rabbia non ammette deleghe a guru di sorta, esiste per sé e in sé, se non comprende questo non ha capito nulla della politica e della storia recente e continua a ragionare in termini di democraticismo piccolo-borghese innanzi alle macerie della politica partitocratica. No è meglio proprio che in futuro non voti M5S

  4. Il pezzo è ottimo. Fa onore all’autore riconoscere di aver sottovalutato inizialmente il movimento, perchè ancora oggi c’è una sorta di negazione dell’autenticità del progetto, che affonda le sue radici nel tessuto sociale trasversalmente; dai pensionati agli studenti, dai professionisti ai disoccupati.

    Grillo dà voce al buon senso. Lo fa senza l’ausilio dei mass media e questo dovrebbe far riflettere anche in chiave sociologica sulle dinamiche della società post-moderna. Il rifiuto della TV segna il passaggio dalla passività all’interattività e dal virtuale indietro verso il reale.
    La differenza rispetto alle altre forze politiche è che qui c’è stata mobilitazione. La TV non ha mai fatto uscire nessuno da casa, mentre Grillo ha portato ottocentomila persone a S. Giovanni nello stesso istante in cui Bersani concludeva, sempre a Roma, la campagna elettorale di fronte a poche centinaia di persone.

    La sintesi di questo articolo è che chiudere gli occhi di fronte alla realtà non aiuta a comprenderla e a gestirla. Andrebbe letto da tutti i politici e giornalisti italiani.

    • Ma ancora questo video? è estrapolato dal contesto, che consiste nel “dategli due schiaffi se proprio dovete, ma non massacrateli”
      ancora rabbrividisco come la gente opponga 30 secondi di parole prese da un discorso come feticcio di diniego verso il “nemico”

      • Se preferisce che le dia due schiaffi invece di massacrarla, molto volentieri. Per me Non saranno brutalità, inciviltà, rozzezza ed imbarbarimento la via d’uscita dal grigiore.

  5. E la biowashball? Anche quella l’ha proposta in difesa del lavoro delle casalinghe e chiaramente per richiamare l’attenzione sulle tematiche ambientali, che sono di sinistra, notoriamente! Dai, c’è un che di rivoluzionario…

  6. Non sono sicura che Vendola colga nel segno riconoscendo in Grillo un “compagno”. Nel 5 stelle si ammucchiano, in gran parte a livello di mera enunciazione, proposte disomogenee e/inconciliabili. Alcune condivisibili, ma che richiedono strumenti al momento indisponibili. Concordo comunque su molte delle considerazioni di Inglese. Neanch’io ho votato M5S né lo farò, ma sarò molto più attenta a quel che dice (e fa, a questo punto). Mi piacerebbe poter riflettere su questo momento politicamente interessantissimo in un contesto meno rischioso, se non drammatico, più adatto all’uso del raziocinio. Al quale conviene comunque tenersi ben attaccati, specie quando lo sbando emotivo è così preponderante.

  7. io leggevo sul crinale dei novanta gli argomenti che grillo affrontava in quelli che allora erano spettacoli di divulgazione assistita dissacranti in quanto spesso erano riportati nelle pagine dell’espresso.E ricordo esattamente che un’aura di consenso si stava formando intorno a quanto lo stesso affermava.Fino a quando ha iniziato a toccare il campo della salute e delle società farmaceutiche,parlando per esempio di quanto fosse poco affrontato il tema di una delle prime cause di morte negli stati uniti(gli effetti collaterali delle medicine) o di come avessero ampliato,troppo discrezionalmente in base a tutti gli studi conosciuti,i valori glicemici per cui una persona poteva essere definita diabetica.Da quel momento qualcosa cambiò e lui fu cacciato dal pensiero mainstream nel vicolo cieco dei prestigiatori vagamente destrorsi da non tenere in debita considerazione(va detto che spesso in tal senso,beppe grillo si è fatto male da solo,occupandosi di oscuri arcani sacrosanti ma senza soluzioni praticabili,come il signoraggio o cose del genere).Ora è alla prova dei fatti,e deva operare incontrandosi col principio di realtà. Accompagnamolo senza pregiudizi

  8. Non credo come lei dice che ci si debba stupire dell’assuzione da parte di una così larga parte di elettorato di istanze antisistemiche. L’italiano medio è sempre stato profondamente antisistemico (ed è anche il motivo per cui Berlusconi ha avuto vita facile in tutti questi anni). L’insofferenza per l’ingerenza dello Stato è una cosa che ci portiamo dietro da secoli (come giustamente nota Cazzaniga) e che, come Grillo, non è né di destra né di sinistra. D’altra parte, essere contro il sistema non significa necessariamente essere rivoluzionari.
    Anche l’idea di democrazia partecipativa che il m5s avanza mi sembra problematica. Che cosa significa dare sovranità al popolo? Fare dei sondaggi su internet? Mettere un “mi piace” alle proposte di legge? Ognuno che butta lì la sua idea e poi vince quella che ha più apprezzamenti? Perché questo mi sembra che emerga dall’impostazione di fondo del m5s, che riconosce nel blog di BG il luogo privilegiato della consultazione e dell’esercizio della democrazia (articolo 4 del Non-statuto). Non mi pare che il blog di BP sia questa grande agorà di discussione democratica; da frequentatore esterno mi sembra più assimilabile alle curve negli stadi. Però vedremo come funzionerà questa democrazia diretta.
    Ultimo cosa: non credo ci sia niente di buono nell’allontanare i giornalisti (ma non quelli di sky) e nel proibire agli eletti parlamentari (si veda il codice di comportamento) di partecipare a talk show e a interviste. Mi pare che sia più che altro un modo per mettersi al riparo da un contraddittorio (come Berlusconi che si mostrava solo nel salotto di Vespa) e per tacciare di disinformazione tutto ciò che non passa per il blog. Non le ricorda niente?
    Cordialmente

  9. dimenticavo: l’aspirazione al consenso universale, l’idea di rappresentare tutti gli italiani e di eliminare il conflitto mi pare molto poco rivoluzionaria.

  10. (Ciao Andrea, il tuo pezzo è una boccata d’aria, di quelle che mi costringono a riflettere a scapito della mia stessa rabbia e rigurgiti distruttivi-tardoadolescenziali, tipo “basta con la cittadinanza italiana”. Ho votato SEL, come era da programma, dopo la forte tentazione di non andare, pur essendo tornata per le elezioni! – dovuta a parlamentari che non voglio e che sarei stata in qualche misura costretta a votare mio malgrado. Sarebbe facile dirmi che sono circondata dal popolo italiano, ma fino a che punto posso disprezzare un popolo che è e resta il mio? E’ un disprezzo suicida. Quindi inizio oggi il mio ripensamento – non mi piace il Movimento 5 Stelle, non ho, ahimè, sottovalutato Grillo, ma mi riconosco molto bene in tutto ciò che hai scritto.)

    • Però non potremmo magari iniziare a distinguere tra vocazione antisistemica ed effettività rivoluzionaria? Cos’ha fatto il Qualunquista (“Non ci sono distinzioni di sorta, solo un convulso latrare”, scriveva Leogrande nel luglio scorso) Capo di rivoluzionario, per ora? Ha preso otto milioni di voti su venti punti, certo alcuni molto condivisibili, ma altri demenziali o molto generici. Davvero crediamo che questi otto milioni sappiano cosa sia la decrescita? Apprezzo l’intervento , ma mi chiedo se Inglese, dopo un’iniziale sottovalutazione, non stia cadendo nell’estremo opposto.

      • ciao luca, la distinzione che fai è essenziale, e come scrivo fino ad ora nessun obiettivo è stato raggiunto per quanto riguarda i temi che ci interessano del suo programma, non solo, ma inoltre domani tutto potrebbe essere vanificato, se il gran capo si alzasse con l’idea che i grillini son più belli in camcia grigia; ma non si puo’ neppure non prendere atto del tipo di processo che Grillo ha innescato, e del successo che esso ha avuto, a fronte dei ripetuti fallimenti delle sinistre in questi anni; io non dico infatti che bisogna diventare grillino, dico che qualcosa da Grillo lo avremo pure da imparare.

  11. come era facile prevedere, ecco il primo intervento, lo start up analitico della lunga marcia di avvicinamento della (autoproclamata) intellighenzia (di) sinistra virtuale e il nuovo soggetto rivoluzionario del terzo millennio (che non spacca manco le vetrine: che figata!)

    cazzo! lui parla come noi!, lui fa le nostre stesse battaglie!, <em<lui usa le nostre stesse parole d’ordine!, allora lui è di sinistra!, come noi!, ma come avevamo fatto a non accorgercene!

    già… ma come avevate fatto?

    intanto il nsr (nuovo soggetto rivoluzionario) ha già raggiunto un inviabiabile or (obiettivo rivoluzionario) – e senza manco spaccare vetrine!: ha inchiavardato per i prossimi cinque anni la lombardia all’oscena cupola catto-fascio-leghista che ne ha fatto terra bruciata negli ultimi vent’anni

    eh sì, bisogna proprio seguirli da vicino questi nc (nuovi compagni) – orgogliosamente né di destra né di sinistra, ma con voce del ducio riccioluto cotonato incorporata

  12. Posso dire una cosa banalissima? C’è una base che unisce gli elettori del Pd e di Sel a quelli del M5S. Rifare le leggi della politica. Via quelle ad personam, incl quella elettorale e molte altre. Io spero che una collaborazione possa funzionare per un po’ e portarci avanti su tutto questo. E che il Pd sia costretto a essere meno “timido” sulle richieste di rinuncia ai privilegi della politica di quanto sia stato sinora.
    Cominciare a spazzare via il berlusconismo. Non mi pare poco.

    • Mah, di leggi da togliere di mezzo ce n’erano già parecchie durante i due anni del governo Prodi. E aspettare la spinta dei grillini per prendersela con i privilegi…
      Penso poi che questi non ci staranno (un bene, un male?) e il berlusconismo ce lo ritroveremo nelle grandi intese.

  13. grazie andrea, davvero un bel pezzo.

    aggiungo tre link, che mi fanno ritenere migliore un’alleanza di governo con il M5S (rispetto a una con il PDL, o a una nuova ammucchiata modello governo monti):

    una petizione, che specifica cosa si potrebbe fare insieme al M5S:

    http://www.change.org/it/petizioni/caro-beppe-grillo-dai-la-fiducia-al-governo-per-cambiare-l-italia-grillodammifiducia

    un’intervista a grillo alla tv svedese, che forse ci fa comprendere il grillo-pensiero (e la vicinanza a posizioni di decrescita, di cui parla andrea), meglio degli “spettacoli elettorali” nelle piazze:

    http://www.youtube.com/watch?v=oU4HnunxOHw;

    e il programma del M5S (per capire esattamente chi sono e cosa vogliono):

    http://www.beppegrillo.it/iniziative/movimentocinquestelle/Programma-Movimento-5-Stelle.pdf

    ciao a tutti,
    al.

  14. Ringrazio per i commenti, che mi danno ulteriori elementi di riflessione, e che mi aiutano a capire ancora meglio.
    Ringrazio per tutti i link, preziosi. Dazeri, mi sembra colga il cuore del problema in questa semplice frase: “Perché il pensiero di un movimento, è, appunto, la sintesi del pensiero di una moltitudine, non la moltiplicazione del pensiero di un singolo.” Qui sopra scrivevo: “Certo, non è che non veda i tanti limiti della sua retorica, o del suo programma, e soprattutto il limite più grande: il fatto di essere un movimento che si vuole partecipativo, ma che è ‘guidato da una persona sola’.”
    Molto più interessante di quanto ho letto dei Wu Ming sull’Internazionale, il pezzo dei Wu Ming qui linkato, sopratutto per lo spaccato di discussione con i militanti del Movimento 5 Stelle.
    Riprendo poi una loro frase: “Abbiamo più volte detto di capire queste persone, abbiamo dichiarato che se vedono in quel movimento un’alternativa da provare «la colpa di questo è delle sinistre, che fanno di tutto per risultare invotabili».”
    Ecco, posto che non è Grillo che farà la rivoluzione, come mai si è reso votabile anche con parole d’ordine e pratiche che sono delle sinistre, e con le quali le sinistre invece non varcano neppure la soglia parlamentare? Questa domanda non l’archivierei facilmente. Ma essa potrebbe essere rivolta anche ai movimenti antagonisti in Italia, che come gli stessi Wu Ming riconoscono non si sono diffusi come è accaduto in altri paesi dopo la crisi.

  15. Grillo ha un’occasione: far passare subito e assieme al PD quelle 4-5 misure che i suoi elettori (e tanti degli altri che non l’hanno votato) ritengono necessarie a restituire dignita’ alla politica, ad allentare l’austerity in Europa con l’appoggio della Francia e a ridare ossigeno al ceto medio-basso agonizzante. Vedremo subito se si accontenta del piattino (come molti dei suoi gia’ gli chiedono) o rilancia sulle spalle della mia generazione, che ha gia’ perso 20 anni a causa del duopolio inane e rischia di perderne altri 20 in uno scacco senza uscita morbida con euro ed Europa.

  16. a nunzio, che scrive
    “non pensavo che per fare la rivoluzione bisognasse allontanare i giornalisti”, eppure uno che la rivoluzione l’ha fatta davvero, Lenin, già nel 18 abolisce la libertà di stampa (facendo incazzare Rosa Luxemburg)

    ed è proprio con sguardo un po’ leninista che bisognerebbe studiare la vittoria di Grillo;

    • UNO: a Lenin è andata abbastanza male. Forse Rosa Luxemburg non aveva tutti i torti.
      DUE: l’articolo è interessante. Io però con la faccenda del carisma ci andrei davvero cauto. Per me dire che qualcuno ha carisma significa che quel qualcuno riesce a far fare agli altri quello che vuole senza portare argomentazioni, senza portare prove, senza portare ragioni. Significa che gli altri credono in lui non perché fa qualcosa per essere credibile, ma perché lui è lui. Insomma: significa che invece di rivolgerci al medico stiamo andando dallo stregone. Le emozioni sono importantissime in politica: ma non c’è mica bisogno per forza dell’Homo Carismaticus per farle agire.

      • caro jacopo,
        quell che tu dici è quel che sappiamo sul carisma, come ho ricordato nel mio pezzo; il problema è che qui accade come in altri contesti: siccome qualcosa non è di sinistra, facciamo finta che non esista, o che non ci riguardi; il carisma è un aspetto di ordine antropologico, e come tale non si può semplicemente azzerrare. Cosa intendo dire? Che ci piaccia o no, tutti i leader della sinistra, anche e sopratutto rivoluzionaria, erano personaggi anche “carismatici”. Anche nei gruppi parlamentari dell’estrema sinistra, il carisma esisteva e in modo ineguale. Si tratta di prenderne atto, Si tratta di sapere che esso gioca comunque in ambito politico, con tutto quanto di infido e irrazionale si porta dietro. Far finta che non esista, o che riguardi solo gli altri, è ben più pericoloso. E discorso simile va fatto per le emozioni. Ma questo ci porterebbe ancora più lontano.

      • masse popolari
        proletariato
        coscienza di classe

        ma chi, i grillini?

        dài, dado, forse è il caso di avvertire i carc chè è ora di cambiare pusher

        • PS

          a) un intellettuale che ha più volte avuto la pretesa di confrontarsi con la realtà politica italiana che confessa di “essersi informato pochissimo” sul M5S (che oltretutto si ostina a chiamare Grillo) forse farebbe bene a dedicarsi ad altro.

          b) il fatto che non solo lui, ma la quasi totalità degli elettori chiami il M5S col cognome del leader significa ben qualcosa.

          c) per esempio significa che Berlusconi non ha più bisogno di governare, perchè il suo ruolo l’ha già svolto, e da buon Silla potrebbe andarsene a coltivare le escort (i tempi cambiano, dopo tutto) nella sua villa in Costa Smeralda.

          d) non so se in luoghi meno ameni della mia sperduta provincia qualcuno abbia avuto segni tangibili della presenza del M5S (fuori da infernet, ovviamente). Dalle mie parti ha trionfato su basi squisitamente mediatiche e medianiche. Si è votato Grillo, non il M5S. Il motivo è autoevidente: c’è bisogno di “Qualcos’altro”.

          e) tanti sinistronzi si autoconosolano del naufragio della sinistronzità riponendo speranze nel confusionesimo grillino, sperando che stia fregando i destronzi per giungere al potere (grillenin).

          f) come sopra, ma per i destronzi, i quali sono meno concettosi e più sensibili al fascino del leader (grissolini o grillesconi).

          g) come sopra, ma per una gran quantità di gente senza collocazione, volta per volta secondo le multiformi e contraddittorie proposte di quella vetrina di idee che è beppegrillo.com (e si sa, una vetrina non ha la necessità logica della non contraddizione) o la suprema vaghezza e rilassante semplicità del programma del M5S.

          h) riprendete la descrizione della massa aperta data da Elias Canetti: essa necessita una scarica (ne ha avute varie, in verità, ma l’innesco si chiama Beppe Grillo), cerca la compattezza e l’uguaglianza (“Non frega a nessuno di chi siete e da dove venite… qui siamo cittadini Italiani… ognuno vale uno e se venite qui dovete abbandonare le vecchie idee”, risposta da qui http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2013/02/comunicato-ufficiale-i-comitati-di-appoggio-alla-resistenza-per-il-comunismo-carc-voteranno-m5s-4.html al comunicato dei Carc linkato sopra), necessita una direzione (in questo caso la lotta contro la casta e la sua sostituzione, riprendendo anche le considerazioni sulle masse contrapposte e la costatazione che le elezioni sono una sublimazione del confronto violento tra masse contrapposte volto all’eliminazione dell’avversario), tende a espandersi indefinitamente (quanti indecisi ha convinto l’evento di Piazza San Giovanni? Quanto diamine è stato potente?).

          i) riprendiamo la descrizione del potente come sopravvivente data da Canetti nel suo Massa e Potere, riprendiamo la figura del potente come quella di colui che da solo si staglia contrapposto alla massa, riprendiamo le immagini delle piazze italiane riempite da un uomo solo ad ascoltare un uomo solo su un palco costruito per lui e solo per lui. Masse richiamate da lui, il cui nome è sulla bocca di tutti (certo, grazie anche agli automatismi personalizzanti dei media mainstream, cui d’altronde il M5S deve molto del suo successo, checchè se ne dica).

          l) “non mi interessa il tuo voto senza la tua partecipazione alla cosa pubblica, il tuo coinvolgimento diretto, se il tuo voto per il M5S è una semplice delega a qualcuno che decida al tuo posto, non votarci” così Grillo nella sua lettera a noi tutti (tolto qualche irrilevante non italiano che osa abitare in italia), ci porta al cuore della contraddizione. Perchè il voto è proprio la semplice delega a qualcuno perchè decida al mio posto, nè più nè meno. E questo risultato elettorale deriva da una situazione che di fatto è questa, le percentuali registrate dalle mie parti sono percentuali dovute tutte a una presenza mediatica in quanto incarnazione dell’alternativa, qui nessuno ha mai visto un militante del M5S dal vivo, ma il M5S è primo partito in quasi tutti i comuni, battendo pure inveterati ras locali.

          m) Il M5S è un’entità multiforme nella quale chiunque può riconoscere i caratteri che più si adattano alla sua sensibilità e partecipare. L’unica cosa che si richiede è quella di lasciare da parte le precedenti identità politiche e parlare solo per sè, poichè ognuno vale uno, finchè accetta l’autorità del padre garante possessore del marchio registrato consigliato dal gestore della piattaforma web. Colui che parla per tutti e ha sempre l’ultima parola, colui che nel gestire l’attuale fase politica ha notoriamente convocato infiniti incontri con la base del movimento (e certo, gli incontri si fanno in piazza dove partecipiamo tutti: io parlo e voi ascoltate).

          n) ognuno vale uno, ma uno vale ognuno.

          o) caratteristica del potere è anche la metamorfosi, sapremo realmente quale società ha in mente il M5S solo quando sarà al potere, per ora dobbiamo accontentarci di vaghi accenni, ci sono prese di posizione su argomenti importanti, ma nessuna che riguardi questioni sistemiche, a quel riguardo ci sono solo vaghi accenni, perlopiù contraddittori, e secchiate di retorica a buon mercato.

          p) tornando nei dintorni di Lenin, l’epurazione di Favia e Salsi è stato un atto in puro stile Maoista: colpirne uno per educarne cento. Ovviamente l’intrusione continua di facce da culo come i Repubblichini e altri pennivendoli di quella risma non fa che facilitare il rinserramento della disciplina interna al M5S. Capiamo d’altronde che la pressione esterna rende davvero difficile gestire la situazione; ovviamente questo varrà a maggior ragione quando il M5S raggiungerà il potere.

          q) è troppo tardi per annusare l’aria che tira e, presi dalla disperante mancanza di ossigeno che prende l’intellettuale sinistronzo quando si scopre completamente alieno alle masse popolari, proporsi come intellettuali organici all’astro nascente del potere italiano. I posti sono già occupati da Marco Travaglio, Claudio Messora, Massimo Fini e qualche altro personaggio. Dario Fo è diventato uno stendardo, lo preferivo quando era un attore.

          r) a chi pensa che nessuno valga una cifra quantificabile (quindi non ai fini intellettuali che si affannano per dimostrare di essere in grado di dispensare la verità) consiglio di non adottare uno sguardo un pò Leninista, bensì uno sguardo un pò Makhnovista (http://it.wikipedia.org/wiki/Makhno), nello studiare la vittoria del M5S.

          s) se le centraline del vostro antiautoritarismo non sono completamente impazzite, buon per voi, ci rivedremo al limite di un altro tempo e giudicheremo col senno di poi, come fanno sempre le menti illuminate, sarò lieto di essere risultato frettoloso ed ignorante.

          t) i sistemi di potere tramontano e vengono sostituiti da nuovi sistemi di potere, i quali adattano il sistema ai cambiamenti intercorsi e lo improntano secondo una propria forma peculiare per poi tramontare a loro volta. Amen, l’interruzione del ciclo è un’idea bandita dalla storia, facciamocene una ragione.

          u) tutto sommato sopravviveremo anche al M5S, quindi attenti a non calare troppo le braghe adesso, perchè ci sono persone con la memoria lunga.

          v) qualcuno, comunque, resterà seduto dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti son sempre impegnati.

          z) poi ovviamente ognuno fa il suo, incontreremo il M5S da qualche parte fuori infernet, prima o poi, e ci faremo due risate.

          • Circa il punto q), a sentire la puntata di stamane di TuttaLaCittàNeParla su Radio 3 sembrerebbe che qualcuno pensa che ci sia ancora spazio tra gli organici M5S

  17. Torno su NI soltanto in occasione di qualche evento notevole, certo di non rimanere deluso da quello che leggerò. In particolare, se il commento politico è affidato ad Inglese, lo spasso è assicurato!

    In questi giorni Guido Olimpio del Corriere ha proposto un divertente parallelo tra ‘la Guida’ Khomeini e Beppe Grillo. Anche in quel caso, i numerosi boccaloni della sinistra comunista videro qualcosa di “rivoluzionario” nel golpe degli Ayatollah. Lo sapete che fine fece il Tudeh, vero?
    Io aggiungerei che, senza andare troppo ad Est, anche qui abbiamo avuto i nostri Bombacci

    Tante buone cose

  18. Allegro.
    Esuberante.
    Maleducato.
    Imbecille.
    Grillo ?
    Esuberante.
    Chi ci vuole bene?
    Ci vuole bene Grillo.
    Chi è Grillo?
    È un essere bordenline
    che forse opportunamente
    in Italia dice : Arrendetevi!
    ai ladri del cielo e della terra.
    Chi sono gli altri?
    Gli altri sono i Moderati.

  19. Un riassunto di un pippone illeggibile ad uso di internautico contemporaneo:

    ognuno vale uno, ma uno vale ognuno.

    se vi piace, pigiate sul tasto pollice in alto, avete partecipato. bravi.

  20. Bene. A queste elezioni ho votato 5* alla Camera e PD al Senato. Tanti dei miei amici senza che ci fossimo consultati hanno fatto lo stesso. Questi risultati dunque mi appartengono e ne sono felice. Ne sono felice perché alle ultime tre elezioni a cui ho partecipato i risultati non mi appartenevano. E non perché avessimo perso. Ho nel mio palma res sconfitte che non cambierei per nessuna vittoria al mondo. Sono andato a votare con la pioggia, la neve, passando delle ore a cercare quel cazzo di certificato elettorale che non si trova mai, e in più di un caso ho dovuto farmelo rifare, facendo file interminabili da un ufficio all’altro. Mi ritrovo pienamente nell’analisi di Andrea e trovo assai deboli e in alcuni casi debiles le accuse che gli sono state mosse. Molto interessanti alcuni interventi di segno contrario. Tornando ai risultati di queste elezioni mi appartengono per la prima volta perché per la prima volta ho visto realizzato un passaggio all’atto. Per tutti questi anni avevo votato PD non perché ci credessi ma perché era l’unico modo per “battere” Berlusconi e puntualmente era lui a darcele di santa ragione. Il danno e la beffa, ‘nzom. Stavolta come è ben detto nell’articolo i candidati sulla parola, dal Pd ai partiti più a sinistra sono rimasti senza parola, e ancora una volta nell’incapacità di trovare le parole giuste, fare una sana autocritica, una cosa semplice del tipo, abbiamo perso perché abbiamo sbagliato. E non la solita manfrina, si è perso a causa di Berlusconi, prima, di Grillo ora. Qualcosa di rivoluzionario è accaduto davvero, senza retate generali come durante mani pulite, le pagine più tristi dal punto di vista politico della nostra storia. Almeno stavolta non dovremo sentire un magistrato vantarsi di avere assolto il compito del cambiamento che gli elettori non erano stati in grado di realizzare, come mi era capitato ad un convegno questa estate. In un paese consapevole i giudici possono limitarsi a fare i giudici e magari farlo meglio. Certo siamo solo all’inizio, ma andare indietro, a questo punto, non è possibile, nemmeno per prendere la rincorsa, per usare la parola del “Che” effeffe

    • Cari Francesco e Andrea
      vorrei dirvi che la vittoria di Grillo, della quale lui avrebbe fatto volentieri a meno nel senso che se il milione di elettori pd che hanno deciso di votare pe lui dopo la vicenda montepaschi e lo sconcertante mutismo di Bersani durante la campagna elettorale fosse restato a pd e lui avesse preso il 20%, avrebbe avuto lo stesso peso e prestigio senza però il bisogno di essere coinvolto in giochi politici in posizione non ancora consolidate, è essenzialmente una vittoria contro l’incapacità e l’immoralità di una classe politica. Temi come quello della decrescita sono assolutamente secondari per la massa dei suoi elettori e se li conoscessero diffusamente, ripenserebbero il loro voto. Quanto alla sinistra radicale, essa esiste in campagne come quelle sull’acqua. I partitini sono delle burocrazie anche di livello basso.

  21. Grillo (e la «squadra di esperti» che c’è dietro di lui) è pericoloso. Non capirlo è da ciechi.

    Il programma del M5S è confuso, utopistico, per certi versi reazionario. Gli spunti interessanti che offre sono tarpati dall’involucro. La «squadra di esperti» che anima i fili di Grillo imbriglia la sinistra dentro la destra. Non capirlo è da ciechi.

    L’esito del voto apre contraddizioni. Ma le contraddizioni non vanno spiegate; ci si infila dentro e si prova a farle diventare produttive di cambiamento. Il timore di essere travolti costringe i ciechi alla quiete.

    Il M5S raccoglie i consensi di molti scontenti. Ma il retroterra sociale che alimenta lo scontento è indipendente dal M5S. Credere che il M5S possa aiutare lo scontento a trasformarsi in proposta è portare la propria cecità nelle vicinanze della colpa.

    La parola d’ordine della «democrazia partecipativa» è in tutta evidenza una bufala, giacché si limita alla partecipazione al blog e presuppone una serie di “epurazioni”, con l’aggiunta dell’impossibilità di discutere la linea del leader (la forma democratica del «congresso» non è conteplata, ad esempio). Basta leggere il decalogo per i parlamentari del M5S per verificarlo. Non capirlo espone la cecità al rischio dell’afasia.

    La società italiana aveva bisogno di sostituire la Lega, la cui funzione è venuta meno, con un’altra formula aggregativa, e proprio per canalizzare dentro le istituzioni lo scontento. La parlamentarizzazione del M5S renderà innoquo il malessere sociale che rappresenta. Camminare al fianco di questo processo rende il cieco complice.

    Credere che sia accaduto qualcosa di rivoluzionario è svuotare di senso la verità.

    Qualcosa di rivoluzionario succederà quando la non governabilità sarà veramente tale.

    E quando succederà travolgerà ciechi e Grillo.

    • un altra esca
      hanno gettato
      e che riesca
      è già scontato
      la buona pesca
      è il connotato
      di questa tresca
      chiamata stato

      e quella piovra
      che fa paura
      noi combattiamo

      e non vediamo
      la mano oscura
      che ci manovra

  22. un articolo interessante, che prova ad uscire (non senza bruciore, onestamente) dai meccanismi automatici del voto-tifoseria e dalle logiche di convenienza. il successo del movimento cinque stelle è comunque, se non una rivoluzione in senso stretto, un segno di vitalità in un paese dove è sempre stato difficile spostare più di un 2% dei voti. è già qualcosa di cui sorprendersi in senso positivo, visto che negli ultimi decenni la partitocrazia ha sistematicamente *sovrascritto* la democrazia.
    grillo e il movimento cinque stelle sono una risorsa per la politica (ben più della anti-politica del pd degli ultimi decenni, nonché delle sinistre che negli ultimi anni non sono neanche riuscite ad entrare in parlamento!!). invece leggo un po’ ovunque (tranne in questa riserva indiana, per fortuna) articoli di vari opinionisti “di sinistra” zeppi di consigli per bersani (e per d’alema… già, dove lo mettiamo il massimissimo??? “d’alema, dì qualcosa di sinistra”! eh, vedi anche l’incapacità di moretti sempre sul palco con il pd, in ultima analisi, di essere onesto e coerente con se stesso?), consigli, dicevo, che hanno più o meno questo tono: come fare a “normalizzare” o a “disinnescare” o a “tirare dentro” il movimento cinque stelle in modo da danneggiare il *nemico* e trarne un vantaggio elettorale alla prossima (vicina) tornata elettorale.
    boh. forse la sinistra non riesce più a dire cose di sinistra perché combatte per un partito (preso), invece che per i propri ideali. quindi *nemico* di chi?
    : )))
    interessante, soprattutto, la domanda che pone Andrea Inglese in un commento al testo: “Ecco, posto che non è Grillo che farà la rivoluzione, come mai si è reso votabile anche con parole d’ordine e pratiche che sono delle sinistre, e con le quali le sinistre invece non varcano neppure la soglia parlamentare? Questa domanda non l’archivierei facilmente.”
    forse perché la vera battaglia si sta combattendo ormai ad un livello diverso, sovranazionale, in cui la sinistra ha scelto di stare a fianco dell’euro tedesco, delle banche, di Monti e di una politica economica neoclassica. e ciò ci rimanda all’altro articolo (“Anschluss!”) pubblicato da Andrea Inglese.
    c’è di che riflettere…

  23. l’altro giorno ho pescato un libro quasi alla cieca dalla biblioteca,come faccio spesso .E ho scoperto che l’introduzione è scritta da casaleggio(e ho il leggittimo sospetto che si parli di lui).ORa,al di la che non è scritto granchè bene,mi sembra di non poter rilevare quelli elementi di pericolosità,di cui tutti parlano senza che mai ce ne sia uno bravo a entrare nello specifico.Del resto sono sopravvissuto alla grande in mezzo a un branco di dianetici e non dimentico mai la faccia di un ragazzo intravisto in treno in fuga dai festeggiamenti estivi di ceppaloni organizzati dalla ditta mastella(senza contare che quando le uniche attività che funzionano alla grande sono i compro oro,e che vige una tassazione che,anche qualora non appaia come un’istigazione alla rivolta è sicuramente un disincentivo all’intrapresa,dobbiamo per forza giocare al buio)

    http://www.shambaedizioni.it/downloads/I_libri_di_alessandro_chelo-ebook/La_Leadership_secondo_Peter_Pan.pdf

    • Avevo già letto alcune cose, ma in questi giorni mi sono documentata un po’ meglio soprattutto su Casaleggio. Ho trovato questi e altri link interessanti. Mi limito a qualche spigolatura.
      Non sapevo che Grillo usasse un tempo sfasciare i computer in pubblico, durante i suoi spettacoli. Quando lo convertì all’informatica Casaleggio aveva già operato in diversi gruppi compresa la Telecom, ma fondamentale fu il rapporto con Enrico Sassoon. Da http://www.blitzquotidiano.it/ “Quest’ultimo, giornalista del Sole 24 Ore dal 1977 al 2003, è un personaggio chiave è il perché lo spiega un documentatissimo articolo di Pietro Orsatti su Micromega, datato 2010:
      Nel 1998 Sassoon è amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy, di fatto una lobby indirizzata a favorire i rapporti commerciali delle corporation americane in Italia e il cui presidente è tuttora il vice di Microsoft Italia, Umberto Paolucci. Proprio nel consiglio di amministrazione dell’American Chamber of Commerce in Italy si comprende quale sia uno dei fattori di successo nelle relazioni della Casaleggio Associati” E Sassoon è membro dell’Aspen Institut Italia di Giulio Tremonti (c’è anche Gianni Letta).
      Insomma, una serie di rapporti con soggetti ben inseriti nel sistema.
      Per ora non traggo alcun giudizio dalle varie informazioni.
      Altre riflessioni interessanti le farei sull’uso della rete. Per l’esercizio di una democrazia telematica occorre che i cittadini posseggano dei pc (anche il wifi libero per ora non c’è, ma sorvoliamo), i quali sono prodotti da grosse aziende e usano sistemi in gran parte sistemi operativi proprietari, in primis windows di Microsoft. Mah.
      E ve la immaginate una pattuglia di hacker al lavoro durante le votazioni?
      Insomma, sul M5S è obbligatorio riflettere: senza pregiudizi negativi, ma neppure fideistici.

  24. Caro Giorgio,
    tu ricordi che la vittoria di Grillo è un segno di protesta, e su questo siamo d’accordo, anche perché gli editorialisti traversali uniti ce lo hanno ribadito ad ogni piè sospinto. Io aggiungerei solo una protesta “sacrosanta”. Dopodiché tornerei alla mia riflessione: non tutti i populismi danno segni uguali, ed è questo che non si può sottovalutare. Malos ricorda nel commento sopra la fregola del PD per recuperare i voti di Grillo. Ma da parte del PD mi sembra battaglia persa. Non è forse persa per chi vorrebbe porsi a sinistra del PD e magari riproporre l’idea di un ponte parlamentare con i movimenti. E’ in quest’ottica che bisognerebbe valutare il fenomeno Grillo. Amesso che sia pertinente chiedersi se non è necessario in una fase simile avere una sinistra davvero legata ai movimenti e ai loro obiettivi in parlamento, una sinistra che abbia un peso, e non sia una coda del PD, allora va valutata meglio la tipologia di populismo di Grillo. Fino ad ora, il populismo italiano aveva un nucleo neo-liberista, Berlusconi, e uno xenofobo, la Lega. Ora nel nucleo eterogeneo di Grillo ci troviamo istanze radicali che vengono dai movimenti: decrescita, democrazia partecipativa, reddito di cittadinanza. Che siano aspetti irrilevanti, e che quindi non se ne debba tenere conto io non credo. Persino Fumagalli si sofferma a considerare con attenzione la questione, nel pezzo che ho linkato. Io quello che vedo è che quelle parole d’ordine, per vaghe che siano, portano la contraddizione nel progetto di Grillo. Non può essere altrimenti. E per parte mia considero che questa contraddizione sia feconda, anche perché non credo che la coscienza di classe sia una proprietà innata, ma emerge dentro il gran casino della storia,e anche dai suoi vicoli ciechi. E credo che la funzione di un partito o di un movimento che si batta per una società più egualitaria e meno selvaggia deve misurare la sua efficacia anche su questo campo, e non solo su quello della convinzione dei già convinti.

    Caro Francesco, ho scritto che non se mai voterò Grillo. Se avessi dovuto votarlo in un’ottica strumentale – come per altro ho votato il PD tutte le volte che l’ho fatto – l’avrei votato probabilmente questa volta. Da oggi in poi non lo voterei più. Ciò dipende anche da un punto che mi era sfuggito e che può parere secondario, ma che per me non lo è: il vincolo della cittadinanza italiana che ha messo nel suo statuto per poter aderire al movimento. Detto questo, penso che nel Movimento 5 Stelle ci siano un sacco di brave persone, giovani sopratutto, che hanno voglia d’impegnarsi concretamente per il cambiamento.

  25. Un piccolo inserto da un pezzo di Bifo apparso su Micromega:
    “Leggo su Internazionale che i Wu Ming si lamentano del fatto che il movimento di Beppe Grillo amministra l’assenza di movimento in Italia. Ragionamento bislacco davvero. Dal momento che la società italiana è incapace di muoversi allora debbono stare tutti fermi? Dal momento che gli amichetti di wu ming sono stanchi allora tutto deve restare ad attendere i tempi del loro risveglio? Fate movimento invece di lamentarvi perché qualcun altro lo fa al posto vostro, magari in maniera un po’ più rozza di come piacerebbe ai raffinati intellettuali.”

    Io avevo parlato di “professori della rivoluzione”, ma mi sembra che ci sia piena concordanza con Bifo.

    • Però – a latere – che brutto quel “amichetti” di Wu Ming. Quanto snobismo nella professione dell’antisnobismo…

      • sempre laterando…
        in questa discussioni ognuno può giocare sempre a specchio il ruolo dell’intellettuale fighetto dell’altro; posto che tutti corriamo il rischio di finirci dentro a questo gioco, penso che ci sia qualcosa che non torna in quel pezzo dei wu ming; io che non sono mai stato un loro lettore come romanzieri, li ho spesso apprezzati per la loro esperienza di militanti e per certe loro analisi; ma si può essere bravi e buoni militanti, e toppare ogni tanto di analisi.

  26. qualche considerazione va anche fatta sull’uso della parola “rivoluzione” che comincia davvero ad essere stucchevole anche se si tiene in conto che è quasi sempre un uso metaforico. Insomma, se si intende “rivoluziome” nel senso classico che ha da circa duecento anni, allora in questo frangente è davvero fuori luogo. I ceti salaruati, subordinati, subalterni oggi non sono in condizione di mettersi nella prospettiva di una “rivoluzione·, non sono neppure in condizione di avanzare “rivendicazioni”, non sono nemmeo piú in condizioni di “difendersi”, di difendere qualche straccio di diritto residuo, di sicurezza, di rappresentanza, di rappresentativitá, figuriamoci che senso ha ora la parola “rivoluzione”. Le poche lotte che si possono osservare non sono neppure lotte di difesa, sono rabiette, furie,jacqueries, disperazione, un obiettivo che si potrebbe realisticamente porsi nella disfatta, sarebbe quello di conservare intatto qualche frammento di organizzazione culturale e politico-sindacale in grado di tramandare una parte almeno della memoria di lotte e conquiste passate, ma forse persino per questo è giá troppo tardi. Agli intellettuali, peró piace baloccarsi con la parola “rivoluzione” che è tanto rotonda e colorata e fa tanto bene gargarizzarla. Qualcuno dovrebbe provvedere a maledirli.
    Dreiser Cazzaniga

  27. «Historia magistra vitae»
    Tra 30 anni si studierà questo passaggio storico-politico planetario (dimissioni del Papa/vittoria di un partito movimentista in parlamento) e si vedranno tutte le genealogie che oggi non riusciamo a cogliere. Qualcuna però è chiara e varrà la pena individuarla (mi scuso se ripeto ciò che è già stato scritto in altri commenti).
    Anche chi non lo conosce per filo e per segno, sa che Grillo è figlio di una vasta e diffusa cultura critica, anche accademica, di cui più volte si è fatto megafono (non esente, per altro, da solenni tranvate: vedi assunzione acritica del metodo Di Bella, dell’olio di colza, ecc.). Per far un solo esempio, qui da noi, nella sperduta Ancona, insegna il suo (a quanto pare) maggiore consulente economico, Mauro Gallegati, a sua volta legato a Latouche, Fitoussi, ecc.
    Anche su questioni più terra-terra, ingegneristiche, legali, commerciali, le idee diffuse da Grullo sono un distillato di centinaia se non migliaia di contatti con professionisti di tutti i tipi: ingegneri, avvocati, commercialisti. Altro che Qualunquismo. E ricordiamoci che sul palco di Milano c’era Dario Fo, un pezzo della sinistra extraparlamentare di fine anni sessanta-inizio settanta.

    Insomma, volendo usare una formula storicistica, Grillo a me pare il Gracco o il Robespierre della nostra società dello spettacolo (la tragedia torna in forma di farsa, poi tornerò su questo punto) che porta a sintesi mezzo secolo di teorie e pratiche rivoluzionarie, muovendo con il proprio carisma milioni di persone.
    Ha ragione, Andrea: Grillo sa parlare alla mente (docere), al cuore (movere) e alla pancia (delectare) del popolo, come tutti i grandi oratori e tribuni della storia devono saper fare.
    L’Italia è il meriggio del genio globale: se con Cesare creammo l’antonomasia di cesari, zar e kaiser (tutti derivati dalla radice lat. Caesar, appunto), con Mussolini il primo dittatore della società di massa, con Berlusconi il primo duce della società dello spettacolo (imitato, tanto per fare un esempio planetario dal thailandese Thaksin), con Grillo abbiamo creato il primo tribuno della plebe della società dello spettacolo, con metodi “dannunziani” (citazione da Wu Ming).
    Ora, io mi chiedo se la biografia di Grillo, essendo così legata la sua vita alla storia del Movimento, finirà per tornare, in forma di sintomo psicotico, dal passato nel presente, ovvero mi chiedo se la sua megalomania non lo porterà a farci precipitare tutti nel burrone, con lui che si salva all’ultimo momento, fuggendo via, come fece con i suoi amici, come quel pomeriggio del 7 dicembre 1981, quando perse il controllo del suo Suv antelitteram, su un lastrone di ghiaccio, in cima a un Colle, facendolo precipitare in un crepaccio con 4 suoi amici dentro.
    Il momento è delicato: ora più che mai, perché la tragedia non torni in forma di farsa, Grillo dovrà far suo l’adagio «Historia magistra vitae» e imparare dagli errori del passato. Come Andrea ha proposto di fare a noi.

  28. ha legato la sua vita alla storia del movimento…
    (ma dove le pescate, dal repertorio del bagaglino?)

    historia magistra vitae
    (andrea & beppe uniti nella docenza)

    auguri ai discenti!

  29. @f.: ha legato anche i suoi introiti, in realtà, avrei dovuto aggiungere. l’ironia non sempre aiuta a capire, purtroppo: non sono andrea o grillo a insegnare, ma è la storia.

    • non stavo facendo dell’ironia, purtroppo, stavo semplicemente sanguinando, di cuore e di mente, di fronte a tanta intelligenza sprecata, protervamente incapace di distinguere sogno e incubo, di creare qualcosa di diverso da simulacri di argomentazioni spacciati per pensiero critico: la “critica” di chi “vuole capire”, ma (esattamente come per gli avvenimenti del luglio 2001) tenendosi a debita distanza dai fatti, dalla materia incandescente che crede di padroneggiare solo perché ce l’ha ormai sotto gli occhi, ma di cui ignora gli ingredienti, la composizione e gli effetti (inglese, in questo frangente, propone l’analisi di un movimento di cui non sa praticamente niente, e lo dimostra lui stesso quando, in un commento, candidamente ammette che gli era del tutto sconosciuto quello che, “invece”, è uno degli elementi costitutivi del “progetto” del miliardario genovese, cioè la sua natura nazionalistica, identitaria e implicitamente razzista e fascista)

      è proprio questo il vulnus che ha scarnificato e disossato fino alla trasparenza e all’inesistenza qualsiasi ipotesi di sinistra in italia: la mancanza di ogni contatto con le “cose”, la loro sostituzione con cumuli di “parole” prive di ogni riferimento alla dialettica e alle contraddizioni laceranti della realtà concreta: l’esorcismo e la cancellazione della parola “etica”, l’etica della “militanza” e del contatto con ciò che in teoria, ma solo in teoria, fingiamo ci appartenga

      e così, negli ultimi venti-venticinque anni, abbiamo avuto modo di assistere a questo spettacolo indecente: da una parte la sinistra istituzionale, che non aspirava ad altro che a farsi regime, che ha relegato la politica all’intimità confortevole dei salotti televisivi o alla satira sempre più deprimente e deleteria dei comici “compagni” (guarda caso, tutti a libro paga del padrone del vapore…), abbandonando quartieri e paesi all’irruzione “porta a porta” della marea leghista, a nord, e alle variegate cupole politico-mafiose a sud; dall’altra, una sinistra frou-frou, sedicente “extra”, intellettuale e accademica (o aspirante tale), che si è auto-nominata avanguardia di inesistenti masse e portatrice di ancor più inesistenti progetti politico-culturali affidati ai blog e alle riviste “impegnate” – blog e riviste che, detto per inciso, non hanno nessuna ricaduta fuori dal circuito degli “amici” che li leggono, esattamente gli stessi che vi scrivono (o che aspirano a scrivervi) e fanno finta di discutere e di confrontarsi: costoro, in amplissimo numero, hanno sostituito l’impegno concreto con la “delega”: delegano infatti ai loro scritti, poetici e narrativi, il verbo della “rivoluzione”, parlano della “realtà”, della ggente e dei problemi della ggente (la stessa ggente che ne ignora saggiamente perfino l’esistenza) e, in questo modo, con la poesiola d’occasione dedicata ai derelitti e il raccontino sempre politicamente corretto, mettono a tacere una coscienza che, oramai, non ha nemmeno più bisogno di questi sedativi per dormire beatamente…

      in topic:

      1) ma qualcuno crede davvero che dietro il miliardario ligure cotonato vi sia nient’altro che un blog o il primo casaleggio che passa?
      2) ma qualcuno crede davvero che vi sia differenza tra un disegno di legge, redatto come un pizzino in una villa in sardegna e votato in parlamento il giorno dopo, e una (eventuale) legge, scritta al computer da un uomo solo in una villa ligure e votata e approvata con un “like” dai suoi fans in un blog?
      3) se credete questo, se credete che questa sia democrazia dal basso, qualcosa di “rivoluzionario” (da analizzare con lenti leniniste!!!), beh, cosa vi vieta di credere che il miliardario brianzolo con parrucchino cotonato abbia messo su il suo impero con i risparmi della sua attività di cantante sulle navi da crociera?

      una domanda (agli esperti analisti del thread), apparentemente o.t.:

      – come mai maroni, che ha perso più di due milioni di voti, continua a ripetere che la lega è l’unico vero vincitore delle elezioni?

      (io un paio di rispostine ce le avrei…)

  30. […] Mi sono perso il soggetto… L’organizzazione attuale dello Stato è burocratica, sovradimensionata, costosa, inefficiente. È burocratico tutto ciò che ha che fare con il pubblico (bureau: ufficio + kratos: potere). Il valore dispregiativo è chiaro. La sintassi è incerta. Il top del web Più fastidioso di tutto è il pdf. Non solo la sintassi non aiuta la lettura ma è un documento prodotto da un analfabeta digitale. Invii a caso, doppi spazi, numeri di pagine sbagliati (si passa da pagina 8 di 154 a pagina 2 di 15 , poi si va a pagina 9 di 15 , poi di nuovo a pagina 2, ma stavolta è 2 di 13 pagine). È possibile che chi si vanta di essere il guru della comunicazione digitale in Italia non sappia come usare correttamente un word processor? Contenuti Per quanto il senso del voto al Movimento 5 stelle segnalo il bellissimo articolo di Andrea Inglese, Non la rivoluzione, ma forse qualcosa di rivoluzionario… […]

  31. Ringrazio Andrea Inglese per il suo tentativo di aiutarci a riflettere sull’accaduto. C’è bisogno di questo, infatti, non di veti e automatismi di pensiero. Non ci servono i “professori” della rivoluzione, sono d’accordo, e neppure l’ “insopportabile sinistra radicale trozkoecolorifondarola”, per dirla con Gazzaniga. Visto che qui molti si ritengono, e magari sono davvero, intellettuali, vorrei ricordare che allora il primo dovere sarebbe capire, mettersi in ascolto, sospendendo – almeno per qualche ora (giorno? Mese?) – il giudizio. E’ aspettarsi troppo?

  32. *per dirla con Gazzaniga*

    la convergenza non mi meraviglia per niente
    quando la sinistra frou-frou e il clericalume destrorso si incontrano e si piacciono all’istante, il grillismo dilagante è uno degli esiti, più che prevedibili, certi

  33. Andrea Inglese, ho letto il suo brano e i primi 58 commenti. Non faccio politica dal 1976, quando ho sentito che i dirigenti della Nuova Sinistra, di cui ero parte, erano degli sgualdrappati. Ero piccolo; dopo essermi letto per mesi con cieca fiducia gli articoli in cui i miei dirigenti discutevano sulla maniera migliore di capitalizzare il prossimo trionfo elettorale della sinistra, l’ultima cosa che mi aspettavo in quelle elezioni era una sconfitta smaccata. Dunque sono digiuno di politica nazionale e parecchio disinformato; non sempre afferro il gergo usato nei commenti al suo brano; ma devo dire che riconosco, tanti anni dopo aver lasciato l’Italia, l’acredine e il liquidazionismo che prevalgono in parecchi commenti: una specie di patrimonio o pecca nazionale. Il suo contributo mi pare serio e penetrante; immagino che lei di politica ne abbia fatta parecchia, almeno a livello di dibattito e confronto, quindi questo suo contributo è anche onesto e sincero, direi. Ho sentito parlare Grillo a Mondovì lo scorso aprile o maggio, e ho quasi subito capito quello di cui ero stato privato dal 1976. L’ho capito meglio in questi ultimi giorni. La politica ci muove e ci commuove, come lei dice, ci fa sentire colmi di ottimismo e di altruismo, oppure di livore e di furia. Sono vissuto in crisi di astinenza da passioni civiche per 39 anni? Lo comprenderò meglio col tempo, penso. Mi perdoni il flash d’un ricordo banale ma, oggigiorno, erudito agli occhi di certuni: Gramsci distingueva l’ottimismo della volontà dal pessimismo della ragione. Lei distingue la commozione delle “persone” dall’argomentazione delle “elite.” Ho scritto di slancio al Leader che due giorni fa m’ha restituito l’ottimismo e la commozione del ’68. Gli ho detto che per 5 anni al Cairo ho insegnato la disubbidienza civile e religiosa. Ma ho anche aggiunto che Lenin ha capito troppo tardi l’urgenza di occuparsi della moneta corrente e delle banche in Russia, e se lo avesse capito prima avrebbero intonato un’altra solfa. Poi ho sentito, con la sobrietà della ragione, che gli stavo dicendo una cosa sterile – sterile non perché i suoi consiglieri la ignorino, sono anzi ben consapevoli della complessa meccanica di uscita dal sistema monetario europeo, ma perché non commuoverebbe nessuno dei milioni di blogghisti italiani che intonano in coro che “uno conta per uno.” Sterile per il Movimento, da trattarsi senza “discutersi.” Taglio corto. La rivoluzione di cui lei parla, Inglese, è possibile a mio parere, anzi probabile, e comporta una colpo mortale al cuore della democrazia europea, ch’è evidentemente agonizzante. Secondo me la maniera in cui si sostiene o si fa largo a M5S dipende dalla misura in cui si riesce ad immaginare il dopo-Grillo. Ritengo che Grillo ci abbia evitato anni di terrorismo. Il bagno di sangue delle guerre europee non lo vuole nessuno.

  34. Andrea, mi sto chiedendo quanto reggono le tue riflessioni alla luce di come si sta comportando Grillo in questi giorni. Che non cali le brache di fronte alle aperture del Pd lo capisco. Per ragioni di sostanza e di strategia. Per tutta la sufficienza con cui è stato trattato, per il fuoco ostile ricevuto dal Pd e anche da più a sinistra del Pd che non sono serviti minimamente a sconfiggere il suo movimento.
    Ma principlamente per l’umiliazione pubblica del nemico sconfitto. E’ come la spia massima di un autoritarismo che può essere sì rivoluzionario, forse, ma dove il movimento fatto da otto milioni di voti non diventa altro che una testa d’ariete per arrivare anche senza il sangue a prendersi tutto. Delegittimando tutto il resto. Non solo gli odiosi esponenti della casta, ma anche il funzionario di provincia che si sbatte, il tesserato-base e soprattutto gli elettori.

    • cara helena,
      le mie riflessioni possono senz’altro non reggere, ma riguardano una questione diversa da quella che poni tu, anche perché io non mi sono azzardato a fare previsioni. Ho scritto: “Certo, non è che non veda i tanti limiti della sua retorica, o del suo programma, e soprattutto il limite più grande: il fatto di essere un movimento che si vuole partecipativo, ma che è guidato da una persona sola. Questo rende fin d’ora le grandi conquiste numeriche del suo partito fragilissime, ma non vane per principio. Sarà il confronto con la realtà parlamentare a sancire quanto resterà del potenziale critico del movimento.”
      Le mie valutazioni riguardano le modalità e i temi che hanno fatto diventare il Movimento 5 Stelle il primo partito italiano. Non riguardano il fatto che questo partito farà ora la rivoluzione fuori dal parlamento o le necessarie riforme in parlamento.

      • Però facendolo, Andrea, hai dato un giudizio sostanzialmente positivo di Grillo e del M5S, prendendo un abbaglio colossale sulla sua natura; che non è per nulla rivoluzionaria, bensì conservativa. Grillo è, probabilmente, quello che serve oggi: che serve a una società che rischia di esplodere da un momento all’altro. Quando Gian Balsamo, poco sopra, scrive che Grillo «ci ha evitato anni di terrorismo» sta dicendo il vero; Grillo ha contribuito a calmierare i conflitti sociali. Come fai a non vederlo?

  35. Grillo ha fatto qualcosa di rivoluzonario, facendo diventare il Movimento 5 Stelle il primo partito, senza spaccare vetrine. Berlusconi, vent’anni fa fece diventare FI il primo partito: fece anche lui qualcosa di rivoluzionario?

    • Caro Guido,
      c’è gente che non vede differenze neppure tra Mussolini e Grillo. Io le vedo persino tra Berlusconi e Grillo. Quanto alla novità e alla rottura realizzata dal partito-azienda di Berlusconi ormai è dato acquisito anche nei libri di storia.

      • Caro, my dear Andrew, devi avere pazienza…non resisto a fare il troll cazzone…la mia era una facezia…non prendermi sul serio: non lo merito! ti inviterei però (e qui fingo di fare il serio) di meditare (tu che sai fare le cose seriamente) sulle correlazioni fra decrescita, autarchia, produzione locale (da equipollare naturalmente ai consumi locali) ecc ecc, correlazioni che, in modo sin qui piuttosto confuso, mi pare siano implicite nella politica economica del cinque stelle. Omaggi e complimenti per la tua onestissima resipiscenza, tanto di chapeau!

    • questo, in minimamoralia, coglie un problema essenziale, ovvero l’ideologia del benecomune ridotto a particolare, in altri termini la regressione (totalitario-campanilistica). Gnec, da parte sua, sostiene che molto più pernicioso è il grillismo del berlusconismo.

  36. a nevio,

    l’abbaglio in tempi come questi è sempre in agguato, ma per decidere se l’ho preso bisognerebbe ritornare a quanto ho voluto dire; in realtà il discorso dovrebbe essere allargato, dal momento che ho usato Grillo per parlare delle falle enormi della sinistra; ma non ho tempo di farlo, sarà magari per un’altra occasione.
    L’argomento che dice che Grillo ha bloccato un movimento realmente rivoluzionario mi sembra abbastanza assurdo. Se la gente ha votato Grillo e scelto Grillo, è perché le alternative esistenti non li hanno coinvolti o convinti. Sono convinto che la vittoria di Grillo abbia segnato una rottura su fronti diversi: spazzato via Monti e la prevedibile alleanza con il PD, e spazzato il bipolarismo. Una rottura che ha colpito ciò che c’era alle spalle e ciò che c’era come programmino futuro: la staffetta Berlusconi-Monti.
    Grillo non è rivoluzionario e questo si vede nell’eterogeneità delle proposte, ma la sua rottura l’ha fatta sopratutto con temi di sinistra. Il che vuol dire, che il fallimento della vera sinistra, sopratutto quella che una volta esisteva a sinistra del PD, è doppia. Ma fino a ieri cos’avevamo? Una rivoluzione extraparlamentare virtuale, che tardava fatalmente a incarnarsi, e poi Ingroia, e poi Sel, e poi il PD. E non era questo un imbuto? Speriamo che da tutto ciò ne venga fuori un nuovo modo di fare sinistra anche in parlamento, in attesa della rivoluzione extraparlamentare.

    • Non ci capiamo. E vediamo realtà diverse.

      Per quanto mi riguarda:

      * il modello-Monti non è stato sconfitto;
      * il M5S è un agglomerato «demo-fascio-stalinista»;
      * il successo del secondo è la strada spianata per il primo.

  37. In effetti Grillo ha appalesato le falle della sinistra (c’è voluto Grillo…il che la dice lunga), però, venendo alla breve ultima nota di Nevio, in effetti mi sembra prematuro sostenere che il modello-Monti è stato sconfitto. Al momento è ancora possibile che “il successo del secondo sia la strada spianata per il primo”.

    • cari guido e nevio,capisco che se votaste solo voi saremmo nel migliore dei mondi possibili, ma pare che in questo paese facciano votare un po’ tutti dopo i 18 anni

      • Amdreuccio! mi sfugge il senso, davvero, della tua commentiva risposta, se votaste solo voi ecc ecc… A parte la miserevole condizione della mia biografia, in virtù della quale non ho mai votato (miserevole anche in questo la mia personcina!) non mi ritengo (lo dico con schifosa sincerità, e un briciolo di patetismo, va’, tanto per condire) così illuminato che, anche se votassi, sarei in grado di dare un voto illuminante esso stesso. ecco

        • guido, le mie riflessioni per quel che valgono erano riflessioni sul voto e sui votanti, e posso ben capire che risultino poco interessanti o pertinenti per chi non vota e per chi pensa che il parlamento non abbia nessun ruolo da giocare nell’attuale momento storico;
          nella mia ottica, invece, che differeisce dalla tua, per me la discussione, oggi, importante e utile, dovrebbe cominciare da un’analisi della composizione sociale dei votanti; invito chi ci legge a segnalare qui analisi simili; sarebbe fondamentale passare dal pre-giudizio o dall’intuizione orfica della composizione dell’elettorato grillino, a una sua analisi documentata.

          • Carissimo Andrea, mi scuso innanzitutto con te con il mio tono scanzonato. Preciso che ho trovato la tua analisi molto interessante, preciso anche che trovo il ruolo del parlamento di rilevante importanza, ancorché il mio orizzonte sia “idealmente” anarchico. Il fatto è che ho una pigrizia ingenita di fronte ad analisi che considero tardive (non mi riferisco alla tua, parlo in generale). Ora mi chiedo semplicemente questo, e lo chiedo in tono da bar sport: perché queste analisi sul voto grillino non sono state fatte vent’anni fa sul voto berlusconiano? In generale, ritengo (lo dico in poche parole sempre per l’ingenita pigrizia…ah, che grave e imperdonabile difetto!) molto più destroso grillo di berlusconi; ritengo che certe propensioni ideologiche verso il green, non supportate da una seria analisi del flusso delle merci (come viaggiano, chi avrà la proprietà e chi distribuirà i prodotti e le energie green?), sia una ipostasi di un regionalismo fascistoide, con veemente propensione all’autarchia. Grillo, oltre ad altre mille cose, include anche questo; ovvero, include, un domani, il facile boccone per il nuovo capitalismo marca green. Mi sono molto conosciuti sia gli elettori di Berlusconi che quelli di Grillo e li rispetto (non rispetto invece i due leader); parlo con loro da vent’anni e ho parlato con loro in quest’anni…ho conosciuto decine di comunisti passati in voto a lega Forza Italia e ora cinque stelle. Molto spesso esprimono il disagio e l’inquietudine, ovvero il conflitto flusso-territorio (bonomi), che è un conflitto emotivo (quello a cui la sinistra sepolcrale non saprà mai parlare). La coscienza del territorio sembra avere metabolizzato quella di classe…per questo, sotterraneamente, la considero una coscienza estremamente destrosa. Il problema, per la sinistra, è saper parlare anche alla pancia, agitare emozioni, ovvero adottare un linguaggio di destra? Questo problema se lo era già posto Batailla, nella “congiura sacra”. Io ho la vaga impressioni che i sinistri, dopo essersi ostinati a parlare come se vivessimo ancora in epoca fordista (dunque lasciando terreni incolti prima a berlusconi e poi a grillo), ora, dopo avere stigmatizzato in berluscsoni (ma prima già in craxi) un nuovo ducetto, non colgano quanto di ducesco ci sia in Grillo.

  38. personalmente ho sempre apprezzato chi si mette contro il potere amministrato male, gli sprechi, la menzogna, quindi mi sento di appoggiare questo nuovo movimento apprezzando gli sforzi iniziali che dovrà affrontare.
    bisogna dare un taglio netto a certe situazione e ripartire da 0.
    per questo temo per l’incolumità di Grillo.
    ma i grillini sono tanti…
    (milioni di milioni :-)

    • Agire le contraddizioni …. Cercare l’egemonia … Riempire gli spazi … Tutto giusto … Ma CHI lo fa? Quale soggetto politico può farlo? Insomma, un conto è ravvisare la necessità di raccogliere la sfida delle contraddizioni aperte dal successo di Grillo (come fa Bruno Pepe Russo nel suo articolo e come fanno i Wu Ming), un altro è puntare sulla “maturazione” del M5S in direzione di un «nuovo modo di fare sinistra in parlamento», come fai tu … Sono due prospettive radicalmente diverse.

      • dài, NeGa, adesso cerchi il pelo nell’uovo: sarai mica orfico?

        (a proposito di orfismi assortiti: nel mio paese, quasi 70% nero-verde nel 2008, a sinistra (sic!) praticamente immutata, il 38% si è illuminato qual astro a cinque punte / in ciel *)

        (*) frammento apocrifo di andreaonico da rodi, filosofo e poeta

      • 1) il pezzo di Bruno, se lo hai letto bene, critica appunto la posizione dei wu ming, e considera che compito delle sinistre è appunto far fruttare queste contraddizioni e non semplicemente condannarle
        2) per far fruttare queste contraddizioni, si dovranno incontrare le persone che hanno oggi votato quel Movimento, perché oggi è a partire da loro che si potrà scommettere su una sinistra parlamentare diversa: se li si considera come te un “agglomerato demo-fascio-stalinista” per intima convinzione, non si fa un bel nulla che aggiungere uno sfogo privato ad altri sfoghi privati. Io consiglierei di passare dallo sfogo allo studio. Ci sono ancora compagni che lo fanno. Invece di sciacquarsi le trippe in piazza, una distaccata e seria analisi della composizione sociale del movimento. E poi se ne parla.

        • Ma chi ti dice che il giudizio sintetico (agglomerato demo-fascio-stalinista) non sia il risultato di uno studio? E proprio di uno studio distaccato e serio sulle posizioni espresse sino ad oggi, sui comportamenti (ma Parma non ti dice nulla?), sulle epurazioni, persino sulla odierna dichiarazione sull’Art 67 della Costituzione … Ma non c’è dialogo con chi pensa che siano sempre gli altri a sbagliare …

          • se hai uno studio “serio e distaccato” sulla composizione sociale (età, reddito, regioni, ecc.) segnalacelo; non sto ovviamente parlando dello studio dei comportamenti dei finora pochi eletti; quelli sono già disponibili e non toccano la questione vera che è quella dell’elettorato non degli eletti

        • Così, solo per il piacere di dimostrare che il sottoscritto sa ancora leggere, mi permetto di postare la risposta di Bruno Pepe Russo ad Andrea Inglese:

          «@andrea
          quando io critico la teodicea della marginalità, e mi fa piacere che mi hai dato modo di chiarirlo, sto criticando una certa attitudine al guardarsi alle spalle piangendo per capire dove si è sbagliato.
          Dopodiché non sono d’accordo con la tua critica ai wu ming, e penso che i nostri due pezzi (il mio, e il tuo) siano, di fatto, incompatibili. Tu rivaluti grillo e lui è il soggetto della maggior parte degli enunciati in cui descrivi cosa c’è di buono in questa esperienza. Per me, invece, Grillo fa schifo, e tutto ciò che c’è di buono deriva da quella composizione di classe che lo anticipa, viene prima di lui (mi scuso per la ripetizione), e che deve decapitarlo per prendere sempre più forza.
          E, chiudo, per me il movimento di massa contro la crisi resta un nodo ineludibile dello sviluppo di una contestazione radicale dell’esistente.
          Bruno»

  39. caro guido,
    per quanto mi riguarda più che la pigrizia, c’entrano i limiti di strumento e tempo per addentrarmi in certe questioni. Premetto pure che la mia fa parte delle analisi tardive (però su questo sono in buona compagnia). Ora un punto centrale che io sollevo come domanda lo ritrovo irrisolto anche nella tua analisi. Analisi che in parte condivido. Prima di riprendere la mia domanda, cito un tuo passaggio:
    “Molto spesso esprimono il disagio e l’inquietudine, ovvero il conflitto flusso-territorio (bonomi), che è un conflitto emotivo (quello a cui la sinistra sepolcrale non saprà mai parlare). La coscienza del territorio sembra avere metabolizzato quella di classe…”
    Qui tu dici che la sinistra sepolcrale non saprà mai parlare al conflitto emotivo flusso territori, e lo dici come una critica, non come un fattore di pregio.
    Poi alla fine del tuo pezzo dici che la sinistra che parla alla pancia, che agita le emozione, diventerebbe di destra.
    Ebbene, è proprio questa semplificazione, questo bianco e nero, che io chiedo di rimettere in questione, proprio alla luce dell’esempio di Grillo, che mi sembra su questo terreno ben più parlante degli esempi passati di Berlusconi e la Lega.
    Non è una mia scoperta. Fredric Lordon, un economista eterodosso e spinoziano, come si definisce lui stesso, ha già toccato questo punto, appoggiandosi proprio su Spinoza. Possiamo immaginarci un Danton, un Robespierre, un Lenin, una Rosa Luxemburg, un Che Guevara, incapaci di muovere “anche” le emozioni? Giusto per fare esempi all’ingrosso. Un conto è sollecitare le passioni in un’ottica reazionaria, un conto è l’incapacità assoluta di “muovere” i sentimenti assieme alle idee.
    Lo ripeto all’infinito: se il talento politico è quello di convincere i convinti, allora oggi possiamo restare a casa, perché col numero dei convinti non si potrà fare granché.
    Il mio contributo non va molto oltre questo spunto di riflessione.

  40. noooooooooo. Andrea, evidentemente mi sono spiegato pessimamente. Non penso assolutamente che una sinistra che parla di pancia e alla pancia (ventriloqua?), ovvero che adotti un linguaggio di destra diventi di destra!! Mi riferivo per l’appunto a Bataille che nella congiura sacra scriveva della necessità sinistra di adottare un linguaggio di destra; nessuno gli dette credito e sappiamo com’è andata. Però ora mi incazzo moltissimo: avevo scritto un sacco di altre cose facendo violenza alla mia pigrizia ma la connesione a ‘sto eminentissimo blog è esplosa e ora non tengo voglia di ridirle e allora le dico alla cialtrona (cosa che mi si addice). Quando cinque stelle perora la causa della riduzione degli stipendi dei politici dice evidentemente una cosa di buon senso, che non è né di destra né di sinistra. Fra i compagni di merende, galeotti ecc ecc che ho frequentato in questi decenni, molti lo hanno votato per questo; e questa mi sembra una scelta razionale, francamente più razionale di quanti hanno votato la sinistra cosiddetta estrema per mera questione di slogan un pochino desueti (i coatti sono ovunque, ricordiamocelo un po’ eh) …. che il taglio degli stipendi dei politici non basti certo a risanare il bilancio lo sappiamo tutti, e se Grillo lo dice lo dice sicuramente senza crederci… quei due tre o quanti sono miliardi che sarebbero risparmiati a legislatura andrebbero però al microcredito (vedi sicilia) crediti a piccole imprese, e questo sarebbe davvero molto ossigeno (vedi India). Sono però sempre del parere che il sinistro (o il destro, ma pensiamo al sinistro) che ha votato Grillo ha votato un uomo che conoscerà violente derive destre. Più che analisi del voto (che è sempre un dopo, un volere addottorare, spiegare…ma dopo, dopo) ai sinistri servirebbe un’aggiornata analisi della realtà. Insisto, ma solo a titolo di esempio, sul problema delle merci e di come viaggiano, altrimenti ogni battaglia contro il capitalismo resterà una battaglia velleitaria: ormai da tre decenni le grandi imprese tendeno a dislocare la produzione nell’est. Perché lo fanno? Certo, si risponde, perché là il costo del lavoro è minore. Ma, domanda: c’è poi il costo di trasporto, e fare viaggiare le merci dall’est costa un casino. La risposta c’è ed è nella diminuzione dei costi di trasporto che è avvenuta in un preciso periodo grazie a una particolare cosuccia. Se non ci poniamo in tempo il problema di come viaggeranno le merci nei prossimi decenni, combattiamo contro i mulini a vento… Ora, io ritengo che il green (che è uno dei punti grilliani) ridotto ad orto sia metafora di questo neofascismo colorato di verde e benecomunismo che non potrà reggere a lungo. Il sindaco di Parma (riporto da lettura di seconda mano, tutta da verificare) che dice no merda di rifiuti qui e alla domanda ma se li mandate in olanda allora poveri bimbi olandesi, lui risponde non governo in olanda; oppure, oltreoceano, gli ambientalisti californiani che non hanno voluto nuove case nel loro bell’ambientino, con la conseguenza che nuove case sono state edificate a las vegas con maggiore impatto ambientale (per cause legate al clima locale) sono l’espressione di questo benecomunismo ombelicale, tendenzialmente autarchico, insipiente, un domani facilmente inculabile dal neocapitalismo green; ecco questo green ortolano mi pare la metafora dell’ideologia cinqestelle.

  41. Aggiungerei ancora questo: lenin ecc muovono emozioni assieme ad idee; gli altri le muovono in ottica reazionaria. Dunque non muovono essi stessi idee? Io credo che quando si muovono emozioni si muovono sempre anche idee. Se non crediamo questo (e possiamo lecitamente crederlo) rischiamo sempre di considerare un certo tipo di elettore un coglione che non ragiona e continueremo ad arrivare dopo… e senza compagni di merende, per sfiga aggiunta!

  42. @ Andrea
    forse sei stato disattento; in questo periodo sono usciti molti dati sull’elettorato del M5S. Ci sono insegnanti, precari, piccoli imprenditori, operai … E con ciò? Anche la Lega godeva dei consensi di una buona parte degli operai del Nord Italia … Ciò la rendeva una forza rivoluzionaria? Vedi, Andrea, io sono convinto che tu non ti basavi, nel darne un giudizio negativo, sulla composizione sociale del suo elettorato, bensì sulle posizioni espresse dalla Lega in quanto “partito” … Ma lasciamo perdere, tanto è un dialogo tra sordi …

    • sì, nevio, anch’io trovo inutile alla lunga questo tipo di scambi, anche perché devo passare il tempo a precisare che non ho detto per nulla quanto mi metti in bocca: che grillo è una forza rivoluzionaria, ma siccome non mi sono neppure limitato a dire che è reazionario, e che i suoi elettori sono “un agglomerato demo-fascio-stalinista”, (e non l’ho detto perché mi ripugnerebbe fornire dei giudizi di questo tipo), allora bisogna semplificare la mia riflessione, per potere meglio combatterla. A che pro? Spendiamo meglio il nostro tempo.

  43. questo è vero, fra gli elettori della lega c’erano e ci sono medesime componenti sociali che vi sono fra gli elettori a cinque stelle, c’erano i miei stessi compagni di merende… però non è bello dire che è un dialogo tra sordi, è pur sempre un dialogo. Ah, e non lo dico provocatoriamente: agli ortobotanisti tinti di green preferisco gli anarcocapitalisti (li considero meno dannosi…)

  44. a guido,
    insegnanti, operai, piccoli imprenditori, precari: insomma i ceti popolari o medio-bassi; già, perché prima che votassero (in parte) lega, e poi chissàcosa e infine grillo, quello era l’elettorato “naturale” del PCI; siccome anch’io sono pigro, guido, andrò semplicemente al sodo: questo elettorato popolare
    1) non vota a sinistra perché è costitutivamente autolesionista e di fronte alle grandi e coraggiose proposte di cambiamento fatte dalle sinistre parlamentari che migliorerebbero le loro forme di vita e le renderebbero più partecipi della vita civile e politica, ebbene di fronte a tal bene di dio, questi ceti popolari gettano le loro grandi chances nel cesso oggi di grillo, ieri della lega, o di berlusconi
    2) non vota a sinistra perché non è stata minimamente convinta e coinvolta, entrambi i termini contano, perché non crede più che votando PD e company si aprano prospettive di reale cambiamento

    e – precisazione – stavolta invece di votare condoni e figa per tutti (berlusca), prendi a calci l’immigrato, che ti si alza lo stipendio (lega), ha votato anche per cose tipo: reddito di cittadinanza, riduzione drastica dei privilegi della classe politica, riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore, pensione a sessanta anni, assunzione di tutti i lavoratori precari della scuola, della sanità e dei trasporti…
    cosa ne deduco? che è sparito anche l’ultimo degli ultimi alibi delle sinistre parlamentare e dei loro dirigenti: i ceti popolari sono “naturalmente” xenofobi, ripiegati su se stessi, reazionari, il famoso agglomerato demo-fascio-stalinista.
    Io non credo: e l’interesse della vittoria di Grillo sta in questo e non vedere in quella vittoria che un protofascismo campanilista dei ceti popolari, mi sembra non solo assolvere nuovamente le sinistre parlamentari, ma anche disconoscere gli elementi progressisti che circolano in quel movimento. Poi, forse, sono semplicemente un ottimista, mi sto sbagliando di grossa per via di questa eccessiva fiducia nei miei simili. Ma in un’epoca di impotenze, lagne, risentimenti, vomiti di bile, preferisco prendere una cantonata per troppa fiducia che per troppo disprezzo.

    • Siccome ho totale fiducia nella tua capacità di comprensione (non faccio l’ironico porca troia!) è evidente che mi esprimo proprio a cazzo. Dunque: condivido quasi in toto le ultime cose che hai scritto, vabe’. Preciso solo questo: non vedo in questa vittoria un protofascismo campanilista; non credo che gli elettori grilliani (neppure i leghiani e i berlusconiani) o che i ceti popolari sono “naturalmente” xenofobi. Come ho probabilmente confusamente detto credo che l’elettore grilliano abbia votato cinquestelle per argomenti molto razionali (e condivisiibili). Detto questo, io credo che Grillo sia un protofascista campanilista, credo inoltre che, senza comprendere a fondo le dinamiche delle merci (prima ancora che del capitale) altre siano le derive. tutte le cose che hai elencato sono condivisibili (non universalmente, ma da chi la pensa in certo modo, naturalmente) sono auspicabili, sono di sinistra, ma non bastano, oggi, in questo mondo, per una politica seria di sinistra (o grilliana che sia) per candidarsi ad essere serio e credibile antagonista del capitalismo. Vorrei ancora ribadire (SERIAMENTE) che comprendo le ragioni del voto a Grillo e in gran parte le condivido. Quanto al non voto a sinistra perché non convinti: è vero; ma tu li hai mai ascoltati gli operai delle piccole medie imprese che la sinistra non si è quasi mai cagata? La sinistra sta pagando errori politici e strategici enormi: rifondazione che fa cadere Prodi e poi fa la desistenza ed è convinta di avere la base dalla sua, ma a chi credeva di parlare? credeva ancora nella base? Vendola che ora viene a invitarci a riflettere sul voto a grillo dopo aver detto quello che ha detto, ecco Vedola mi pare faccia lo stesso errore di RC, quellodi parlare da illuminato, lo stratega che non capisce un cazzo. La sinitra, per quando mi riguarda, qui in italia, è morta schiattata defunta da un bel pezzo e non vedo ragioni per cui uno dovrebbe votarla. Non è solo questioone di linguaggio didestra naturalmente, è proprio questione di comprensione della realtà, che è mutata, e non l’hanno voluto comprendere. Da parte mia ho per anni ripetuto che chi vota Berlusconi non è un coatto, che ha le sue ragioni razionali (sempre ammettendo che il coatto poi esiste, ma sia sinistro che destro); da un anno avvertivo ovviamente che tanto meno è un coglione chi voterebbe Grillo; tanto più che, aiutato dalla lungimiranza di Gnec (noto economista e filantropo post spinoziano) avevo anche detto che cinqestelle sarebbe stato il primo partito. Ora, però, se non accade qualcosa di imprevisto, prepariamo i nostri culetti a una nuova inculata del capitale. Bonjour finesse!

      • ah andrea, ancora una precisazione: stavolta invece di votare condoni e figa per tutti (berlusca), prendi a calci l’immigrato, che ti si alza lo stipendio (lega), ha votato anche per cose tipo: reddito di cittadinanza, riduzione drastica dei privilegi della classe politica, riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore, pensione a sessanta anni, assunzione di tutti i lavoratori precari della scuola, della sanità e dei trasporti… ecco, amichevolmente questo ti rimprovero, e rimprovero ai sinnistri: votare condoni e figa; pur facendo tara al linguaggio breve, più o meno il concetto è pur quello… non sono d’accordo: la maggioranza di chi votava berlusco non lo votava per quello ma per altri motivi che ora pigramente non ci stiamo a dire; per questo dico: queste analisi andavano fatte vent’anni fa e con serietà…altro che figa e condoni! le ragioni del voto erano altre…e poi lo sappiamo che chi ha votato berl per figa e condoni oggi può aver votato Grillo? è l’inverno del nostro scontento…lo scontento…lo scontento…lo dico orficamente: è questa la parola chiave, attenzone, lo dice anche gnec…

  45. caro guido ti ringrazio di aver esplicitato meglio il tuo pensiero, e quindi ci ritroviamo mi sembra sui punti importanti, e accolgo anche le osservazioni che fai sull’elettorato di lega e berlusconi; dopo tutto questo parlare, mi verrebbe da concludere in questo modo: le angoscie territoriali dei piccoli imprenditori e di un fetta grossa dei ceti popolari dovrebbe fungere appunto da leva per muovere una critica alla tipologia del flusso, alla grande distribuzione, al potere delle multinazionali, e più in generale al modello produzione-distribuzione, ecc. Anche in quello che si manifesta e appare come un possibile spirito campanilista, c’è una leva importante di critica da trarre. Un partito – dico partito – che oggi si volesse di sinistra, dovrebbe lavorare culturalmente su queste leve. Accompagnando analisi, divulgazione e un po’ di vecchia pedagogia, e proposte legislative.

  46. @Andrea Inglese

    «le angoscie territoriali dei piccoli imprenditori e di un fetta grossa dei ceti popolari dovrebbe fungere appunto da leva per muovere una critica alla tipologia del flusso, alla grande distribuzione, al potere delle multinazionali, e più in generale al modello produzione-distribuzione, ecc. Anche in quello che si manifesta e appare come un possibile spirito campanilista»

    Di bene in meglio. Eppure un intellettuale, uno come te che ha letto molto, dovrebbe sapere che dall’autarchia – già di per sé un’idea manicomiale – alla condanna del “cosmopolitismo”, il passo è breve.
    Mi pare di aver capito che il dramma di voi intellò è la maledetta NOIA, che a volte può davvero diventarvi insopportabile. “Una rivoluzione, una rivolta, la mia cattedra a contratto per una rivolta!”. E qualsiasi rivolta va bene. Va bene anche una caduta, anche dolorosa, purché sia rumorosa. Ma se per una volta, mi chiedo, anziché tendere le orecchie per ascoltare i rumori di panza prodotti dal “Popolo”, vi chiedeste che cosa vorreste voi, come individui, come Andrea Inglese o come Ciccio Formaggio, che cosa potreste fare per vincere la NOIA senza coinvolgere l’intera società, non sarebbe meglio per tutti?
    (Magari però desiderate *davvero* una Repubblica della Mooncup. E allora…auguri).

    • o Grande Gnech, che sei dotato di tanta chiaroveggenza da sapere della mia cattedra a contratto – per favore, ricorda a chi di dovere che per ora di questa benedetta cattedra sono privato

      io ascolto pure la mia panza Grande Gnech, e sopratutto: e la mia panza dice, ad esempio, perché mai non esiste rivenditore di legumi, in gran supermercato, o in piccolo negozietto, o in mercato rionale, in quel di Parigi, e cerchie sfigate limitrofe, dove si mangi pomodoro non acquoso, non vanificato, non fallace: pomodori che vengono da remoti orti fordisti, spagnoli e marocchini, laddove intorno alla cerchia parigina si coltiva pure, e si fan pure i pomodri;
      oppure la mia panza dice: ma perché tu produttore di acque minerali, che tramite concessione statale a prezzo stracciato, pompi e imbottigli in pratica plastica, che poi fai di nuovo smaltire allo Stato, perché tu fai tutto ciò impunemente;
      o grande Gnech, io pure vorrei non dover ogni volta rinnovare il mio contratto d’insegnamento presso la stessa scuola, che me lo scodella a ottobre e me lo vaporizza a giugno;
      o grande Gnech, poi questo Latouche, per quel poco che ne capisco io, mi interessa assai, ma magari è un agente della CIA, vai a saperlo, Grande Gnech

    • Ora che ho suscitato lo spirito del grande Gnec, e che vedo diffondersi e moltiplicarsi in altri avatar con tanto di h finale, sono felice, sebbene io veda il suo verbo variamente frainteso. Ma ciò non ha importanza. Gnec, comunque, nel suo Trattato sul capitalismo globale, avverte che non è solo questione di multinazionali, distribuzione ecc, ma anche, e soprattutto, questione di come viaggiano le merci (questione su cui vi trovo sordi, ma vabbe’); è anche questione della nuova forma che ha preso lo sviluppo delle forze produttive; forma che, però, sino a qui, non ha inverato ancora un nuovo tipo di produzione! Scrive Gnec: in realtà la nuova forma di produzione, le nuove merci potenzialmente gratuite hanno per ora replicato la contraddzione, assai classica, tra la forma nuova assunta dalle forze produttive (potenzialmente gratuita) e i rapporti di produzione capitalisti che mirano a riprodurre lo statuto di merce (brevetti e quant’altro). lo scontento, lo scontento…

  47. oh guido affinché del tuo guru si fraintenda il verbo, dacci almeno il verbo, in forma non di allusivo commento, ma di bibliografia magari; quanto alla discussione mi sembra che sia ben esorbitata dal suo punto di partenza; per riflessioni sulle attuali forme di produzione capitalista rinvio ad altri luoghi ed altre voci, dal momento che ben poco ho da dire di mio, ma al massimo molto da leggere d’altri –

    • Caro Andrea, non sei certo tu il fraintenditore ma questo Federico Gnech che si è pure appropriato, storpiandolo, del nome di Gnec. A proposito Federico, chi sei? la tua bile circolante mi è familiare. Di cosa straparli? Torno a te Andrea: io non ho bibliografia da fornire ed esibire; sono un naif e posso solo sordidamente alludere. Sono un tramite di Gnec (al quale cortesemente concederai amicizia su Fb), il quale è l’economista politologo e comusmista più aggiornato che esista nel nostro universo e i quelli paralleli, dal cui scontro, secondo le ultime teorie, sarebbe sortito il nostro universo; non dal big bang.

    • @ Andrea: GNEC è uno che per esempio ti dice: pensione a sessant’anni, ore di lavoro trenta settimanali ecc. non sono mica cose escusivamente di sinistra; sono bensì cose pure di destra; per questo gnec cercava di estendere il discorso allargandolo ai confini degli universi paralleli, giacché è solo avendo chiaro e chiaroveggentemente preciso il quadro di insieme, che l’inividuo scimmio può meglio comprendere se pensioni sessantine ecc. promanano da oracoleggiante voce destra o sinistra. Da ricordare, peraltro, che secondo la psicanalisi cosmogonica, promanante dalla teoria degli universi paralleli da cui nascituro il nostro, sono proprio questi parallelepipedi convergenti universi a spiegare fenomeni come il dscià vù! tutto chiaro come sempre!

    • @andrea: ho letto quello che hai postato..ma sono cose che gnec mi diceva già vent’anni fa….questa cosa…utilizzare le reti…e certo! ma che scoperta! noi comunistelli invece a farci le pippe su berlusconi e la televisione, e a ripetere come pappagalli concetti assurdi come la mutazione antropologica, della quale se vogliamo parlare, essa stessa in universo parallelo mutazione palingenetica palindromica, ce lo vogliamo capire che è innestata innescata oggi veramente da cose come smartphone e in misura minore dalla rete? due le mutazioni antropologiche dice gnec, anche se dice che il termine è tecnicamente scorretto, ma usiamolo pure, dice, per fare contenti noi comunistelli: due esse sono: l’automobile e oggi smartphone. scontento scontento scontento!

  48. Ah, mentre gli intellò si divertono con la composizione di classe del Movimento de Panza, consiglio a tutti la lettura del Blog di Roberta Lombardi, neocapogruppo grillina alla Camera:

    «Da quello che conosco di Casapound, del fascismo hanno conservato solo la parte folcloristica (se vogliamo dire così), razzista e sprangaiola. Che non comprende l’ideologia del fascismo, che prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia»

    http://robertalombardi.wordpress.com/2013/01/21/italia-sotto-formaldeide/

    L’angolo del gourmet: con le bruschette di pomodoro di serra dell’Ile de France (DOP e chilometri zero) si consiglia un rossobruno autarchico dei colli di Predappio

    Prosit

    • il revisionismo storico è l’arma dei miserabili, anche quando sono presidenti di gruppi parlamentari
      anzi, in quel caso, se possibile, sono ancora più impresentabili, cialtroni, pericolosi

      • questo gnech mi fa morire dal ridere e dal pensare! ma vede grandi e giuste cose! Gnec, senz’acca, le vede grandissime e giustissime!

    • Ma questo è il primo atto della nuova politica di sinistra in parlamento … Il secondo la ritrattazione …

    • Quelle di Formenti sono delle evidenti asinate … Con lo sciopero generale di Oakland il No Occupy americano ha espresso il punto più alto della lotta di classe negli ultimi 20 anni (primo sciopero generale dal 1946 in Usa!!!). Ma anche le piattaforme di Occupy NY sono immensamente più avanti del programma del M5S … In molti stanno perdendo il lume …

  49. non fate leggere Formenti al Grande Gnech, che sennò il suo cinismo anti-intellettuali di sinistra si avvelena ancor di più… poi non gli resterà che scrivere elzeviri per il Foglio (lo stile c’è già tutto)

    • Da Formenti: “…suonare graditi alle orecchie di una sinistra degna di chiamarsi tale: salario di cittadinanza, no alla Tav, ripristino dei fondi tagliati a scuola e sanità, abolizione della legge Biagi, riduzione dell’orario di lavoro; nazionalizzazione delle banche; riduzione delle spese militari e dei finanziamenti ai partiti; abolizione del fiscal compact”. Credo occorra comprendere che queste proposte suonano gradite anche a molte orecchie di destra. Naturalmente questo non significa automaticamente che il cinquestelle sia anche di destra o tout court di destra. Il nocciolo è come vengono egemonizzate queste proposte. Sarebbe un grosso errore pensare che il cinquestelle si è appropriato di istanze di sinistra.

  50. Andrea, come Bifo su Internazionale, anche tu evidenzi argomenti del programma movimento 5 stelle molto interessanti come la pensione a 60 anni, il reddito di cittadinanza, l’orario di lavoro a 30 ore. Bifo chiudeva il pezzo nell’impossibilità di non votare un programma con questi contenuti.
    Ho letto il programma, due volte, e l’ho riletto (e 3)ora che tu hai ribadito queste cose. Ho trovato 3 PAGINE sulla produzione e commercializzazione dell’energia, e 8 PAROLE sul tema del lavoro: abolizione della legge Biagi; sussidio di disoccupazione garantito. Orario di lavoro e limiti di età per la pensione assenti, come Marchionne, Fornero ed esodati.
    Che poi lo abbia urlato Grillo in tutte le piazze ci sta, credo/spero.
    Ma insomma, quello che mi dispiace veramente è sentirti quasi in colpa per non aver prestato la giusta attenzione alla rivoluzione grillina, e di evidenziarne ora TUTTE le istanze “naturalmente” di sinistra (più che altro perchè ignorate dal PD) e solo UN PAIO di quelle di destra.
    Un po’ triste per questa rivoluzione sordocieca, ma sempre tuo interessato lettore.

  51. Io credo che, per riportare il discorso sul confronto Grillo-Sinistra, ci siano due considerazioni da fare: il discorso di Grillo è inserito perfettamente nella new economy, non rompe con il capitalismo, il modo di produzione capitalistico, i rapporti di produzione ecc. (da qui le scarsissime ricorrenze della parola lavoro nell’elenco elettorale di m5s); ma allo stesso tempo Grillo è riuscito a catalizzare e radunare una serie di gruppi impegnati nei territori per battaglie legate spesso al particolare, certo, oltre a una miriade di indignati scontenti disperati, praticando una nuova forma di organizzazione politica “dal basso” controllata e diretta “dall’alto”.
    Il paragone che avevo fatto con il tribuno Gracco voleva indicare che la classe sociale a cui si rivolge Grillo non desidera cambiare le regole del gioco capitalistico (proprietà privata dei mezzi di produzione, sfruttamento del lavoro salariato) ma vuole semplicemente partecipare al gioco. Lo pretende.
    Grillo si rivolge a una piccola e media borghesia che ha studiato e vorrebbe inserirsi, ma non può, perché l’alta borghesia gerontocratica ha bloccato per 30 anni il ricambio. Questa piccola-media borghesia che ora potrebbe ribaltare il tavolo, non avendo coscienza di sé, ma solo dei propri impulsi, resta alla finestra, non s’impossessa del Palazzo. Da qui la situazione di stallo. Questa piccola-media borghesia non vuole sovvertire il sistema, vuole semplicemente riconvertirlo. Grillo è diventato miliardario con il diritto d’autore, fra l’altro.
    Il lavoro sui territori che hanno inaugurato i primi seguaci di Grillo con i meet up è tuttavia l’unico modo per riappropriarsi della scena politica: avevano tentato questa strada i giovani fan di Vendola con le Fabbriche del 2009-2010, che sono state però trattate in maniera novecentesca da Sel, tentando di sussumerle.
    Ripartire dai territori significa creare nuovi circoli politici nei quartieri, nuovi comitati, che però dovranno necessariamente trovare una sintesi, non in un capo carismatico, certo, quanto in un progetto politico di lunga durata. Ma chi ha la forza e i mezzi di organizzare questa macchina politica? Il mea colpa della sinistra radicale, allontanatasi dai territori e polverizzatasi nelle sigle, deve passare necessariamente da un atto di contrizione come quello di Andrea. Poi però bisogna rimboccarsi le maniche, studiare e tornare nei territori a fare massa critica.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Voci della diaspora: Anna Foa e Judith Butler

di Andrea Inglese
Perché continuare a parlare invece di tacere? Perché usare o meno la parola "genocidio"? Perché un racconto vale mille immagini e mille cifre? Continuare a pensare quello che sta accadendo, attraverso due voci della diaspora ebraica: Anna Foa e Judith Butler

Da “Ogni cosa fuori posto”

di Andrea Accardi
C’è adesso come un vuoto nella planimetria, un buco da cui passa l’aria fredda, e su quel niente di un interno al quinto piano converge e poi s’increspa tutta la pianta del condominio. Il corpo della ragazza (il salto, il volo) resta per aria come una parte che manca (nondimeno è lì in salotto, ricomposta, e l’appartamento intero la costeggia).

Wirz

di Maria La Tela
Quando fu il nostro turno ci alzammo da terra. Eravamo rimasti seduti a guardare le ragazze che ballavano con le magliette arrotolate sotto l’elastico del reggiseno per scoprire l’ombelico.

Le precarie e i precari dell’università in piazza il 29 novembre

Comunicato stampa 29 Novembre Contro tagli e precarietà, blocchiamo l'Università! – L'Assemblea Precaria Universitaria di Pisa scende in piazza contro...

“Tales from the Loop”: una tragedia non riconosciuta

di Lorenzo Graziani
Qualsiasi sia la piattaforma, la regola aurea che orienta la scelta è sempre la stessa: se sei in dubbio, scegli fantascienza. Non è infallibile, ma sicuramente rodata: mi conosco abbastanza bene da sapere che preferisco un mediocre show di fantascienza a un mediocre show di qualsiasi altro tipo.

“Sì”#3 Lettura a più voci

di Laura Di Corcia
È un libro, in fondo, sul desiderio; un libro che pare costituito da risposte, più che da domande. Un libro di esercizi di centratura. Ma anche un libro che mira a un’ecologia della mente e della scrittura "Sì" di Alessandro Broggi...
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: