Ma cosa intendiamo con istruzione, oggi, se già Vladimir Nabokov la sapeva così lunga?
[I classici sono la miniera che sapete – e in questi giorni, rileggendo Lolita, di Nabokov, mi sono imbattuto in un passaggio folgorante per nitore e attualità. In poche parole, Humbert Humbert, dopo un lunghissimo viaggio in macchina – un viaggio che, in realtà, è sia una fuga d’amore sia una dettagliata mappatura del paesaggio americano – è arrivato a Beardsley, qui cerca una scuola dove iscrivere Lolita, così va a colloquio con la direttrice della Beardsley School, la quale non perde un attimo per spiegare all’uomo davanti cosa sia la scuola, secondo lei. Leggendolo nel suo contesto, sembrerebbe un passaggio molto funzionale al romanzo, e invece Nabokov, con impareggiabile grazia, schierandosi apertamente non solo a fianco di Lolita, ma degli adolescenti in genere, tratteggia la deriva in cui, già nel lontano 1955, anno di pubblicazione del romanzo, sembra scivolare la scuola e il sistema di istruzione. La deriva, a guardare meglio, riguarderebbe la trasformazione degli studenti da compositori – persone che, un giorno, possedendone i mezzi, misurandosi con la tradizione, potrebbero aspirare alla costruzione di un’opera d’ingegno – a più scontati consumatori di prodotti culturali, del resto molto funzionali alla società dello spettacolo che tanto conosciamo. Ovviamente, le cose sono ancora più complesse, questa è solo una parte degli spunti che darà la lettura del passo riprodotto in basso, ma questo è un punto su cui ritornerà anche Roland Barthes, nel 1978, mentre tiene al Collège de France il corso La preparazione del romanzo. Secondo lo studioso, la nostra sarebbe diventata una “cultura di “prodotti” puri in cui il desiderio di produzione è svanito, forcluso (lasciato a dei puri professionisti)”. Insomma, è come se, con la deriva della scuola – semmai fosse una vera e propria deriva, questo è tutto da verificare, e non parte del suo spirito costitutivo – ci fossimo giocati gran parte delle possibilità di far crescere e sviluppare delle persone appassionate al mondo, che aspirino a ricostruirlo e rimodellarlo, piuttosto che alla grandissima quantità di consumatori del mondo, che seguono le volute della realtà con freddo distacco. Anche questa è una divisione di comodo, me ne rendo conto – ma è forse anche il motivo se, a volte, con immancabile senso di colpa, di fronte alla molteplicità degli eventi culturali che le grandi città offrono, io non tragga altro profitto se non quello della mia presenza tra innumerevoli altre presenze, con il bicchiere in mano, soffermandomi solo di tanto in tanto sul decoro di un qualche quadro appeso alla parete. gz]
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di Vladimir Nabokov
Per farla breve, pur adottando determinate tecniche di insegnamento, noi siamo interessati più alla comunicazione che alla composizione, e cioè, con tutto il rispetto di Shakespeare e compagnia, noi vogliamo che le nostre ragazze comunichino liberamente con il mondo vivo intorno a loro, invece che tuffarsi in vecchi libri ammuffiti. Forse brancoliamo ancora nel buio, ma brancoliamo con discernimento, come un ginecologo che tasti un tumore. Noi, dottor Humburg, pensiamo in termini organici e organizzativi. Abbiamo eliminato quella massa di argomenti incongrui che venivano tradizionalmente offerti alle ragazze, e non lasciavano spazio, nei tempi passati, alle conoscenze, alle tecniche e agli indirizzi di cui avranno bisogno nel gestire le proprie vite e – potrebbe aggiungere il cinico – le vite dei mariti. Mr. Humberson, mettiamola così: la posizione di una stella è importante, ma per una massaia in boccio il posto più pratico che in cucina può occupare il frigorifero può essere ancora più importante. Lei dice che dalla scuola si aspetta solo una solida istruzione. Ma cosa intendiamo con istruzione? Una volta si trattava più che altro di un fenomeno verbale; voglio dire, se un bambino avesse imparato a memoria una buona enciclopedia avrebbe appreso tutto quello che può offrire una scuola, e anche di più. Dr. Hummer, si rende conto che per la preadolescente di oggi i programmi scolastici contano meno di quelli cinematografici [occhiolino]? – per ripetere una battuta che si è concessa l’altro giorno la nostra psicoanalista. Viviamo non solo in un mondo di pensieri, ma anche in un mondo di cose. Le parole, se non sono confortate dall’esperienza, non hanno significato. Che cosa può mai importare a Dorothy Hummerson della Grecia e dell’Oriente, con i loro harem e le loro schiave adolescenti?
[Da Lolita, di Vladimir Nabokov, pp. 223-224, Adelphi]
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Davvero, viene da riflettere su quanto sia effettivamente calzante il termine “deriva”.
Basterebbe cambiare due o tre parole qua e là e questo discorsetto non sfigurerebbe in bocca a uno dei tanti deleteri ministri dell’istruzione di questo paese.
Suggerisco, come contrappunto e approfondimento, GUARDA GLI ARLECCHINI, dove la scuola e il sistema educativo viene messo sotto lenti potenti , e il gioco vero/falso è (S)velato//(S)mascherato.
questo uomo,chiamato Giuseppe Zucco ci piace molto
gli amici della Libreria Ponchielli