La luce sui corpi
Alcune riflessioni su Il tempo materiale di Luigi Ricca, dal romanzo omonimo di Giorgio Vasta.
di Vanni Santoni
Via via che la mia collaborazione con Tunué andrà solidificandosi, potrò parlare sempre meno dei suoi libri, il che è un peccato: se conoscevo già bene la casa editrice di Latina per il suo catalogo estero, nel quale spiccano capolavori come Rughe di Paco Roca o Perché ho ucciso Pierre di Alfred & Ka, sto scoprendo solo adesso la sua altrettanto interessante produzione italiana, nell’ambito della quale si va a inserire il nuovo progetto di adattamento di romanzi italiani recenti, la cui prima uscita è Il tempo materiale, fumetto di Luigi Ricca tratto dal romanzo omonimo di Giorgio Vasta, uscito per minimum fax nel 2008. La scelta, va da sé, è azzeccata: quando, quattro anni fa, per effetto dell’aver cominciato a scrivere, per così dire, “seriamente”, cominciai ad avvicinarmi anche alla letteratura italiana contemporanea dopo anni spesi soltanto su opere dei secoli scorsi, Il tempo materiale fu uno dei romanzi usciti in quel periodo che mi persuasero che anche qui e oggi si potevano fare cose ottime: che, insomma, valeva la pena. (Gli altri due erano Ultimo parallelo di Filippo Tuena e Puerto plata market di Aldo Nove, che non è del 2008, ma che comprai nella riedizione Einaudi Stile Libero di quell’anno, credendolo appena uscito).
Tornando a Il tempo materiale targato Tunué, sarebbe riduttivo definire quello di Luigi Ricca un adattamento: si tratta a ogni effetto di una nuova opera, nata per gemmazione, come sottolinea lo stesso Vasta nella postfazione, ma indipendente dal romanzo nelle modalità operative e nei risultati.
La cosa che colpisce immediatamente chi, come me, conosce già il testo d’origine, è il bianco, tutto quel bianco. Il tempo materiale di Giorgio Vasta è un romanzo cupo, denso, dettagliatissimo ed emotivamente opprimente, privo quasi di spazi vuoti e momenti di liberazione (anche per questo è essenziale il capitolo, prossimo al finale, dedicato alla sonda Venera 11: non soltanto per la sua funzione simbolica, ma anche per la boccata di “aria” siderale che concede al lettore), per il quale la rappresentazione a fumetti più naturale da immaginare sarebbe un lavoro giocato sui neri e sui retini, se non addirittura uno in graffiato, alla Thomas Ott o Maria Colino.
Invece Il tempo materiale di Luigi Ricca è un lavoro dominato dal bianco, pieno di luce, che di fatto, pur mantenendo una certa fedeltà filologica, sconvolge la percezione dell’opera da parte di chi già la conosce in versione romanzesca, fino a innervarla, nella memoria, di nuovi significati – un parallelo recente è quello che la visione del Cosmopolis di Cronenberg ha fatto alla mia percezione del romanzo di DeLillo: ha tracciato una possibile pista, la quale, lungi dal ridurre a sé stessa le possibilità di lettura, ha avuto l’effetto, con la sua chiarezza, di illuminarne di nuove.
Il tempo materiale di Luigi Ricca è altresì un’opera diversa da Il tempo materiale di Giorgio Vasta per un fatto semplice ma cruciale: se, nella mente del lettore del secondo, la dimensione allegorica e quella simbolica dei tre protagonisti Nimbo, Raggio e Volo prendono moltissimo spazio anche a causa della centralità della lingua, nel fumetto il fatto di averli sempre tutti e tre sott’occhio, lì disegnati, se da un lato limita le suddette dimensioni, dall’altro potenzia la vicenda sotto il profilo del crudo realismo, e ci si scopre a pensare “ma guarda che razza di piccoli, perfidi bastardi,” mentre li si guarda catturare Morana, “interrogarlo”, fotografarlo, ucciderlo, o a scuotere la testa di fronte alla messa in scena dei loro deliri ideologici.
Lo stesso Morana, che nel romanzo, a causa dell’assonanza del nome (ancor più “pesante” in un contesto di strapotere della parola), diventa inscindibile dal riflesso di Aldo Moro, nel fumetto recupera, tramite il disegno di un volto, di un corpo, di un’espressione, di una mimica, tessuto umano, e rende ancora più mostruoso il delitto dei tre bambini, strappandolo dalla dimensione delirante, quasi fantastica, del punto di vista di Nimbo, e riportandolo alla terribile oggettività della testimonianza oculare; allo stesso modo, ma in direzione inversa rispetto a Morana, la bambina creola da simbolo si fa carne (o, volendo, labbra, naso, codine e sopracciglia) e ci ricorda che sono i corpi, prima ancora delle anime, a covare segreti inesprimibili.
Il tempo materiale, Tunué 2012; pp.128, euro 14.90
I commenti a questo post sono chiusi
“Il tempo materiale” di Vasta è un pugno che si ferma a un millimetro dal naso, che quindi fa male lo stesso ma con effetti anche più catastrofici.
La seconda tavola del fumetto qui messa in anteprima la trovo strepitosa.
“Ultimo parallelo” di Tuena è sullo scaffale.
A questo punto ci farò arrivare anche il romanzo di Nove.
Un saluto,
Coda
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