Addio mia bella Nauplie – Atelier du Roman
Allocution prononcée en clôture de la XIVe Rencontre de L’Atelier du roman à Nauplie (Grèce) les 6 et 7 octobre 2012.
di
Lakis Proguidis (trad. di effeffe)
Eccoci infine giunti al termine del XIV Incontro de L’Atelier du Roman a Nauplia. L’usanza vuole che alla fine di ogni Incontro sia annunciato il tema dell’incontro successivo. Quest’anno non sarà così per il semplice motivo che non ci saranno più gli Incontri dell’Atelier du Roman.
Bisogna che vi spieghi le ragioni di una tale decisione.
Certo, dalla pessima situazione economica in Grecia, ma in generale in Europa, si potrebbe dedurre che l’interruzione degli incontri di Nauplia sia dovuta a tale fattore. Affatto. Per i quattordici anni in cui tale manifestazione si è svolta la situazione economica è sempre stata non delle migliori. Eppure, siccome molti amici, tanto in Grecia che all’estero, erano persuasi dell’importanza di questa attività annuale della rivista, facevano l’impossibile perché sormontassimo, ogni volta, l’immenso ostacolo del finanziamento dell’iniziativa. No, lo ribadisco, i problemi economici non avrebbero potuto mettere fine al nostro impegno comune.
Allora di cosa è questione?
Mi sia permesso di fare un piccolo salto nel passato.
Verso la fine degli anni sessanta, ho sentito che i popoli europei entravano in una fase di creazione collettiva come non era mai successo prima: costruire insieme la casa chiamata Europa. Nei decenni che sono seguiti ho continuato a credere a tale prospettiva, nonostante le constatazioni tanto amare quanto affatto illusorie di Castoriadis secondo cui, dalla seconda guerra mondiale le società dette occidentali si sono eclissate, per quanto riguarda la creazione collettiva, in un periodo d’ibernazione. Tentavo allora di non ascoltare, di non vedere. L’entusiasmo e il sogno bastavano a scostarmi dalla realtà. Attribuivo le mazzate prese alla difficoltà dell’Impresa.
In una creazione collettiva ognuno partecipa a modo suo. Doris ed io, ispirati dall’idea europea, abbiamo allora preso l’iniziativa di questi incontri. Ci dicevamo che per fortificare la casa futura, bisognava accendere dei focolai di dialogo pienamente democratici, su una base d’uguaglianza tra tutti i nostri paesi, in cui sarebbero state messe in luce costantemente le due principali caratteristiche dell’identità europea: le sue diverse civiltà e un percorso storico dai molteplici centri e dalle molteplici temporalità.
In una creazione collettiva ognuno partecipa secondo gli interessi più profondi. Per noi era il Romanzo. Ed è intorno a quest’arte, per eccellenza europea che abbiamo tentato d’instaurare un dialogo estetico motivato dal nostro attaccamento all’idea europea. È quest’idea che ci ha portati a fare menzione per ogni scrittore invitato, del suo paese d’origine, a scegliere ogni volta un tema appropriato, ed è sempre stata quest’idea a incitarci a prendere le difese della lingua francese e di tutte le lingue europee.
Quest’anno, il 16 giugno, alla vigilia delle elezioni del Parlamento in Grecia, alle otto del mattino, il radiogiornale di una rete pubblica francese ha annunciato l’elenco delle imprese francesi che avrebbero interrotto le loro attività in Grecia qualora le elezioni fossero state vinte da partiti politici che si sarebbero rifiutati di piegarsi alle esigenze dell’Europa e del Fondo monetario internazionale. Ci siamo guardati negli occhi, ammutoliti. Non appena abbiamo ritrovato un filo di voce, abbiamo detto: Finita, Nauplia. Perché? Perché quest’informazione non è né neutra né innocente. Non informa. Si tratta di una minaccia travestita. Ci annunciano con estrema chiarezza che ormai l’Europa è divisa tra paesi che dominano e paesi che sono dominati. Da allora è automaticamente annullata ogni idea di dialogo a qualsiasi livello essa sia. O, per dirla altrimenti, in condizioni rette da rapporti di schiavo e padrone è impossibile immaginare un dialogo autentico perfino per quel che riguarda il colore dei cassonetti dell’immondizia. Già in questi ultimi quattro cinque anni, l’Europa era aggrappata ad un filo sottilissimo nei nostri cuori. Il 16 giugno quel filo è stato da lei stessa spezzato. Poche piccole frasi sono bastate perché la verità saltasse fuori sotto gli occhi di tutti: l’Europa così come l’avevamo sognata non esisteva più. I nostri popoli hanno abbandonato il loro destino a un Direttorio finanziario che ne ha usurpato il nome.
Ogni opera che va nel senso di una creazione umanamente degna è motivata dall’amore. Ognuno dei nostri incontri era il frutto del nostro amore per l’Europa che noi avremmo dovuto costruire tutti insieme. Ho menzionato quale era stato per noi, per me e Doris il segnale fatale. Ma la totalità dei segnali ci mostra che nulla potrà nascere in avvenire da quelle parti? Insistere, di certo no. Evitiamo almeno il ridicolo. Perché è ridicolo sforzarsi di intrattenere una parte di un tutto che è crollato, che non esisterà mai e che, probabilmente, non è mai esistito.
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Ho avuto l’onore di partecipare a quest’ultimo incontro dell’Atelier du Roman, a Nauplia (una cittadina bellissima e in cui non ero mai stata prima). Quest’anno il tema proposto dal direttore della rivista, Lakis Proguidis, e su cui tutti gli invitati sono stati chiamati ad esprimersi (in maniera anche libera e personale, assolutamente non accademica, secondo la tradizione di questi simposii) era : “La Guerra del Tempo e dell’Attualità”; un tema che, quando in chiusura dei lavori Proguidis ci ha annunciato che quell’incontro sarebbe stato l’ultimo, adducendo le ragioni sopra elencate, mi è parso ancora più adatto di quanto credessi all’occasione. Terminati gli incontri annuali, spero che la rivista Atelier du Roman possa ancora vivere a lungo.
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