Ex ordres littéraires : Silvia Longo
di
Francesco Forlani
Questo libro sarà tra tre giorni in libreria. E’ un romanzo che vale per almeno tre ragioni. La prima è perché in Italia pochi scrittori affidano la propria arte del romanzo ai dialoghi e Silvia Longo lo fa e in modo eccellente. La seconda è perché raramente mi è capitato di trovare in un libro quello che nella vita mi è successo di cogliere in molti destini di uomini e donne, ovvero una incommensurabile fragilità in grado di orientare il senso delle cose oltre ad averne colto il significato più profondo di esse. La terza è perchè me lo sento che vale, e le righe che seguono spero possano rendere a questo sentire la capacità di farsi ascoltare.
La storia.
Viola, che ha una quarantina d’anni, ha da poco perduto il marito, acclamato direttore d’orchestra, brillante al punto di riuscire perfino nella propria morte, d’infarto nell’atto di dirigere la sua orchestra. Viola, si è lasciata condurre tutta l’esistenza senza avere veramente deciso nè la partitura né il tempo di una vita familiare tutto sommato ordinaria, scandita dalla propria totale dedizione al marito e alla figlia. Durante una manifestazione organizzata in memoria del marito, incontra un musicista. Per andarsene, mettere fine all’esperienza di profondo disagio che sta vivendo, chiede al misterioso ospite di portarla via. In questa fuga, resa rocambolesca dal maltempo, il racconto delle rispettive vite ma soprattutto l’ascolto delle loro voci, li guida versa una nuova e creatrice forma di consapevolezza.
Ricercare in origine era il nome della forma musicale che oggi chiamiamo fuga.
Così si apre il romanzo di Silvia Longo e non poteva essere altrimenti non solo perché la storia che vi si narra si svolge in un ambiente di musicisti, compositori, direttori d’orchestra, ma soprattutto per la composizione, il tempo, variabile da capitolo a capitolo con continui rimandi dal significato di durata, esistenziale e storica, a quello apparentemente più innocente della meteo.
Ecco perchè ogni capitolo riporta perentorie le scansioni climatiche dal secondo capitolo che si apre con Cielo sereno e temperature al di sopra della media stagionale. al penultimo, il diciannovesimo che recita: Nonostante il persistere di piovaschi diffusi, si prevedono schiarite nel corso della notte. Per poi risolversi, il tempo, in quel tempo interiore da cui eravamo partiti.
“”Ma, sai, il mio unico problema quando, da ragazzo, mangiavo un gelato era: How long is it going to last?”, quanto a lungo durerà – scriveva Cesare Pavese a Constance Dowling, l’amore di tutta la vita, ovvero colei che aveva suscitato in lui insieme la più profonda esperienza dell’amore e della sua fine. Senza fine non c’è durata ma che cosa ci indica l’intensità di quel tempo? I due personaggi devono elaborare un lutto, quello del padre lui, e lei dell’uomo che ha amato o pensato di amare per tutta la vita. Solo in uno spazio esterno, in un fuori-tempo è possibile osservare meglio quello che è accaduto veramente. Nessuna affabulazione, menzogna è tale tra sconosciuti, le cose che si dicono sono quelle che sono, e solo in questo autentico dialogo, il cordoglio del lutto può trasformarsi nelle doglie di una nascita. Come è possibile far perdurare l’amore?
Non ci sono durate se non c’è ascolto. C’è una parola-concetto, mot-valise, usata dal filosofo Peter Szendy che secondo me descrive meglio di chiunque altra il risuonare in una storia attraverso un’esperienza in grado di contenere insieme il sentire che poi equivale a un esperire con tutto il proprio corpo e l’ascoltare: « inthymnité » ovvero “una specie di Marsigliese della psiche, intima,” come ci dice il suo autore in questa intervista.
Milan Kundera aveva scritto nel romanzo Il valzer degli addii “un amore eccessivo è un amore colpevole”, ed è proprio attraverso quella fenditura, in francese coupable si può assimilare a coupe, coupure, ferita, taglio, che i due personaggi si appartengono, come se fossero entrambi sull’orlo dello stesso precipizio. Lo stile, la scrittura, la delicatezza con cui l’autrice ha accompagnato, qui nel senso proprio musicale, ogni frase del fitto dialogo che si instaura tra di loro, è realista senza però rinunciare a dei passaggi lirici mai ridondanti.
Il flusso di ricordi che anticipa le reazioni dell’uno o dell’altra, in contrappunto, fa “sentire” al lettore, uno dopo l’altro tutti i toni della ballata, di un movimento a due in cui potrebbe realizzarsi la loro intimità.
C’è un momento, verso la fine, in cui questa esperienza di inthymnité pare compiersi ed è quando i due protagonisti si ritrovano a raccontare il passaggio da un tempo a un altro: « Il mare e` ancora molto mosso. C’e` vento. » Socchiude un’anta. « Lo senti? » chiede lui a lei. Lei ascolta, sente, e perché il mare risuoni in loro, produca in loro Un suono di onnipotenza. poco dopo intonano Moonlight in Vermont di Ella Fitzgerald.
As they travel each bend in the road, ci verrebbe, da lettori, di cantare, a questo punto.
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aspettavo questo libro, a Silvia un abbraccio, a Francesco … pure.
Fra’ … ti lascio un testo inedito di Silvia a me caro. ciao
L’OMBRELLO BULGARO DI CERTI AMORI
Come chiusa alla città, strada ultima
la nostra di sterrati, varco ai campi
fazzoletti di orti poveri e un binario
morto prima che il trambusto
di edilizie popolari confondesse
nelle case i sogni ai figli
e ai ferrovieri.
Poi cornici di anni argento poi
traslochi sempre ancora le canzoni
Brecht e Brel, e mio padre dipinge
quadri blu senza alcun volto, musa inquieta
lei, eppure vira all’oro in aura bionda
di capelli tutt’intorno quando impasta
di campane la mattina.
L’ombrello bulgaro di certi amori
e la mia disposizione al non perfetto
fanno il resto, e risulta il cielo a giorni
solo un vuoto fatto pieno di materia
inconsolata sopra noi, ai ferri corti
di paure zavorrati sugli altari dell’asilo,
Dio, asilo, fammi entrare.
Così prendo per le orecchie i sacchi neri
spazzatura messa fuori, poi mi porto
in processioni articolate, io il corteo
e chi lo guida, fanalino in coda
all’occhio poco pianto che mi appanna,
e trovo madri ovunque vada, carne espansa
benedetta per la fame mia pagana
di un amore
acqua pane
miele latte
salvazione.
thanx nat effeffe
son contento di aver letto “il tempo tagliato “di Silvia Longo di Longanesi.
ti porta dentro e la mente spazia dai ricordi di viola a quelli di Mauro,in fuga ,entrambi,fra rimorsi di mauro e la crisi rivelatrice di viola.I dialoghi sono azione ,mentre viaggiano assieme attraverso il maltempo meteo,che è metafora di cio che sta avvenendo dentro loro.
Bravissima Silvia a parlare di musica in modo cosi appropriato e preciso,.
Da leggere,o da fare un buon regalo
Francesco, ti ringrazio commossa. Per l’attenzione generosa con cui hai letto, raccogliendo ogni intenzione, dentro la storia e le parole, accogliendo ogni suggestione. Grazie per la fiducia. Mi hai presa per mano.
Grazie mille anche a Natàlia. Che non dimentica. Nemmeno io, sai. Grazie!
Una scrittrice vera, una scrittura personalissima e stregata, di quelle che mentre leggi, sono loro a leggere te. Ci sono molte persone che hanno aspettato questo romanzo e molti, come dice Francesco, “se lo sentono”.